di giuliomozzi
1. Non ponete limiti alle vostre aspettative. In questo modo, qualunque cosa accada, sarà inferiore alle vostre aspettative.
2. Siate convinti che la vostra opera letteraria sia superiore a qualunque altra opera letteraria esistente. In questo modo qualunque giudizio men che esaltativo vi ferirà e vi lascerà l’amaro in bocca.
3. Ponetevi obiettivi di vendita non realistici. In questo modo, qualunque sia il reale risultato di vendita, ci resterete male.
4. Decidete che il senso della vostra vita sta nel vostro successo come scrittori. In questo modo, se il successo non verrà – o se sarà inferiore alle vostre illimitate aspettative – la vostra vita vi sembrerà priva di senso.
5. Sospettate del vostro editore: sospettate che in realtà non abbia nemmeno distribuito il libro, sospettate che non faccia gli investimenti promozionali necessari, sospettate che il vostro lavoro in realtà non gli interessi e che lo abbia pubblicato solo per qualche oscuro motivo di opportunità che a voi sfugge.
6. Per sicurezza, non oltre un mese dalla pubblicazione fate causa all’editore.
7. Se usciranno recensioni negative della vostra opera, o che semplicemente avanzino dubbi sulla altissima qualità letteraria della vostra opera, procuratevi gli indirizzi dei recensori e scrivete loro lettere zeppe di opportune contumelie.
8. Entrate in tutte le librerie che vi càpitano davanti e controllate la presenza del vostro libro; se non c’è, fate una scenata al libraio (attività consigliata soprattutto il sabato pomeriggio).
9. Pretendete di organizzare presentazioni ovunque: non solo nella vostra città o nel vostro paese, ma anche a Portobuffolè, Pergine Valsugana, Torrebelvicino, Cocomaro di Focomorto, San Michele dei Mucchietti, Pieve di Livinallongo del Col di Lana. Accettate senza esitare gli inviti di biblioteche comunali, scuole, librerie, osterie, birrerie, salsamenterie. Quasi sempre non verrà nessuno, e la vostra disperazione incrementerà.
10. Frequentate, di persona o per via telematica, il maggior numero possibile di autori che condividano i vostri stati d’animo, in modo da condividere, coltivare e potenziare l’acredine e il rancore.
30 gennaio 2013 alle 07:56
Fantastico!!! Una bella risata di prima mattina ed il mondo cambia…. Grazie
30 gennaio 2013 alle 07:58
Undicesimo modo: lascia che il tuo editore manipoli il tuo primo libro come vuole, così che col tuo primo libro non avrai ottenuto neanche di aver pubblicato il tuo primo libro.
30 gennaio 2013 alle 08:33
Sì può conoscere il numero medio di calorie bruciate dedicandosi all’attività descritta al punto 8?
30 gennaio 2013 alle 08:40
Mi incuriosisce la località Cocomaro di Focomorto. Ci sei stato davvero? Quanto alle aspettative, sappiamo tutti benissimo che pubblicare un libro o non pubblicarlo, nella maggior parte dei casi, è la stessa cosa. Ormai c’è quasi da vergognarsi a raccontare in giro di aver pubblicato un libro (“Ecchine n’artro”, è l’inevitabile commento che si formula nella testa dell’interlocutore).
30 gennaio 2013 alle 09:05
In effetti pubblicare il primo libro nel più assoluto silenzio scoraggia.
Nel mio caso vale solo la 5. Ma non vorrei passare per paranoica 😀
30 gennaio 2013 alle 09:06
Il 5. punto è – lo riconosco – una grande tentazione. Ma sono una persona con molto self-control. A me intriga invece San Michele dei Mucchietti. Ha un nome evocativo. L’ideale per una presentazione presenze zero! 🙂
30 gennaio 2013 alle 09:11
Grandioso….
30 gennaio 2013 alle 09:26
Sono stato in tutti i posti che ho citato al punto 9. Ma l’unica presentazione veramente deserta m’è capitata a Scandicci, nel 1996. Non c’era neanche l’organizzatore: se n’era dimenticato.
A Cocomaro di Focomorto ho mangiato un’ottima pizza al metro. A San Michele dei Mucchietti mi portarono una volta per vedere la famosa processione della Madonna.
Carlo Federico: 532.
30 gennaio 2013 alle 09:45
Aggiungerei un punto 11: quando sei ottimista, pensa al peggio e mettiti a scrivere solo la lista della spesa, ma senza “D” eufoniche…
30 gennaio 2013 alle 10:18
Mozzi dimostra sempre di essere arguto e dotato di una grande sensibilità artistica e analitica.
30 gennaio 2013 alle 10:34
io ho visto una signora, in libreria, un sabato pomeriggio prima di Natale. parlava con il direttore raccontando com’era semplice e chiaro il tal libro di economia:
-Lo ha scritto un blogger, uno molto seguito nel web, tira su DIECiMILA visualizzazioni al giorno ed è BRAVISSIMO. Ora FINALMENTE ha pubblicato il suo primo libro, TUTTI dovrebbero leggerlo; a me, per esempio, ha aperto la mente.
la figlia adolescente la guardava senza fiatare, tenendo il cagnolino al guinzaglio e sospirando di quando in quando.
il direttore spiegava rassegnato che non aveva spazio per le presentazioni e quando ne ha organizzate c’era stato uno scarso riscontro, ma che soprattutto non distribuiva quell’editore.
Anche assoldare groupies attempate come PR dilettanti non è male come modo per non ottenere quasi nulla, se si esclude un sovraddosaggio di autostima.
30 gennaio 2013 alle 12:31
nel mio caso: il romanzo è stato accettato, una piccola ma rispettata casa editrice ha deciso di pubblicarlo. qualcuno mi dice che potrei aspirare a una casa editrice più grossa e io rispondo che mi sembra fin troppo bello che me lo pubblichi questa. che quasi non ci credo. che forse lo pubblicano per compassione o perché sono stata raccomandata a mia insaputa o che l’editore ha visto una foto su internet e si è innamorato follemente di me ma pensa che il romanzo sia una chiavica. che comunque non lo dirò mai a nessuno che ho scritto un libro. che spero che nessuno lo compri e lo critichi. che tanto ginevra è un nome falso e quindi chi se ne frega. anche questo è un modo per non ottenere nulla o quasi dalla pubblicazione di un libro.
30 gennaio 2013 alle 12:37
E perché pubblicare, dunque, se speri che nessuno lo legga?
30 gennaio 2013 alle 13:01
A San Michele dei Mucchietti finora ci ho solo giocato a calcetto sul campo della polisportiva, ma in effetti c’è un bar col biliardino, una presentazione dopo la partita ci potrebbe anche stare 🙂
Per me non vale però: essendo a un tiro di schioppo da Sassuolo, una presentazione a S. Michele dei Mucchietti rientrerebbe nel punto 7 del decalogo seguente.
30 gennaio 2013 alle 13:38
dai tuoi decaloghi mi arrivano sempre più spunti di quelli che immagino
30 gennaio 2013 alle 13:57
Dopo 45000 pubblicazioni condivido e aggiungerei.
30 gennaio 2013 alle 14:09
sì, infatti non è un comportamento molto coerente 😉
30 gennaio 2013 alle 17:55
Libreria. Una mamma cercava un libro sulla mitologia per la sua bambina: io le ho detto: mi scusi se la disturbo, ma io ne ho scritto uno, se lo compra le faccio una dedica (arrossisco a ricordarlo: ma che cosa avevo bevuto?)… mi ha guardato e ha cercato a lungo fino a comprarne un altro… (i miei libretti erano nell’ultimo scaffale, in altissimo: la libraia mi ha detto: non sono io che li dispongo, non mi guardi così, la prego). Ora entro in libreria e mi dico: oh sicuro non ce li hanno, qui. Sicuro… e vado nella sezione “teen” fischiettando…
30 gennaio 2013 alle 20:28
a Livinallongo ho un’amica. Non ci avevo pensato, potrei organizzare una presentazione in mezzo alla neve.
30 gennaio 2013 alle 22:10
: )
30 gennaio 2013 alle 22:35
Uhm…
Che sofferenza pubblicare un libro!
30 gennaio 2013 alle 22:36
Meraviglioso! E’davvero utile sdrammatizzare un po’… e dare tanti suggerimenti per gite fuori porta. Grazie!
30 gennaio 2013 alle 23:05
Reblogged this on francescosamani.
31 gennaio 2013 alle 00:08
Sa una cosa, Mozzi? Questa sua passione smodata per i decaloghi, coerente con l’infatuazione per Perec, credo che nel suo caso sia da attribuirsi alla formazione cattolica. Non solo per l’ovvio riferimento ai dieci comandamenti, ma anche e soprattutto perché la religione cattolica, più d’ogni altra (tranne forse l’islamismo intransigente), si compiace di disseminare lacciuoli, transenne, fossati nella vita degli infelici che si propongono di seguirla rigorosamente. Lei tende a ricreare (o a trasferire?) questa situazione nella scrittura.
Mia opinione, posso sbagliare ovviamente.
31 gennaio 2013 alle 10:07
Comunque: io ricordo sempre con piacere un incontro con Giulio a Santa Maria Capua Vetere, ed eravamo pochini.
Quindi, se siete lettori, andate soprattutto alle presentazioni nelle biblioteche comunali, scuole, librerie, osterie, birrerie, salsamenterie, perchè quando si è in pochi è più facile seguire Giulio che è un narratore affascinante.
31 gennaio 2013 alle 11:18
Geniale. Non ho un’esperienza personale a riguardo, ma posso immaginare che tutti alla prima pubblicazione sperino di diventare i prossimi citatissimi autori di un bestseller. Abbassare le aspettative abbassa il bruciore della sconfitta, ma non riesce facile a tutti!
31 gennaio 2013 alle 11:23
La scrittura e’ un mestiere per pochi ma al popolo restano l’entusiasmo, l’illusione e, qualche volta, la vocazione (che partorisce letteratura).
31 gennaio 2013 alle 14:07
Contumelio, ti faccio notare che i dieci comandamenti furono inventati circa un millennio prima del cattolicesimo (Mosè, sempre che sia esistito, è vissuto all’incirca nell’ottavo secolo a.C.; è improprio parlare di “cattolicesimo” prima delle contese dottrinali del secondo secolo d.C.): sono una faccenda israelitica molto prima che cristiana.
I “comandamenti” proprii del cristianesimo non sono dieci ma due:
Non mi pare che questi due comandamenti disseminino “lacciuoli, transenne, fossati”.
Se comunque ti pare – indipendentemente dal paragone – che i miei decaloghi disseminino “lacciuoli, transenne, fossati”, ti dirò: hai ma provato a leggerli come se fossero dei decaloghi scherzosi?
Ma la questione vera è un’altra. Tu scrivi:
La domanda è: quand’è che una passione per i decaloghi diventa “smodata”? Ci sono dei criteri per valutare quando una passione per i decaloghi è “moderata” e quando invece è “smodata”?
Peraltro, a me non pare di avere nessuna passione particolare per i decaloghi. Ne scrivo e ne pubblico per una ragione banale, che ho già spiegata qui.
Infine: definire “infatuazione” il mio interesse intellettuale per l’opera di Georges Perec è un espediente retorico troppo di basso livello per funzionare. Tanto più che – te lo faccio notare in vista del successivo riferimento al cattolicesimo – il povero Perec era ebreo.
31 gennaio 2013 alle 17:00
Sì i decaloghi sono sempre parecchio graditi.
Una volta ne scrissi uno degli sfidanti a duello (non sto scherzando). Devo dire che ebbe molto successo.
1 febbraio 2013 alle 00:31
(Passo anch’io al tu) Giulio, la tua risposta mi sembra capziosa.
Certo che i dieci comandamenti sono prima ebraici e poi cristiani e cattolici ma tu (“nel suo caso”, scrivevo) li hai assorbiti da un ambiente cattolico, credo. Assieme a tutto quello che ci sta attorno: vedi i manuali di preghiera e soprattutto di confessione in uso almeno fino agli inizi del novecento, in cui si soppesa col bilancino ogni minimo gesto o pensiero, si traccia nel minimo dettaglio una strada cui attenersi rigorosamente per aver salva l’anima.
Certo che Perec è ebreo, e quindi lui i dieci comandamenti li avrà assorbiti direttamente alla fonte. Anche qui, con tutto quel che ci sta attorno, perché quanto a prescrizioni di dettaglio anche la religione ebraica non scherza.
Nel caso di Perec ne deriva, oltre all’amore per le liste, anche un compiacimento nell’autoinfliggersi delle limitazioni, anche molto gravose, nella scrittura.
Un’eco di questo atteggiamento io lo vedo non solo nelle tue liste ma anche in certe scritture a tema (“Il ricordo d’infanzia”, “Il reportage fotografico”).
Quand’è che una passione per i decaloghi diventa smodata? Certo, non ci sono criteri oggettivi per valutarlo. Però conta il numero dei tuoi post strutturati a decalogo e fai la percentuale sul totale; io non l’ho fatto ma azzardo: sono tra il 20% e il 30%.
Il termine infatuazione l’ho usato semplicemente perché, come si sarà capito, a me Perec non piace e quindi ho voluto dare una connotazione negativa al tuo interesse per lui. Anche qui tutto è soggettivo, ovviamente, e non l’ho usato con intenzioni offensive. Sono un troll per bene, io.
1 febbraio 2013 alle 09:03
“.…anche un compiacimento nell’autoinfliggersi delle limitazioni, anche molto gravose, nella scrittura.”
Trovo queste “limitazioni” che Contumelio considera negative, ottimi espedienti per esprimere la creatività.
1 febbraio 2013 alle 13:45
Io sono convinto che roba come [url=http://homepage.urbanet.ch/cruci.com/lexique/palindrome.htm]questa[/url] possa al massimo essere considerata una curiosità.
“Forse non tutti sanno che… Georges Perec scrisse un palindromo da cinquemila lettere”. Per quanto riguarda questi giochini, trovo più freschi quelli di Campanile.
E sono convinto che, se ho undici cose importanti da dire ma ne posso dire solo dieci, o ne lascio fuori una o ne fondo due, con detrimento della chiarezza.
E sono convinto che, se ho nove cose importanti da dire ma ne devo dire per forza dieci, una sarà, diciamo così, una pinzillacchera.
1 febbraio 2013 alle 15:46
Per le vacanze di Natale, Coach Gaetano li aveva riempiti di compiti. La professoressa di settant’anni, il medico di ottanta e il loro nuovo amico, un simpatico novantaduenne che aveva fatto, in tempi ormai remoti, il commerciante di articoli sportivi, si ritrovarono a casa della donna per rivedere gli esercizi e togliersi alcuni dubbi. Ci tenevano moltissimo a far bella figura, alla riapertura della Palestra delle scritture.
«Divertenti questi esercizi», aveva buttato là il dottore.
«Difficili!» aveva commentato il commerciante. «Non so voi, ma io ho durato una gran fatica. Un racconto autobiografico di 100 parole senza mai usare la /e/. Avrei voluto raccontare della prima volta che ho visto la neve, o del giorno della Prima Comunione… non c’è stato niente da fare. Neanche dell’esame di terza media ho potuto parlare!»
«E io, allora? Riassumere l’ultimo romanzo che ho letto usando solo parole che cominciano con la /p/. Mi son dovuto buttare sui Promessi Paperi, la famosa parodia di Walt Disney, ma non so se Coach Gaetano apprezzerà.»
«E in fin dei conti, a cosa potranno mai servire giochetti come questi?»
«Servono a prendere dimestichezza con la lingua, a cercare soluzioni nuove, fantasiose… In teoria, più regole imponi, più la creatività ha modo di esprimersi» disse la professoressa. «Quando insegnavo alle medie, negli anni Settanta, glieli facevo sempre fare, ai ragazzi, questi esercizi.»
«Sarà… ma mi chiedo chi vorrebbe leggere un romanzo senza la /e/»
«E se io, ai tempi in cui lavoravo, avessi scritto ricette usando solo la /p/? Ho paura che avrei accoppato qualche paziente, pur di non prescrivere farmaci con iniziali diverse! Menomale che sono in pensione…»
1 febbraio 2013 alle 17:42
Se ho da scrivere undici cose ma posso scriverne solo dieci, ne lascerò fuori una o ne mischierò due, a scapito della comprensibilità.
Se ho da scrivere nove cose ma devo scriverne dieci, la decima sarà… beh, diciamo, una pinzillacchera?
2 febbraio 2013 alle 05:56
Contumelio, scrivi:
Apprezzo la formula dubitativa “credo”. Che cosa sai della mia vita e della mia educazione, Contumelio?
La mia educazione è cominciata circa sessant’anni dopo gli inizi del Novecento. Personalmente (l’ho scritto tante volte, anche qui in vibrisse) sono favorevole a un’etica non normativa: un’etica delle virtù, come quella propugnata da Alasdair McIntyre nel suo bel saggio Dopo la virtù, che lessi nel 1988 – avevo ventott’anni – nella traduzione pubblicata da Feltrinelli (dal 2007 nelle edizioni Armando).
I post pubblicati in vibrisse, da quando abita nella piattaforma WordPress (cioè dal dicembre 2008), sono 2.003; i “decaloghi” che ho pubblicati nello stesso periodo sono, se non ho sbagliato a contare, 31. La percentuale è dunque l’1,54%, ossia da tredici a venti volte di meno della tua stima.
Vibrisse esiste dall’agosto del 2000, ma gli archivi precedenti all’ottobre 2008 non sono in rete (e in parte non ci sono proprio).
No. Stando all’unica biografia esistente (Georges Perec. Une vie dans les mots, di David Bellos, Seuil 1994) Perec non ricevette alcuna educazione religiosa. Morto in guerra il padre, la madre lo affidò a dei parenti del che vivevano nella Francia del Sud-Est, sul Vercors. Lì, per sicurezza, nessuno disse al piccolo Georges (aveva 6 anni) che era ebreo. Lo scoprì più tardi.
E questo mi sembra proprio sciocco. A me non piace Henry James, ma non per questo penso che coloro che lo amano siano “infatuati” (nel senso negativo della parola). Penso semplicemente che i gusti son gusti. Ciò non mi impedisce di vedere la grande bravura tecnica di James, le novità che egli ha introdotto nel romanzo europeo, eccetera.
Vedi qui.
Se vorrai trovare “capziosa” (Sottilmente insidioso, che raggira, inganna: Sabatini-Coletti) anche questa mia risposta, Contumelio, ti ricordo questa battuta dal film Trinità (vedi).
3 febbraio 2013 alle 00:18
Bella e pertinente la citazione da Trinità: icastica delle tue obiezioni capziose, che continuo a trovare anche in questa risposta. Fai notare che la tua educazione è iniziata sessant’anni dopo gli inizi del novecento, con riferimento ai manuali che io ho detto essere stati in uso fino a quella data. Che cosa c’è di più capzioso? I manuali di preghiera e di confessione sono solo una manifestazione di un più che millenario atteggiamento di stretta, rigorosa e minacciosa normazione, che non si esaurisce certo in una sessantina d’anni solo perché quei manuali sono usciti d’uso (sempre che lo siano, davvero e completamente).
Perec non ha saputo di essere ebreo fino ai sei anni, non ha ricevuto un’educazione religiosa? Nuovamente: questo equivale alla battuta “Sì, ma non è vecchia” di Trinità. L’atteggiamento, la forma mentis, non si assorbe soltanto dall’insegnamento, anzi soprattutto non dall’insegnamento, quanto piuttosto dall’ambiente, dalla tradizione, dal contatto con le persone vicine.
Ma mi rendo conto che stiamo divagando. All’origine di tutto stava un mio commento su una tua certa tendenza a normare la scrittura, che non mi trova d’accordo. Ho azzardato l’ipotesi, provocatoria, antipatica, trollesca se vuoi, che questa tendenza potesse in qualche modo essere legata alla tua formazione religiosa. Tutto qui. L’ipotesi continua a sembrarmi plausibile.
Ti confermo che non so nulla di te tranne ciò che è liberamente accessibile a tutti; anzi, anche quello solo in parte, perché non ho letto tutto quel che hai scritto.
3 febbraio 2013 alle 04:24
Vedi, Contumelio, il problema è questo: tu hai una opinione; e per sostenerla porti degli argomenti che hanno regolarmente il difetto di non essere “veri” nel senso più banale della parola. Non è vero che il 20-30% dei miei post sia costituito da “decaloghi” (ah: hai affermato pubblicamente il falso: non ti viene in mente di scusarti, non dico con me ma con i lettori di vibrisse per questo?); non è verosimile che Perec abbia “assorbiti direttamente alla fonte” i dieci comandamenti (bastava consultare Wikipedia per farsi venire il dubbio).
Questi cattivi argomenti non comportano che la tua opinione sia “non vera” (come noto, una proposizione vera può essere implicata anche dalla più falsa delle proposizioni): ma non le fornisce nemmeno nessun sostegno.
D’altra parte, la tua logica è un tantino rozza se non percepisci la comicità di sillogismi del tipo: 1. A me Perec non piace, 2. A Tizio Perec piace, 3. Quindi quella di Tizio è un’ “infatuazione”.
Ora scrivi:
Non dubito che l’ipotesi sia “plausibile” (personalmente non la trovo provocatoria: un luogo comune non può essere provocatorio, al massimo è noioso), ma tra “plausibile” e “vero” c’è una certa differenza. Si tratta, appunto di trovare degli argomenti buoni per provare che ciò che è sembrato plausibile è anche (più o meno) vero. Ora, se tu vuoi provare l’esistenza di una connessione tra A (la mia “tendenza alla normatività”) e B (la mia “formazione religiosa”), è necessario:
– provare che A è vero, ossia che davvero io ho una “tendenza alla normatività”,
– sapere qualcosa di B, ossia della mia “formazione religiosa”.
Sospetto che di B tu non sappia nulla. Io sono stato educato da due biologi darwinisti: lo sapevi?
Quanto ad A, si possono trovare facilmente buoni argomenti per sostenere non solo che io non ho “una certa tendenza a normare la scrittura”, ma che ho la tendenza contraria.
Un argomento è questo: mi sono speso, in questi quindici e passa anni di lavoro editoriale, soprattutto per opere letterarie che hanno la caratteristica di essere abnormi, se non addirittura mostruose: ad esempio Il suicidio di Angela B. di Umberto Casadei, Pausa caffè di Giorgio Falco, Infanzia dea di Maria Luisa Bompani, Perceber di Leonardo Colombati, L’organigramma di Andrea Comotti, Tutto deve crollare di Carlo Cannella, Sangue di cane di Veronica Tomassini, La dissoluzione familiare di Enrico Macioci, e così via. Naturalmente sono opere che gli editori stentano a pubblicare – proprio perché sono abnormi,se non addirittura mostruose -, e che i lettori stentano a vedere.
Oppure: mi sono fatto promotore, a Trento, con la complicità di TeatroSpazio14, di un’iniziativa chiamata Il capolavoro invisibile: nel corso della quale abbiamo presentato quattro autori del novecento italiano condannati alla marginalità proprio dall’abnormità delle loro opere (Lorenzo Montano, Carlo Coccioli, Gaia Servadio, Mario Pomilio).
Oppure: sono stato per diversi anni nel comitato tecnico della manifestazione “Ricercare” (qualche info qui), inventata da Nanni Balestrini: che non è proprio, mi pare un alfiere della normatività.
Oppure: basta scorrere le mie pubblicazioni didattiche (ce ne sono diverse anche disponibili gratuitamente in rete) per accorgersi che lo spirito è tutt’altro che normativo. Gli strumenti della grammatica, della sintassi, della stilistica, della retorica vanno conosciuti: e sono dei meri strumenti, come ho ripetuto non so quante volte per iscritto o in aula.
Oppure, Contumelio, basterebbe dare un’occhiata a quei “decaloghi” che da un po’ di tempo vado pubblicando in vibrisse: anche senza leggerli, è evidente che già la scelta di una forma così chiusa – ai nostri tempi! – non può che essere un’ironia (= una presa di distanza) rispetto a ogni pretesa di normatività.
Poi, se uno non ci arriva, problemi suoi.
4 febbraio 2013 alle 02:36
Se rileggi con attenzione quel che ho scritto troverai testualmente: “io non l’ho fatto [contare i post strutturati a decalogo] ma azzardo: sono tra il 20% e il 30%”.
Questa frase mi sembra ben diversa da un’affermazione certa; più vicina a un’iperbole, e comunque la premessa “azzardo” chiarisce inqeuivocabilmente che non sto spacciando quelle cifre per Verità. Quindi se sostieni che io abbia affermato il falso sei tu ad affermare il falso.
Per quanto riguarda Perec e il suo aver “assorbito alla fonte” la mentalità normativa esemplificata dai dieci comandamenti, mi sembra di aver già spiegato ampiamente nel post precedente che
“L’atteggiamento, la forma mentis, non si assorbe soltanto dall’insegnamento, anzi soprattutto non dall’insegnamento, quanto piuttosto dall’ambiente, dalla tradizione, dal contatto con le persone vicine”; e Perec avrà vissuto almeno parte della sua vita in un ambiente ebraico, o no?
Tra l’altro, se vai a rivedere il contesto originario dell’espressione “assorbito alla fonte”, ti diverrà chiaro che era usata per contrasto con il (presunto) caso tuo, che questa mentalità dovresti averla assorbita per il tramite del Cristianesimo, e quindi andava interpretata come “assorbito da un ambiente ebraico invece che cristiano”.
L’uso della parola “infatuazione”, come già spiegato, era intenzionale, e tale di conseguenza anche l’effetto comico. En passant, contesto il fatto che la comicità abbia bisogno della logica.
Tutto sommato, sembra proprio che io non sia il solo a “non arrivare”.
In conclusione, questo dialogo ormai sta diventando troppo ricorsivo e autoreferenziale e trovo che continuarlo, da parte mia almeno, non valga il sia pur modesto sforzo di picchiare sui tasti. Pertanto ti prometto che, anche dopo una tua eventuale risposta, non replicherò. Sii lieto, hai perso un disturbatore. Buona continuazione.
4 febbraio 2013 alle 07:28
Caro mio, già “azzardare” quando basterebbe contare è un comportamento discutibile. Ma vedo che ti sfugge la sostanza della questione: prima parli come di un dato di fatto certo della mia “smodata” passione per i decaloghi; poi “azzardi”, a sostegno di quetsa affermazione che il 20-30% dei miei post sarebbero decaloghi. La manovra retorica è bizzarra: un’affermazione si sostiene con qualcosa di certo, non con una ipotesi (per di più “azzardata”).
Vedi, se io scrivessi qualcosa del tipo:
il lettore che cosa capirebbe? Capirebbe che secondo me tu sei un perfetto idiota. E io potrei sostenere tranquillamente di non averlo affermato.
Fai una domanda che credi retorica:
Abbastanza da prendere i sacramenti cristiani di base: battesimo e prima comunione. Vedo che non sai trattenerti dall’usare informazioni che non hai. Faresti prima a dire: non so niente della vita e della formazione di Perec, quindi lasciamo perdere questo pezzo dell’argomentazione.
Che ne pensi dei miei argomenti in favore della mia estraneità a un atteggiamento normativo? Eh, lo so: è proprio a questi argomenti che non ti va di rispondere: perché ti costringono ad ammettere che ciò che tu sostenevi è poco credibile alla luce di ciò che ho fatto nel mio lavoro editoriale.
Non immaginare di avermi “disturbato”. Ci vuole ben altro. La cattiva retorica e i luoghi comuni al massimo mi annoiano.
4 febbraio 2013 alle 15:01
io credo che perec c’entri poco. in generale le strutture chiuse in arte esercitano un notevole fascino, oltre ai 10 comandamenti penso ai sillabari letterari, o ai cicli dei mesi in pittura. a me piacciono. perec usava le contrainte, si dava dei limiti ma molto soggettivi, tipo il tentativo di esaurimento di un luogo parigino.
4 febbraio 2013 alle 23:01
Per non parlare del sonetto, della sestina…
5 febbraio 2013 alle 13:45
parlavo di temi, non di strutture metriche, ma scordavo che con te non bisogna mai essere troppo sottili.
5 febbraio 2013 alle 15:38
L’accenno alle strutture metriche, Sergio, è pertinente rispetto al discorso di Contumelio.
8 febbraio 2013 alle 13:58
entro per puro caso in questo blog…e basisco, nel vero senso della parola.Devo ammettere di essere scandalizzato: non solo mi sono trovato a leggere un testo acuto, ironico ed intelligente, ma mi sono accorto che anche tutti i commenti sono di pari valore! Ma come, io stupisco! Trasecolo! Possibile che nessuno qui dica una stupidaggine, sia un nerd, faccia errori di italiano, parli di scie chimiche, uso una sintassi traballante, dica ovvietà,stupidaggini, cretinate o bestialità? Non posso crederci. Anzi, non sono neppure convinto di trovarmi su internet. Il vostro blog andrebbe proibito, e sostituito da un sito dedicato al calcio.
Un saluto.