Tagebuch, 7 marzo, giovedì

by

di Claudio Salvi

domenica.

lassù cambiano di posto al mobilio.

che modo di impiegare il tempo.

di fronte pende una gabbia.

2.

adesso in giardino è buio.

in estate quando è bello attaccano le lampade.

3.

in inverno nevica. i pesci girano nella vasca.

nove statue contornano il prato.

lei muove appena le labbra.

11 Risposte to “Tagebuch, 7 marzo, giovedì”

  1. giordano boscolo Says:

    Claudio mi ha fatto ricordare che tra un mese cade l’anniversario della morte di san Kobain.

  2. dm Says:

    Salve
    Chiedo scusa in anticipo dell’invadenza. Non frequento e non frequenterò la Bottega di narrazione in cui questi testi (se ho capito come funziona) sono stati discussi. Perciò provo a farlo in modo spudorato qui, dove i testi son pubblicati regolarmente e dove l’autore ha commentato qualche volta.
    Ecco: mi piacerebbe porre tre domande all’autore di “Tagebuch”. Riguardano la tecnica (o la pratica) di composizione di queste narrazioni strane. Sono abbastanza curioso. Naturalmente si può anche non rispondere, o rispondere solo ad alcune delle domande. (E ‘gradito un cenno di cortesia, che evita la figura nota dell’uomo col cerino in mano).
    Le domande

    1. Questi testi sono il frutto di un lavoro di cancellazione su testi più ampi (non molto più ampi, ma un po’ più ampi)?
    2. Per quanto riguarda la prima (se ce ne sono di successive) stesura dei testi, s’accende prima il linguaggio o prima l’immaginazione? Forse non è chiaro: intendo: lo scrivente elabora mentalmente una ‘situazione’ che poi viene messa in frase, o la messa in frase è, invece, da un certo punto di vista antecedente all’immaginazione della ‘situazione’? Viene prima l’uovo o la gallina? (Se a qualcuno pare una domanda priva di senso, prediliga l’ippica alla poesia o alla letteratura).
    3. Quanto conta la prima stesura, rispetto alle riscritture (se ce ne sono)?

    Grazie mille, ciao

  3. Giulio Mozzi Says:

    Daniele (dm), una precisazione: i testi che Claudio vien qui pubblicando non sono stati preventivamente discussi in aula.
    Presentando il primo “Tagebuch”, scrivevo:

    Claudio Salvi frequenta la Bottega di narrazione, ma è un narratore ben strano. Abbiamo pensato che, forse, per capire esattamente che tipo di narratore è, e come funzionano esattamente (se funzionano) le sue narrazioni, aveva senso proporle a qualche lettore. Se vorrete dunque intervenire nei commenti dicendo che impressione vi fanno questi testi (uso il plurale perché ne pubblicheremo altri dopo di questo), Claudio e io ve ne saremo grati.

    Le domande sono interessanti, e immagino che Claudio sarà ben lieto di rispondere.

  4. di questi tempi Says:

    L’ippica e l’equitazione necessitano di talento tanto quanto la poesia e la letteratura.

  5. claudiosalvi Says:

    Daniele dm, quando uno scrive – recinto – o – albero – ha di certo l’intenzione di scrivere queste parole (la sua immaginazione si è accesa per prima, per così dire) ma le parole comportano nell’immediato un certo numero di immagini inattese.
    è difficile stabilire se viene prima l’uovo o la gallina. vengono quasi contemporaneamente.

    non determino a priori una narrazione.
    è necessario che la voce del verbo essere in terza persona singolare faccia seguito a una determinata frase.
    è necessario che a una frase in cui il soggetto è attivo segua una frase in cui il soggetto è passivo.
    ho bisogno di combinare due termini distanti tra loro.

    non posso predeterminare tutte queste scelte. non posso neppure determinare un ordine superiore, una storia. non sarei libero di seguire o di non seguire la combinazione dei suoni e delle immagini che stanno nelle parole.

    se devo utilizzare un articolo indeterminativo, il suono di una frase può cambiare. e combinarsi con una seconda frase in modo del tutto originale.

    il testo viene limato. così accumulo una serie di frasi e di termini inutilizzabili.
    esiste allora un testo più esteso fatto di errori.
    ma non esiste un testo scritto prima e ripulito degli eccessi.

  6. enrico ernst Says:

    Claudio dipinge una peculiare “passività” dello scrivere… un abbandono del progettuale… un’apertura – ora lirica, ora sfibrata, melanconica… figlio dei nostri tempi – una finestra – un testo che è inatteso allo scrivente medesimo. Un ego sprofondato, solo aperto… fluido… cumulativo…

  7. dm Says:

    Giulio, capito.

    Ciao Claudio, grazie di aver risposto.
    Provo a chiarirmi le idee, perché quel che scrivi nel commento mi risuona molto vicino.
    Dici “quando uno scrive – recinto – o – albero – ha di certo l’intenzione di scrivere queste parole (la sua immaginazione si è accesa per prima, per così dire)”. Provo a ragionarci.
    Se io dico: la pasta rantola nell’acido di ieri, il mucchio di letame cigola sotto i carri dell’infinito; che è la prima cosa che mi è venuta in mente, senza senso; si può poi dire che io avevo intenzione di scrivere quelle parole, e difatti le riconosco come mie. Ma si può dire che queste parole vengono fuori da una immaginazione? Per quanto mi riguarda no. E’ possibile, e in effetti è successo un secondo fa, che rileggendo le parole confluite in quelle frasi l’immaginazione si attivi, cioè che delle sensazioni e delle immagini diano senso alla catena di parole frutto di impulsi linguistici indipendenti, per così dire.
    Inoltre, credo ci sia una differenza tra “immaginazione e basta”, e (come ho scritto nel commento di prima) “immaginazione di una situazione”; credo cioè che l’esperienza di vedere un recinto, o un albero, come scrivi – sia altra cosa da quella che prevede l’immaginazione di una situazione. Secondo me, e per quanto riguarda la mia esperienza limitata di scrittura.
    Dalla tua risposta, e precisamente da qui “non posso neppure determinare un ordine superiore, una storia. non sarei libero di seguire o di non seguire la combinazione dei suoni e delle immagini che stanno nelle parole.” mi par di capire che, nella tua scrittura, venga prima l’uovo (l’impulso linguistico che genera) della gallina (l’immaginazione organica della situazione). Cosa che in effetti sospettavo e rende secondo me in genere una scrittura più “profonda”, più comunicante con l’inconscio, rispetto ad una scrittura magari iper-raziocinante e dunque iper-prevedibile nei suoi tratti emotivi.
    Se sbaglio correggimi, per quanto riguarda il concetto, e ancora grazie!

  8. claudiosalvi Says:

    ecco una definizione della Treccani:

    immaginazione: particolare forma di pensiero, che non segue regole fisse né legami logici, ma si presenta come riproduzione ed elaborazione libera del contenuto di un’esperienza sensoriale, legata a un determinato stato affettivo e, spesso, orientata attorno a un tema fisso.

    è questo che intendi per immaginazione, Daniele?

    cosa intendi per impulsi linguistici indipendenti (dalla volontà di chi scrive)?

    impulsi linguistici indipendenti sono dati dal caso o da che altro?

    è possibile scrivere a caso?

    forse mi sono allontanato dal tuo pensiero.

    mi spiego: non posso predeterminare una storia, però non posso fare a meno di scriverla.

    anche rinunciando al senso compiuto di una frase non posso impedirmi di darle un ordine.

    questo mi rende malinconico.

  9. dm Says:

    Mi ricordo che nella presentazione della Bottega di narrazione a cui partecipai due anni fa (più che altro per tendere un agguato testuale con un manoscritto a Mozzi) lui parlò della differenza tra fantasia e immaginazione. Se non erro, la fantasia come una qualità sostanzialmente anarchica del creare, e l’immaginazione come qualcosa invece che tende alla completezza e si presta a struttura… La fantasia come impulso, insomma, e l’immaginazione come progetto. Sempre se non ricordo male, Mozzi invitava sostanzialmente a diffidare della fantasia, a beneficio dell’immaginazione. Parlando di narrativa, è ovvio. Io non ero d’accordo, e non lo sono ora; i risultati mi diranno poi se ho ragione, per quanto mi riguarda.
    Comunque, quella differenza fatta da Mozzi tra immaginazione e fantasia, è la stessa che ho messo in campo qui stasera, dove l’immaginazione è intesa come forma psichica di un progetto (non totalizzante per forza ma almeno un po’ preciso: il che vuol dire che il narrato, riferendoci ad una unità autonoma che può essere la storia intera una scena singola o la situazione di partenza, si trova già, in forma embrionale, nella mente dello scrittore), e l’impulso è invece inteso come quell’atto (indipendente dall’immaginazione di cui sopra) su cui è fondata l’improvvisazione, in breve. Poi, a me pare ovvio che lo scrivente potrà usare entrambi i sistemi, il punto è quale dei due sia preponderante.
    (E’ possibile che da ciò derivino due idee e visioni della letteratura profondamente diverse. Ad esempio non a caso, io credo, Moresco ce l’aveva abbastanza con Calvino e con la sua poetica inflitta ai posteri…Ma non vorrei aprire discorsi pericolosi, chiudo la parentesi.)
    Bene: a me è sembrato di vedere nella tua scrittura la “profondità” di chi tesse la storia in una certa inconsapevolezza, e dà fiducia alle risonanze che l’inconscio trasmette lasciandosi guidare. Ma è molto difficile parlare dei meccanismi psichici che presiedono alla scrittura. Per non dire poi di quanto è difficile ragionare intorno a quelli che presiedono alla lettura (o meglio: alle letture…)
    Ciao

  10. manu Says:

    a me sembra (nel senso che io sento così) che in tagebuch sia fondamentale tutto quello che non c’è. il vuoto. come se il bianco fosse il vero testo, la cabina di regia. come se il motore-intuizione alloggiasse nella scrittura che non compare. e quello che manca tiene un ritmo dal battito costante (sclavi, usi un metronomo?!?).
    le parole scelte si ribellano al silenzio ma si appellano ad esso, addensandosi in un momento estetico simile al frammento, un temporaneo ispessimento in cui la volontà compositiva fugge l’emozione, ma non conduce ad un porto sicuro. tutto può essere altro.il lettore si dia da fare.
    sclavi artista, prima che scrittore.

  11. manu Says:

    salvi. claudio salvi. sorry. ti ho battezzato sclavi fin dall’inizio nella mia testa

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