di giuliomozzi
1. Non fate cominciare il vostro romanzo con il trillo di una sveglia scritto “Dri-i-i-i-ìn!”, o simili.
2. In particolare, non scrivete il trillo tutto maiuscolo (“DRI-I-I-I-IN”).
3. Inoltre, non scrivete che il personaggio, annaspando nel buio, afferra la sveglia e la lancia contro il pavimento sfasciandola.
4. Più precisamente, non fate che il personaggio sia reduce da una notte brava fitta d’alcool e canne.
5. Peraltro, non è il caso che nel letto, accanto al vostro personaggio giaccia, nel momento in cui la sveglia suona, un altro personaggio profondamente addormentato, in vesti discinte o succinte o senza vesti.
6. Al momento di introdurre nella vicenda la prima battuta di dialogo, evitate se possibile che essa sia: “Acc!… Porc!…”.
7. Nel momento in cui il vostro personaggio poserà i piedi in terra, evitate di fargli sbattere le dita del piede sinistro (o destro che sia) contro lo spigolo del comodino.
8. Parimenti, nel momento in cui il vostro personaggio muoverà il primo passo nella stanza, badate che non gli succeda di posare il piede proprio sui pungenti e taglienti frammenti della sveglia.
9. Nel caso in cui, ahimè, proprio questo accadesse, sarà vostra cura non esprimere il sentimento di dolore del personaggio facendogli dire: “Acc!… Porc!…”.
10. Se invece avete fatto tutte e nove queste cose, cercate almeno che all’esplodere dell’ “Acc!… Porc!…” di cui al punto 9 l’altro personaggio (v. punto 5) non reagisca stirandosi nel letto a occhi chiusi e dicendo con voce soave e mugolante: “Amore, che succede?…”.
25 agosto 2012 alle 21:46
Giulio, nonostante sia molto stanco dopo un pomeriggio di coda in autostrada, ho riso di gusto nel leggere il tuo decalogo. Grazie. Ciao.
Giuseppe
25 agosto 2012 alle 21:56
🙂 da starci attenti…
25 agosto 2012 alle 21:58
PScusi maestro, può andar bene questo inizio?
Avevo rotto la sveglia e non avevo nessuna intenzione di svegliarmi. Mi ero messo una mascherina sugli occhi e i tappi nelle orecchie. Per sicurezza, prima di andare a dormire, avevo sgozzato il gatto, che di solito alle cinque del mattino veniva a leccarmi la faccia. Il giorno prima avevo sfasciato anche la sveglia del mio vicino di casa e già che c’ero fatto fuori anche lui, dopo averlo sodomizzato con l’orologio a pendolo che teneva in soggiorno. Avevo anche smontato il campanello di casa, per non sentire DRIIINNN o DLIN DLON. Glil’avevo promesso, che avrei dormito per undici giorni di fila. Al dopo ci avrei pensato dopo.
25 agosto 2012 alle 22:14
Un suono di trombe, ottoni, viole e violoncelli, avvolgendolo lo svegliò da un lungo sonno. Era reduce da una vita costellata vizi; lussuria, golosità, iracondia, alterigia, spergiuri, disperazione, e un odio persistente erano state la cifra della sua vita morale.
Per questo era sorpreso di trovarsi avvolto in morbide e tiepide nuvole, al fianco di una figura androgina, bella, avvolta da un panno che gli cingeva a malapena i fianchi.
25 agosto 2012 alle 22:19
Che lettore sarà mai quello che non va oltre la prima pagina di un romanzo, a prescindere da quello che ci trova scritto?
25 agosto 2012 alle 22:26
Voto Antonio.
25 agosto 2012 alle 23:00
Un lettore non masochista.
25 agosto 2012 alle 23:09
Grazie, dopo una giornata pesante anzichenò, sei riuscito a farmi fare una sanissima risata.
26 agosto 2012 alle 00:37
“Il sole era già alto quando Giulio Mozzi si svegliò. Pigro pigro andò al mercato ed un cavolo comprò; mezzogiorno era suonato quando a casa ritornò. Prese l’acqua, accese il fuoco, si sedette, riposò, ed intanto, a poco a poco, anche il sole tramontò.Così, persa ormai la lena, solo, al buio, egli restò ed a letto senza cena il meschino se ne andò.”
Può andare?
26 agosto 2012 alle 01:09
Giulio sta scherzando. Non puo’ essere serio. Quante pagine ha questo romanzo? Sei pagine? (In Italia ci sono anche romanzi di sei pagine, immagino). Allora si’ ci puo’ stare. Ma altrimenti… devi leggertelo, un romanzo, prima di saltare a qualche conclusione – diciamo che se ti fermi prima di cinque pagine sei tu che non avevi voglia di leggerlo e se “resisti” per cento pagine allora forse non hai proprio “resistito”, e’ il romanzo che s’e’ fatto leggere. Ma poi che un romanzo e’ bello lo si capisce quando non lo si legge. Perche’ continui a ripensarci, pensi che vuoi tornare a leggerlo ancora e a finirlo. D’altra parte il paradosso che autodivora tutto lo scherzo di Giulio e’ che noi abbiamo letto e gustata una piccola narrazione di una paginetta che parla di una sveglia che fa drin e di un uomo che si alza dal letto e ha la sua compagna vicina e che finisce dicendo “Amore, che succede?!”.
26 agosto 2012 alle 05:14
per caso mentre tu dormi
per un involontario movimento delle dita
ti faccio il solletico e tu ridi
ridi senza svegliarti
così soddisfatta del tuo corpo ridi
approvi la vita anche nel sonno
come quel giorno che mi hai detto:
lasciami dormire, devo finire un sogno
20.8.1981 – AP
26 agosto 2012 alle 05:54
AP, cioè Antonio Porta (per chi non avesse riconosciuto).
Antonio, Marco: un lettore che ha altri libri a disposizione può abbandonare un romanzo dopo una, due, tre, trenta pagine. Un lettore che girella per la biblioteca e la librarie può aprire, sfogliare, leggere una pagina, metter giù o portare via con sé.
Lucio: adeguata ma non originale.
Giovanni: quando parli di sodomizzazione con l’orologio a pendolo, intendi parlare di sodomizzazione con il pendolo, o proprio con tutto l’orologio? (Ev. aiuterebbe uno schemino, tipo istruzioni Ikea).
Irene: se “figura” è femminile, il panno “le” cingeva i fianchi.
26 agosto 2012 alle 06:01
Ma quindi, parli sul serio nel tuo post??
26 agosto 2012 alle 07:12
Io non vado oltre le prime 10 righe.
Peggio per lo scrittore.
26 agosto 2012 alle 07:39
Be’, Marco, non so quante volte mi è successo, in libreria, di prendere un libro, leggere qualche riga, e metter giù. A te non è successo mai?
26 agosto 2012 alle 07:45
Grazie delle preziose indicazione. Ancora sono al passo…riflessione
26 agosto 2012 alle 07:56
Eh eh, qualche volta e’ successo anche a me, si’…
26 agosto 2012 alle 08:06
Il primo consiglio è fantastico, ma al secondo:
‘In particolare, non scrivete il trillo tutto maiuscolo (“DRI-I-I-I-IN”).’
mi sono piegata in due dal ridere.
Poi, io mi sveglio da anni con l’allarme di un orologio digitale da polso… desidero assolutamente una sveglia da comodino, come ho potuto privarmene? Adesso ne ho nostalgia. Ne voglio una che trilla.
26 agosto 2012 alle 08:36
Purtroppo c’è anche chi inizia con la radio sveglia e, regolarmente, specifica il nome della canzone e del cantante (anche se non in maiuscolo, ma in corsivo).
Cosa ammissibile solo nel film: “Ricomincio da capo”. 😀
26 agosto 2012 alle 09:28
Ok. Almeno così s’è capito che per “lettore” si deve intendere uno che girella per biblioteche o librerie.
26 agosto 2012 alle 09:32
[HER:] They say our love won’t pay the rent
Before it’s earned, our money’s all been spent
[HIM:] I guess that’s so, we don’t have a pot
But at least I’m sure of all the things we got
[BOTH:]
26 agosto 2012 alle 09:49
Mai letto un romanzo che cominciasse con DR-I-I-I-I-N. Ammetto che come incipit non è allettantissimo….
26 agosto 2012 alle 10:06
Perché non li pubblicano, Virginia.
No, Antonio. Il “girellare per biblioteche e librerie” è citata come un’attività possibile per un “lettore”, non come ciò che lo definisce.
26 agosto 2012 alle 10:10
Marco perchè sei così sicuro che l’altro personaggio nel letto sia di sesso femminile?
26 agosto 2012 alle 10:16
@giulio. certo, la filastrocca della pigrizia che andò al mercato è arcinota (l’ho utilizzata proprio per questo), ma anche tu memore delle mie osservazioni sulla quantità di dattiloscritti in arrivo (al tempo in cui coordinavo il comitato di lettura di Vibrisselibri), che iniziavano “con un personaggio che si sveglia”. Ricordo che fu allora che precisasti: “Magari con tanto di onomatopea ‘Driiin!!!’ “, facendomi schiattare dal ridere. *-°
26 agosto 2012 alle 10:18
“Mentre la sveglia sul cassettone esplodeva come un’orrenda, minuscola bomba di bronzo da campane, strappata dagli abissi di un sogno complesso e conturbante, Dorothy si destò di soprassalto e giacque supina, sbarrando gli occhi nel buio, in preda a un estremo sfinimento.
La sveglia continuò il suo rumore bisbetico, femmineo, che durava press’a poco cinque minuti se non veniva interrotto. Dorothy era indolenzita in tutte le membra, e un’autocommiserazione insidiosa e spregevole, che per lo più l’assaliva ogni mattina al momento di alzarsi, la indusse a cacciare la testa sotto le coperte nel tentativo di risparmiare agli orecchi l’aborrito fracasso. Lottò contro la stanchezza, nondimeno, e secondo la lunga consuetudine si rivolse un aspro ammonimento nella seconda persona plurale. Orsù, Dorothy, alzatevi! Fino a quando, o pigri, dormirete? Proverbi, VI, 9. Poi si ricordò che qualora il rumore si fosse protratto, avrebbe destato suo padre e con mossa frettolosa balzò in piedi, e afferrata la sveglia dal piano del cassettone, fermò la suoneria”.
E.A. Blair meglio conosciuto come
26 agosto 2012 alle 10:30
George Orwell. E’ l’inizio de “La figlia del reverendo”. Nel testamento Orwell lasciò disposto di non stamparlo più. Però lo ristampano ancora.
26 agosto 2012 alle 10:34
Io in libreria lo leggo sempre l’incipit. E nel più dei casi metto giù. Sono giunto alla conclusione che l’arte dell’incipit sia decaduta. Tanto il lettore cerca la storia, presumo si pensi, il resto è secondario.
Anyway, scrivendo storie prima o poi capita che ci si debba cimentare col personaggio che si sveglia o con la signora che ‘aprì la porta’. Mi capitò due volte, con due personaggi tra loro assai diversi, nella stesura di un romanzo. E si potrebbe obbiettare che avrei potuto trovare incipit che non c’entrassero con le procedure di risveglio. Ho capito, ma l’obbiettivo era descrivere una giornata cruciale nell’economia del romanzo, e lo volevo fare seguendoli in parallelo a determinate ore del giorno. Decisi perciò di andarli a sfottere al risveglio mentre facevano delle cose, ma queste cose dovevano subito illuminarne alcuni tratti caratteriali. Venne fuori che il primo spegneva la sveglia prima che suonasse, gettando poi all’aria le coperte al cui riparo dormiva nudo, mentre il secondo lasciava suonare la sveglia fino a consunzione delle pile, poi trafficando sul comodino in cerca degli occhiali da miope.
Scrivere è come progettare un impianto chimico, mai avuto dubbi.
26 agosto 2012 alle 11:24
“Fiù…” non rispetto nessun punto (tolti i “non”).
Sempre stata sovversiva, io.
Grazie, godibilissimi consigli che lasciano gli angoli della bocca in su.
Un sorriso per te e per chi leggerà.
26 agosto 2012 alle 11:26
Ma volete mettere: “Era una notte buia e tempestosa…” ? Nessuno, ci scommetto, per quanto lettore vagante a sbafo, si è fermato alla prima pagina.
Battute a parte, credo che l’importanza di un buon incipit sia aumentata, negli ultimi tempi. L’attenzione è sempre più “saltellante”, dicono gli psicologi, e – quanto agli autori che propongono testi – l’editore chiede spesso sinossi e pagine iniziali.
26 agosto 2012 alle 11:36
Concordo Virginialess
26 agosto 2012 alle 11:39
La sveglia lo trovò ancora desto mentre leggeva e rileggeva la prima pagina di un libro, affascinato dalla sua intensità, cercando di coglierne il senso più profondo: “Era una notte buia e tempestosa. A un tratto echeggiò uno sparo! Una porta sbatté. La ragazza lanciò un grido. Improvvisamente, apparve all’orizzonte una nave pirata. Mentre milioni di persone morivano di fame, il re viveva nel lusso.” La sveglia, quella fottuta sveglia, lo aveva distolto dalla lettura del più bell’incipit di tutta la letteratura. La scagliò in terra mentre faceva ancora DRIIIIN. La bellissima donna che aveva accanto, si girò verso di lui e gli sussurrò morbidamente: “Sei stato meraviglioso stanotte.” Lui non la degnò di uno sguardo, e tentò nuovamente di concentrarsi sulla pagina che stava leggendo. Ma invano, l’incanto era rotto. Scese dal letto, si tagliò con i frammenti di vetro della sveglia. “Maledizione! Perbacco!”, esclamò. Con la sua agilità, portò alla bocca l’alluce sinistro da cui stava scendendo una stilla di sangue e lo succhiò. Poi aspirò con una banconota da cinque euro la pista di coca che aveva steso su una piastra di vetro. Tornò a letto, riprese il libro in mano, cercando di concentrarsi ancora sull’incipit. Si fermò ai milioni di persone che morivano di fame, e si sciolse in un pianto incontrollabile.
Questo, caro signor Miozzi, è il mio incipit. Se non è riuscito ad arrivare in fondo, caro lei, affari suoi. Io vado dritto per la mia strada. Sentirà ancora parlare di me. Ora la lascio, che sto scrivendo il resto del romanzo.
26 agosto 2012 alle 13:16
Reblogged this on dawnotdown.
26 agosto 2012 alle 13:30
Io ho da poco abbandonato un romanzo dopo trecento pagine circa. C’è da dire che il libro in totale ne contava circa mille. Il motivo: si era staccato dalla storia principale e si stava dilungando su un argomento che per il mio particolare stato d’animo di questi giorni, mi intristiva oltre il possibile (guerra).
Ho anche riflettuto su n’altra considerazione, il motivo per cui c’erano circa mille pagine a disposizione è che lo stile proprio dell’autrice conduceva inevitabilmente a tirare a una pagina e mezza un’azione del tipo: “sua cugina gli era particolarmente antipatica, per cui vedendola entrare nella stanza ne provò un senso di irrequietezza”. Raccontare con distensione e ricchezza di particolari può essere un pregio, ma può anche capitare che indugiare su un argomento diventi “eccessivo ” per un lettore.
26 agosto 2012 alle 14:20
“La sveglia sonò, come tutte le mattine da un anno a ’sta parti, alle setti e mezza. Ma lui si era arrisbigliato una frazione di secunno prima dello squillo, era abbastato lo scatto della molla che mittiva in moto la soneria. ebbe perciò , prima di satare dal letto, il tempo di girare, l’occhi alla finestra, dalla luce accapì che la jornata s’appresentava bona, senza nuvoli. ” La luna di carta, Camilleri.
Però DRIIIN non c’è, il commissario è solo, e non inciampa. E forse Montalbano ha lettori fedeli che non si soffermano sull’incipit.
26 agosto 2012 alle 18:43
Grazie. Un bel post leggero, breve, ironico ed elegante. Ogni tanto serve.
26 agosto 2012 alle 19:49
La marchesa uscì alle cinque, dopo che con un DRI-I-I-I-N assordante la sveglia l’aveva risvegliata da una notte affollata dai sogni dell’assenzio.
26 agosto 2012 alle 20:19
Se non fossi allergica al matrimonio sposerei antoniolamalfa.
26 agosto 2012 alle 22:37
bisognerebbe vedere se è d’accordo
26 agosto 2012 alle 22:52
Effettivamente se non fossi allergica e avessi tale aspirazione, il problema si porrebbe, tanto più che sono anche una vecchia signora, ma dal momento che lo sono (allergica) il problema non c’è. Vedi un po’ come siamo fortunati!
26 agosto 2012 alle 23:13
Grandissimo… mi sono “scompisciato” dal ridere… eppure ho letto racconti che cominciano così…
Stefano
26 agosto 2012 alle 23:21
Grazie, Barbara. E vista la tua riluttanza al matrimonio, ti ringrazio il doppio.
27 agosto 2012 alle 00:15
Si é scatenato l’inferno per un ‘driiin’ il 26 agosto. Giulio chiama e ‘picciotto’ risponde!
Era Sant’Alessandro e solo due se ne sono ricordati. Io invecchio ma i miei parenti e amici sono…senescenti senza più neuroni. Incipit: questo sconosciuto!
27 agosto 2012 alle 09:51
L’orologio a cucu’ sospeso nell’aria libero’ la sua colombina di legno e con essa un soave canto in si’ bemolle. Al terzo gorgheggio, il signore adagiato sul materasso ad aria scalcio’ via le lenzuola di seta ed apri’ gli occhi. Si sentiva stanco per le fatiche della settimana e quella mattina avrebbe veramente preferito dormire. Si fece comunque forza e con un gesto di pochi millmetri della mano interruppe il canto della colomba. Allungo’ le mani su tutta la superficie del letto: accanto a lui, nessuno. Scese con entrambi i piedi sul pavimento incosistente e si affaccio’ dall’alto della sua posizione privilegiata, l’attico piu’ alto di quel suo esclusivissimo condominio. Il silenzio regnava sovrano, giu’ in fondo si distingueva netta la piccola grande oasi che aveva costruito nei sei gioni precedenti. Si stropiccio’ gli occhi, si sfrego’ la barba dubbioso. “E’ proprio bella, non gli serve altro.” penso’. E torno al suo morbido materasso ad aria, sospeso tra le nuvole. Mentalmente, prima di riaddormentarsi annoto’ la seguente frase, da tramandare ai posteri:”E il settimo giorno, Dio si riposo’.”
N.B.:La mia tastiera non contiene vocali accentate, costringedomi ad utilizzare in loro luogo degli apostrofi. Mi scuso per l’eventuale disagio.
27 agosto 2012 alle 18:31
Però, Andy, su “si bemolle” non ci vanno ne’ accenti ne’ apostrofi. 🙂
27 agosto 2012 alle 18:46
Bene se il personaggio è già sveglio, meglio se soffre di insonnia…
27 agosto 2012 alle 19:21
Luca, condivido.
27 agosto 2012 alle 23:01
@giulio: sì, ma era una figura di androgino quindi non si sa. in generale la frase è piena di nomi e aggettivi in disaccordo. mi piace questo elenco di cose SbaLiaTi ;). DRIIIN fr strump TUMP slurp GulP stamp sono rimasugli e cianfrusaglia, ma veramente c’è in giro chi manda incipit così? non ci credo
28 agosto 2012 alle 00:59
…Grazie, per i saggi consigli! 😉
28 agosto 2012 alle 06:39
Irene: sì. Direi che il risveglio con sveglia che suona, eccetera, è assai frequente negli aspiranti scrittori maschi.
28 agosto 2012 alle 11:42
Forse questo la dice lunga sui problemi di sonno degli aspiranti scrittori maschi: sperano anche che i loro aspiranti lettori li comprendano. E’ un modo per esorcizzare i propri fantasmi…. Ciao Giulio!
28 agosto 2012 alle 12:11
Giulio, se però la sveglia la disattivi prima che suoni si apre un mondo un po’ diverso.
D’accordissimo comunque che di questi incipit a base di sveglie non se ne può più, ma ieri sono andato in soffitta a riprendere in mano i romanzi di Camilleri per verificare se ricordavo bene. Embè, ce n’è parecchi che iniziano con Montalbano che si sveglia o è svegliato dal suono del telefono.
Dice, ma tanto Camilleri se lo può permettere. Certo, ma questo conferma la mia sensazione [sono un divoratore di incipit in libreria] che la pratica dell’attacco si stia perdendo, quasi che più flat si parta meno impicci verranno. L’hai riscontrato o è una congettura non suffragata?
28 agosto 2012 alle 12:12
Non solo è incredibile che aspiranti scrittori maschi ricorrano ad incipit tanto scontati e banali, ma ciò che è più avvilente è che certi racconti vincono concorsi letterari. Robb de matt!
30 agosto 2012 alle 14:38
Ho una domanda cui invito chi vuole a rispondere: è più importante l’opera o è più importante l’autore?
30 agosto 2012 alle 22:50
Pic, a che ti serve saperlo?
E’ più importante l’uomo.
E’ più importante il creato o è più importante Dio?
31 agosto 2012 alle 00:09
@ Sabrina
Non si può fare questo paragone.
Sono d’accordo sulla risposta sono più importanti l’autore o l’autrice, che la loro opera, in quanto, per grande che sia, non è comparabile – misurabile? – con la persona che l’ha fatta.
*
Sapere che l’autore è più importante, a me dice che la sua libertà espressiva è più importante. La libertà espressiva cos’è? Libertà vuol dire non mettere camicie alla propria creatività e scrivere i propri pensieri e quello che si vuole, oppure vuol dire non mettere camicie alla forma delle parole e scriverli come si vuole?
31 agosto 2012 alle 09:00
Non ho fatto un paragone. Ti ho fatto un’altra domanda.
Tutto quel che vuoi, Pic. Senza camicia.
Bisogna vedere se il libero contenuto espresso in un’opera è d’interesse… se insomma ha validità, valore. Senza l’autore non ci può essere l’opera, senza l’uomo non ci può essere l’autore.
“Per fare il tavolo ci vuole il legno…”:-) Ciao, Buongiorno.
31 agosto 2012 alle 11:58
@ Sabrina
Tu hai accostato una domanda ad un’altra: queste due domande sono di grandezze diverse: l’opera dell’uomo non ha niente della grandezza dell’opera di Dio. L’essere umano, invece, che è opera di Dio, ha una grandezza superiore (spero che io abbia scritto questa cosa così importante nel corretto modo). Questa grandezza dell’essere umano non ha niente a che fare con quello che l’essere umano fa (dato che l’uomo è grande in quanto creato a immagine di Dio), allora sono propenso a dire che l’opera dell’uomo ha la sua importanza, però dopo aver definito i confini entro cui muovere le mie osservazioni. Riconosco che nella tua risposta alla mia domanda – una domanda che non era rivolta a te soltanto, e divisa con un asterisco dal resto del corpo della domanda stessa – tu hai messo in luce uno dei miei molti difetti: quello di fare un po’ di confusione; è per questo motivo che io stesso non dò molta importanza a quello che scrivo, come ho inteso tu volessi sottolineare nella tua risposta. Ti ringrazio molto.
Buongiorno anche a te, per tutto il giorno. Ciao.
1 settembre 2012 alle 10:46
Ieri è tornata mia figlia da MIlano.
Da quando è medico ospedaliero e vive lì, fa incetta di romanzi di Camilleri ( le fanno compagnia la sera prima di dormire).
Ha detto: ” ma sai che cominciano tutti con Montalbano che si sveglia?”
1 settembre 2012 alle 14:44
Crimini, eh?! Porc! 🙂
Ma, dico io, nemmeno gli ospedali risparmiano.
3 settembre 2012 alle 21:04
Soffro d’insonnia, non ho bisogno della sveglia; sono povera non posseggo mobili contro cui andare a sbattere; sono muta, non bestemmio (anche se, qualche volta in mente mia…); ho tanti incipit nel cassetto (file sparsi nel mio PC). Oggi piove, resto a casa e formatto il computer.
4 settembre 2012 alle 08:49
Resti a casa e formatti il computer, cara Caterina. Tutto ciò che hai scritto è una scena che visualizzo perfettamente, è bella, anche se può non essere bella…grazie mi hai dato una mano, stamani che sono già alla tastiera che rumoreggia mentre parlo con te, con chi c’è. La cosa comunque non è nostalgica in me. E’ reale.
19 settembre 2012 alle 09:54
Ma a chi sono rivolti i consigli per come non iniziare un romanzo? Penso a chi non sappia cosa significhi scrivere ovviamente. E dunque perché preoccuparsi di loro? Un incipit come quello paventato e’ roba da fumetti di serie C….non andrebbe nemmeno ridicolizzata l’ignoranza, perché l’ignoranza non e’ una cosa bella…
19 settembre 2012 alle 11:03
Adriana, anche scherzando si può insegnare qualcosa. L’insegnamento (davvero minimo) contenuto in questo scherzo è: state attenti ai luoghi comuni.