[Questo articolo è apparso nel Quotidiano della Calabria il 12 maggio 2012. Potete anche prelevarlo in pdf. Un estratto dal romanzo di Sara Loffredi si trova qui. Le informazioni sulla Bottega di narrazione sono qui. gm]
[Questo articolo è apparso nel Quotidiano della Calabria il 12 maggio 2012. Potete anche prelevarlo in pdf. Un estratto dal romanzo di Sara Loffredi si trova qui. Le informazioni sulla Bottega di narrazione sono qui. gm]
16 Maggio 2012 alle 09:12
Ah beh, allora sì che si giustifica l’iscrizione a queste scuole, se ne esce con un agente letterario ed un contratto con una grossa casa editrice, adesso sì che capisco come funziona…
16 Maggio 2012 alle 09:50
Dici, Vincenzo, che saremmo più seri se abbandonassimo i nostri “apprendisti” al loro destino?
16 Maggio 2012 alle 18:50
Dio mio, Giulio, visti i commenti, chissà quante richieste di partecipazione ricevete lì alla Bottega…
17 Maggio 2012 alle 16:44
Giulio, ma essere seri, siete molto seri, non ho messo in dubbio questo aspetto.
Volevo soltanto fare sapere di avere ottenuto l’informazione che mi mancava, sempre che ciò interessi.
Non ho invece capito in che senso la Greco correli le iscrizioni al mio commento: mi sembrerebbe semmai logico correlarle al tuo post, ma in nessun caso al mio commento…
17 Maggio 2012 alle 21:21
Salve, Vincenzo. Mi permetta.
Innanzitutto ho parlato di “commenti” e non di “commento”, per cui la mia osservazione evidentemente non riguarda solo quanto da lei affermato…
Mentre non ha assolutamente nulla a che vedere con il post. …ci mancherebbe!!!
Mi creda, sono lieta e felice di apprendere l’esistenza di un fermento culturale innovativo, nella proposta di persone serie.
Per precisione linguistica e di senso logico, correlare (non solo, addirittura “giustificare”, come da lei espressamente scritto, come una sorta di meccanismo implicito) un corso di scrittura ad una uscita sicura “con un agente letterario ed un contratto con una grossa casa editrice”, può indurre (anche erroneamente, per carità!) nel sospetto di pensare invece ad una insinuazione di poca serietà.
Infatti, come si può vedere, è di tal tono la risposta immediata di Giulio Mozzi.
Vede, Vincenzo, io credo (invece) che l’iscrizione ad un corso come quello proposto dalla Bottega di narrazione (tenuto da scrittori di comprovata esperienza) si può solo “giustificare” con il fatto di misurarsi (lato esordiente) con uno scrittore vero, di avere la possibilità che il proprio progetto, ritenuto interessante (e quindi valido), possa avere l’opportunità di essere portato generosamente – e intelligentemente – all’attenzione generale, con la pubblicazione da parte di case editrici di grande diffusione.
E’ da tener presente che non tutti sono disposti ad “accompagnare” un giovane esordiente alle soglie della pubblicazione. Questo comporta sicuramente, per logica, esporsi col proprio nome e cognome (il che non è poco), scommettere sul talento e la qualità di quanto d’altri proposto, grandissimo impegno e dedizione personale …e sicuramente tanti altri elementi che gli operatori professionali saprebbero dire molto meglio di me.
L’impressione, leggendo alcuni “commenti”, è che la Bottega di narrazione permetta la facile pubblicazione.
Mi infastidisce il tentativo (malriuscito) di sminuire, devalorizzare. A che pro? …Per quale interesse?
Ora, mi son detta: ma se è così facile, come mai in tanti (per ragioni loro) si sprecano in sottili osservazioni, a volte banalizzando l’operato lungo e impegnativo di persone che hanno avuto l’idea innovativa (…forse è questo che si vuol penalizzare a tuttti i costi?) di proporre voci autentiche e sconosciute, e soltanto in pochi presentano poi un progetto alla Bottega?
Come si suol dire, tra il dire e il fare…
E cioè: facile… facile… basta pagare… basta partecipare…
E perchè allora non partecipare?
Forse perchè per partecipare occorre un progetto serio, forse perchè quel progetto serio, al di là della serietà, deve essere pure ritenuto di interesse…???
…Forse perchè prima d’ora una simile operazione di formazione narrativa letteraria a nessuno mai era venuta in mente?
Non credo proprio che si tratti di un corso a premi quello pubblicizzato, in cui persone di una certa esperienza stanno credendo, e il cui progetto stanno tentando (faticosamente) di divulgare, ma del lavoro di professionisti che svolgono da sempre questo mestiere. Senza bluff né improvvisazioni…
Non penso che Rizzoli, per esempio, si esponga pubblicando l’opera di un esordiente senza riconoscere innanzitutto, con l’atto stesso della proposta in libreria, la validità di quanto si sta proponendo essenzialmente in funzione e in nome della serietà e attendibilità di chi sta dietro a tutto questo.
E cioè con la sicurezza di immettere nel panorama culturale qualcosa di veramente e sicuramente interessante.
17 Maggio 2012 alle 22:46
Ma bravura, bellezza…
Ho notato, passando ad un giusto clima sereno, che le nuove scrittrici sono tutte molto carine… 😉
I miei auguri più fervidi da lettrice… esigente.
19 Maggio 2012 alle 09:44
Cucinotta, non commettere lo stesso errore di chi si iscrive all’università perché pensa che così dopo ha sicuramente un buon lavoro…
21 Maggio 2012 alle 11:06
@Sabrina Greco
La ringrazio dell’attenzione che mi ha voluto prestare, ma non credo di meritarla, ed in ogni caso lei parla di tutto, ma non delle mie brevi osservazioni.
Visto però che mi ha dedicato tutte queste parole, è giusto che io chiarisca che a mio parere simili iniziative siano senz’altro utili per mille e una ragione (ed il post mi ha consentito di aggiungerne di nuove…), meno che per fare di qualcuno che non ne ha il talento, uno scrittore.
Se d’altra parte il talento ce l’ha, dubito che possa necessitare di qualcuno che gli spieghi come deve scrivere, perchè se ha necessità che qualcuno glielo insegni, non si capisce allora di quale talento disponga, certo non di quello di scrivere.
A me pare un ragionamento quasi lapalissiano, e mi vergogno perfino un po’ di argomentare una cosa così ovvia.
@Pensieri Oziosi
temo che tu abbia clamorosamente frainteso il mio intervento, come forse potrai arguire dalle parole che sopra ho rivolto alla Greco.
21 Maggio 2012 alle 13:22
Ma talento e tecnica son cose diverse.
21 Maggio 2012 alle 14:04
Se, gentile Cucinotta, in famiglia, a scuola, le riconoscessero un talento per la musica (un sicuro orecchio musicale) lei non vorrebbe forse “coltivare” questo suo talento all’interno di un percorso di formazione scolastica? Si chiuderebbe forse in cameretta sua a veder germogliare il suo Talento o Genio, alla prova con una pianola? Non avrebbe dunque bisogno di alcun insegnante? (Dico che può essere!) E perché per la scrittura poi – questa dinamica dovrebbe essere differente? E se volesse – putacaso – frequentare il Conservatorio, allora non sarebbe contento se la scuola la aiutasse a far diventare il suo talento e la sua passione, lavoro e “occupazione”?
21 Maggio 2012 alle 14:31
Scusatemi la franchezza, ma, gentili interlocutori, credete davvero in ciò che scrivete?
Risponderò ad Enrico, che mi pare tenti con maggior vigore di argomentare il proprio punto di vista.
Intanto, seppure si potrebbe convenire che ci voglia una tecnica per tutto quanto riguarda arte ed artigianato, non si può fare “di tutta l’erba un fascio”, ogni tipo di espressione ha un suo grado tecnico, che non è egualmente elevato per tutte.
Così, per restare in campo musicale, la tecnica necessaria per il violino è molto maggiore che per un’armonica, e direi che nel secondo caso si può benissimo diventare dei virtuosi dell’armonica senza bisogno di maestri, mentre ciò sarebbe pressocchè improponibile per il violino.
Ma in ogni caso, mi pare che in Italia abbiamo l’istruzione obbligatoria da un po’ di tempo a questa parte, e l’italiano è l’insegnamento centrale della nostra scuola: insomma, un luogo dove la tecnica di scrivere viene insegnata con tutta evidenza c’è già, e nessuno va in una nuova scuola per imparare a scrivere messaggi E-mail o le cose che servono per la vita quotidiana, non c’è offerta di tale tipo di servizi perchè non c’è richiesta, lo stato italiano ha posto al gradino più alto l’esigenza che tutti i suoi cittadini siano in grado di leggere e scrivere, di utilizzare il linguaggio scritto.
Qui, dunque, non si parla certo della tecnica dello scrivere, ma della tecnica della scrittura brillante o creativa che dir si voglia, di quel tipo di scrittura che si fa leggere, per cui si preferisce leggere Tolstoi invece di altri romanzieri.
Quel quid in più che hanno i grandi scrittori è dovuto a un mix inestricabile tra l’avere qualcosa da dire e del modo in cui lo si dice. Non è che possa venire una persona e dire che vorrebbe scrivere dei romanzi, ma non sa farlo e chiedere che glielo insegnino, a me appare come un paradosso, ma poi se qualcuno mi sa davvero dividere col coltello la tecnica (non certo quella di base, quella che si insegna a scuola) dal talento, io sono lieto di ascoltare ed apprendere, a me pare che questa divisione tra i due aspetti sia impossibile, che nei fatti, chi conosce le nozioni di base della propria lingua, possa certo affinarla con un lavoro necessariamente individuale (tipicamente la lettura), e che alla fine il talento stia in questo mix, e che si possa distinguere questi due aspetti solo su un piano teorico, sarebbe impossibile nel concreto (sempre lieto di essere smentito…).
21 Maggio 2012 alle 14:49
Ma forse, al di là della celebre polemica tra fautori del “talento” e fautori della “formazione” (al di qua e al di là di Croce), per dare una angolatura più interessante e concreta alla discussione, si potrebbe chiedere alla stessa Sara Loffredi che cosa le ha dato la Bottega… cosa le “mancava”, prima, perché ha sentito il bisogno – invece di “covare” in solitudine per così dire il suo romanzo – di frequentare un laboratorio di scrittura (di narrazione)? Come – se si può raccontare – ne è entrata e come ne è uscita (al di là degli “oggettivi” riscontri editoriali)? Chissà che non sia in ascolto… (Ipotizzo che anche i suoi insegnanti possano dire qualcosa sul percorso seguito dalla talentuosa Sara)
21 Maggio 2012 alle 15:06
noterella: suonatori d’armonica (scrittori) autodidatti ce ne sono e cotinueranno a essercene, ma se qualcuno organizza dei bei master di armonica (di scrittura cosiddetta creativa – eh sì, quella di Tolstoj, tra gli altri…), dei momenti anche di condivisione di quest’arte, di questa passione, in cui dilettanti e professionisti si scambiano idee, proposte, esercizi, traguardi, in cui si evidenzia un percorso formativo, perché no? Non è… fantastico?
21 Maggio 2012 alle 20:18
L’affermazione “talento e tecnica son cose diverse”, per me, non ha bisogno di argomentazioni. E sì, credo davvero in ciò che scrivo.
21 Maggio 2012 alle 20:36
Gentile Vincenzo Cucinotta, fa bene a vergognarsene. Non si sprechi, visto che il talento sa di averlo – beato lei – lo impieghi opportunamente!
Vede, noi che pensiamo sempre di poter imparare qualcosa, pur quando crediamo di valere e di saper esprimere un contenuto che forse ha un valore, o semplicemente amiamo gli stimoli, i suggerimenti, il confronto, l’esperienza, la crescita, amiamo pure la compagnia dei maestri e di altro Jacques de La Palice.
Le chiedo scusa se posso apparire sgarbata, ma sono stanca e in riflessione profonda sulla miseria umana, l’interesse, la viltà, l’opportunismo, le scelte di comodo, lo schifo, per ragioni che riguardano la storia e il nostro presente.
Cerco questi spazi culturali alla ricerca del valore preservato, della cura, della fede, del meraviglioso intento di coltivare la speranza di un futuro migliore, non amo molto la polemica, tantissimo il dibattito. Poi, mi creda, son giorni in cui ho la morte nel cuore e non posso e non voglio far finta di niente.
Se quegli uomini assassini avessero avuto cultura, Melissa Bassi (che stava andando a scuola per imparare, e il talento è proprio della giovinezza) non sarebbe morta, e la Scuola non sarebbe stata attaccata.
Anche se mi rendo conto perfettamente che istruzione e cultura son cose differenti, spesso gli strumenti per la seconda, e per l’affinamento di sensibilità, attenzione, sapere e responsabilità, sono semplicemente forniti dalla prima. Saluti.
21 Maggio 2012 alle 21:13
P.S. Le ricordo, gentile Vincenzo Cucinotta, che pure il “Mein Kampf” (definito il “catechismo” della Gioventù hitleriana…) potrebbe essere od è considerato un libro, e che pure Hitler è stato considerato od è considerato uno scrittore, e nella stesura del “testo” fu aiutato dal sacerdote cattolico Bernhard Stempflel’. L'”editore”, Max Amann, pubblicò la talentuosa opera stampandola nel formato 12 x 18,9 centimetri, lo stesso usato per la Bibbia).
22 Maggio 2012 alle 00:30
@Sabrina Greco
Non so che le sia preso, ma ciò che lei scrive non si capisce quale attinenza, anche vaga abbia con quello che io ho scritto.
Se avesse anche la cura di leggere le parole che le vengono rivolte, allora ne guadagnerebbe in comprensione e soprattutto in rispetto verso gli altri.
Ad esempio, dove io mi sarei attribuito il talento di cui lei parla?
Anzi, le assicuro che io non penso neanche lontanamente di avere il talento dello scrittore, e che l’intervento che ho fatto era “obiettivo”, almeno nel senso che prescindeva dalla mia persona.
Eppoi, quella citazione del “Mein Kampf” è un modo indiretto del darmi del nazista? Ma come si permette di attaccare così chi semplicemente esprime un’opinione difforme dalla sua?
22 Maggio 2012 alle 05:56
Vincenzo, scrivi giustamente:
Non è proprio vero che nella scuola italiana venga insegnata la tecnica dello scrivere. Si è cominciato a sentire questa esigenza da poco tempo; fino a una ventina d’anni fa – periodizzazione a occhio – imperava il concetto che fu trasmesso anche a me: “La scrittura è un dono, c’è chi ce l’ha e chi non ce l’ha”. Il contenuto classista di questa affermazione è, mi pare, evidente.
Lavoro da qualche anno presso l’Istituto per la sperimentazione pedagogica ed educativa della Provincia di Trento; e lì facciamo delle belle (secondo me) sperimentazioni sulla scrittura. Ottima cosa. Ma anche segno che stiamo ancora alle sperimentazioni.
Nella scuola italiana una volta s’insegnava a scrivere. Poi venne la riforma Croce-Gentile, e l’insegnamento della tecnica dello scrivere – ossia la retorica – fu espulso definitivamente. Perché, questa era la posizione idealistica, insegnare a scrivere significa insegnare un’arte, ma l’arte è intuizione e quindi non c’è niente da insegnare ecc. (detto alla grossa).
Non è proprio vero che “nessuno va in una nuova scuola per imparare a scrivere messaggi E-mail”, e a me è capitato di insegnare nell’ambito di attività formative – soprattutto aziendali – nelle quali si insegnava anche a scrivere le email, a usare bene i forum interni, e così via.
Ci sono anche libri su questo argomento, ecc.
Non è proprio vero che “nessuno va in una nuova scuola per imparare […] le cose che servono per la vita quotidiana”: esistono corsi di cucina, corsi di cucito, corsi di galateo, cosi per neomamme e neopapà, corsi per imparare a muoversi (ossia: esistono palestre), ecc.
Dopodiché, mi pare sacrosanto osservare, con Vincenzo, che
Vedi ad esempio in questo articoletto il mio tentativo di distinguere tra attività formative “dopolavoristiche” e attività formative “professionalizzanti”. Tentativo naufragato nel dibattito, dove ho trovato diversi interlocutori prontissimi a fare di tutte l’erbe un fascio.
22 Maggio 2012 alle 08:21
state buoni, se potete 🙂
22 Maggio 2012 alle 10:37
Scrive Cucinotta:
Non è che forse non sono stata io a fraintendere ma tu a non esprimerti bene?
La tua sicura padronanza della sintassi ha tratto in inganno persino Giulio, che sicuramente non è un lettore distratto: immagino che tu volessi dire «[…] per imparare a scrivere [a proposito de] le cose che servono per la vita quotidiana». Prosegui dicendo che «non c’è offerta di tale tipo di servizi perchè non c’è richiesta». Ciò è naturalmente falso, vedi il corso di “Pratiche di scrittura argomentativa” dei Lincei o il Laboratorio di Scrittura Argomentativa della Sapienza, tanto per fare due esempi. Il tuo stesso periodo magari ne suggerisce il bisogno.
Cucinotta, ma sei così sicuro che il tuo concetto di talento sia fondato? No, perché c’è molta discussione nella comunità scientifica se il talento come lo intendi tu esista effettivamente [1, and references therein]. Non sarei nemmeno molto sicura di quanto tu dici a proposito della lettura, visto che l’idea che la conoscenza passiva in una qualsiasi disciplina sia sufficiente è infondata — vedi il ruolo degli esercizi nella didattica delle materie scientifiche: i buoni esercizi non sono costituiti da una semplice applicazione delle tecniche apprese, ma dal mettere alla prova le proprie conoscenze teoriche.
Fare esercizi di scrittura (o di matematica o al piano) sono però inutili se non hai qualcuno che ti faccia notare i tuoi errori e ti dia in tal modo la possibilità di progredire. In altre parole, se non hai qualcuno che ti faccia notare il tuo errore nello scrivere Weltanschauung, finirai per ripeterlo [2].
[1] Howe, Michael J. A., & Davidson J. W., & Sloboda, J. A., “Innate Talents: Reality or Myth”. Behavioural and Brain Sciences 21 (1998) 399-442.
[2] http://www.google.com/search?q=cucinotta+weltanshaug
22 Maggio 2012 alle 11:56
Vede, Vincenzo, un problema c’è. Lei è convinto che quanto detto sia sempre e necessariamente diretto a lei.
Le ho solo fatto notare alcune cose che non condivido.
In primis, la sua sostanziale affermazione dell’inutilità per uno scrittore di talento di partecipare a scuole di scrittura.
(Nel mio primo intervento, le facevo invece notare la serietà di certi.)
La sua supponenza, ed il fatto poi di tirare in ballo La Palice e la vergogna, come se i suoi interlocutori fossero così stupidi da non afferrare concetti elementari per lei comprensibilissimi, mi ha portato necessariamente alla conclusione che, per la sua persona, argomentare di tutto questo sia perdita di tempo allo stesso modo in cui le persone di talento frequentano i corsi di cui si parla.
(Ciò mi ha portato alla convinzione che intimamente lei si creda un talentuoso. Impressione!)
Piccola nota. Penso che un professionista della scrittura sia sicuramente in grado di riconoscere il talento in un giovane scrittore che non sempre ha consapevolezza di quanto ha a disposizione. Ritenere quindi, Fondamentalmente!, inutili i corsi, perchè, a suo dire, o il talento c’è – e se c’è non necessita di alcun nutrimento o confronto -, e se non cè, vano è il ricorso a Scuole di Scrittura, equivale a dichiarare superfluo il lavoro svolto dai promotori di essi.
Non sono d’accordo, e, come me, tanti altri non approvano quanto da lei detto, visto che esiste una profonda esigenza – e non esigua -ed una appropriata risposta).
Quanto poi al Mein Kampft, ho solo portato all’attenzione di tutti, con una bella operazione contestualizzante che evidentemente non ha colto, quanto sia distante la validità e l’universalità di un’opera da una mera pubblicazione che invece di aggiungere valore, li mortifica tutti e si rivela pericolosa, e quindi, dell’importanza di avere ben chiari, nell’atto di produzione e di pubblicazione (e in questo diventa prezioso il confronto e la serietà di chi si preoccupa per mestiere di contribuire alla cultura), valori e rispetto, per la vita e per la storia, senso di responsabilità, e chiarissimi parametri operativi di validità.
Le faccio ulteriormente presente, che se tre persone su tre hanno contestato quanto da lei affermato, forse è lei che non ha spiegato bene quel che intendeva dire, o, inavvertitamente, ha offeso qualcuno, o il lavoro di qualcuno. Saluti.
22 Maggio 2012 alle 14:08
Tempus loquendi, Tempus tacendi.
22 Maggio 2012 alle 14:21
@Pensieri Oziosi
ti ringrazio per tutte le informazioni che mi fornisci, hai ovviamente tutto il diritto di non credermi. ma stimo molto la tua capacità di integrare o correggere gli interventi altrui (visto che ti incontro su tanti blogs, anche il mio).
Così, fossi in te, non me la prenderei perchè ho detto che hai frainteso le mie parole: come dici tu stessa, quando c’è fraintendimento, la maggior parte delle volte è colpa di chi scrive (talvolta anche da chi legge, ma più raramente).
Io mi riferivo al tuo primo intervento dove dicevi:
“Cucinotta, non commettere lo stesso errore di chi si iscrive all’università perché pensa che così dopo ha sicuramente un buon lavoro…”
Ho capito, ma mi potrei sbagliare, che mi attribuivi la volontà di seguire uno di questi corsi, come del resto mi sembrava facesse la Greco, ma il mio interesse era solo da osservatore esterno.
22 Maggio 2012 alle 14:23
@Giulio
Grazie delle informazioni, ma credo comunque che il senso del mio intervento, che non pretendo certo venga condiviso, sia risultato chiaro.
Mi scuso con te perchè so quanto possa essere di disturbo l0’invasione del proprio blog, ma non pensavo che la discussione si sarebbe dilungata tanto.
22 Maggio 2012 alle 14:25
@Greco
Sono lieto che non lei non mi ritenga un nazista, è stata solo una mia falsa impressione, di cui mi scuso volentieri.
22 Maggio 2012 alle 16:11
Vincenzo, il senso del tuo intervento è chiarissimo.
Suppongo sia chiarissimo anche il senso dell’intervento mio; qui lo esplicito: se un discorso è fondato su affermazioni circa certi fatti, e queste affermazioni risultano non vere, è lecito sospettare che le conclusioni alle quali il discorso giunge non siano vere. E ho segnalato appunto alcune tue affermazioni circa certi fatti, che a me sembrano non vere.
Ho anche equivocato una frase; e ringrazio Pensieri Oziosi per il chiarimento. Noto che anche secondo Pensieri Oziosi alcune tue affermazioni circa certi fatti sono non vere.
22 Maggio 2012 alle 16:53
Caro Giulio,
credo che qui ci siano in ballo opinioni e non fatti.
Non posso credere che tu pensi davvero che la presenza di qualche corso aziendale per scrivere messaggi E-mail possa implicare che queste attività si imparino davvero in corsi appositi.
Naturalmente, lo fai a scopo retorico (d’altra parte, è ovvio che nessuno possa affermare con certezza che non esiste in tutta Italia un corso di un certo tipo, dovrebbe un quadro esauriente della situazione, cosa pressocchè impossibile).
Quindi, non mi pare che siamo in un settore del sapere dove la categoria più adatta da utilizzare sia il dilemma vero/falso.
A me pare che argomentare su di questo sia superfluo, ma poichè noto che la discussione si è spostata su un piano personale, non sia più cioè un mezzo di dialogo e di crescita di tutti i partecipanti, la chiudo qua e grazie dell’ospitalità.
22 Maggio 2012 alle 17:35
@Pensieri Oziosi
Fai bene a farmi le pulci, attività certo meritoria, ma tecnicamente non vi era alcun errore nella mia frase, soltanto una chiarezza insufficiente, che non sono certo io a contestare.
Era solo per fare un microorganismo a una pulce 😀
22 Maggio 2012 alle 17:47
Vincenzo, facciamo così: prova a dare un’occhiata a Il mestiere di scrivere, il sito curato da Luisa Carrada che da anni è una specie di punto di riferimento per la scrittura professionale e per l’insegnamento della scrittura professionale.
Sicuramente in questa discussione sono in gioco opinioni. Ma, credo, opinioni su certi fatti. Nel caso in cui i fatti non sussistessero, o sussistessero diversamente da come le opinioni li considerano, cosa dovremmo pensare delle opinioni?
Breve esercizio di retorica:
Tizio: “La Juventus ha vinto la Coppa Italia grazie alla classe di Del Piero”.
Caio: “Guarda che la Juventus non ha vinto la Coppa Italia”.
Tizio: “La classe di Del Piero è immensa”.
Caio: “Non dubito, ma la Juventus non ha vinto la Coppa Italia”.
Tizio: “Credo che qui ci siano in ballo opinioni e non fatti”.
🙂
22 Maggio 2012 alle 18:04
Giulio, l’esempio non calza, come sai bene (perchè fingi di non vedere le differenze?)
Proviamo con un altro:
Tizio: Non si usano più le galosce
Caio: Guarda che nello scorso mese di novembre in quel tal paese ho visto un tipo con le galosce.
Tizio: Non dubito del fatto che mi racconti, ma ciò non cambia il fatto che una tale situazione è così rara da non costituire un campione significativo.
Così, potremmo esserci, se invece vogliamo proprio, possiamo certo definire la situazione a partire dal fatto che esiste in quella tale azienda un corso interno di scrittura di messaggi E-mail, ma temo che avremo una visione del tutto irrealistica della situazione: certamente, non è reato, ma non cambia di una virgola la validità delle opinioni espresse, credimi.
22 Maggio 2012 alle 21:27
Caro Gian Marco. …Siamo al Tempus cosiddetto “supplementarius”. 🙂
Vincenzo, mi dispiace deluderla ancora, ma non ho mai minimamente pensato fosse sua intenzione frequentare un corso di scrittura.
Mi è stato immediatamente chiaro il piano su cui lei si poneva.
Come non ho mai pensato di rapportarmi in questa discussione con un “nazista”; scuse accettate. (Se così fosse stato, avrei risposto molto diversamente, mi creda…)
Mi permetta comunque di aggiungere, come mia piccola osservazione personale, che l’insegnamento della scrittura attraverso l’uso corretto della nuova forma di comunicazione, a mezzo e-mails, è sempre più all’attenzione dell’azienda che ha bisogno di trasmettere contenuti di importanza che risultino ben composti ed efficaci.
Da quando si è diffuso l’utilizzo del web, è risultato chiaro infatti che la scrittura doveva rispondere a un tipo di fruizione diversa.
E non è fatto sporadico trovare aziende che permettono la frequenza di corsi specializzati di scrittura per il web (io stessa ne ho frequentato uno per la consulenza web marketing).
Inoltre, credo che ci siano fatti …e fatti. E cioè che non sempre un fatto possa essere considerato avente la stessa rilevanza di un altro. E qualsiasi opinione, per esser tale, riguarda fatti.
22 Maggio 2012 alle 23:51
Ezra Pound, canto XXXI. Per il tempus supplementarius non saprei, forse Gianni Brera, Italia-Germania 4-3. Le galosce non si useranno più ma è un peccato, con le clarks appena scendono due gocce d’acqua ho i piedi a mollo. Fatti? Già, fatti non foste a viver come bruti, però ormai ci siamo abituati a esserlo. Per l’opinione: Platone, La Repubblica, mito della caverna? Banale.
Il talento è noumeno, la tecnica è fenomeno. Spesso però è la seconda che fa la differenza.
Altrimenti perché avrei passato mesi a leggere e rileggere le vicende di un agente pubblicitario di Dublino che mangia rognone alla griglia e cazzèggia, cazzèggia, cazzèggia, buon dio, che altro?
23 Maggio 2012 alle 00:05
Grazie per la tua entrata in campo.
Con quel “il talento è noumeno, la tecnica è fenomeno”… il rognone alla griglia ha il sapore di una leggerezza appresa e consapevole. Andiamo a Dublino?
23 Maggio 2012 alle 06:21
Vincenzo, non sostengo che una volta in una qualche azienda X sia stato fatto un corso sulla posta elettronica.
Sostengo che esiste una vasta offerta di formazione, rivolta principalmente alle aziende, dedicata alla comunicazione orale e scritta (e quindi anche alle email).
Hai dato un’occhiata a “Il mestiere di scrivere”?
Può essere utile per capire quanto la qualità della comunicazione interna ed esterna sia importante per le aziende.
E’ capitato anche a me di lavorare in questo ambito. Ciò non significa (e mi sarà espresso male) che in questo ambito esista solo l’iniziativa alla quale ho partecipato io.
23 Maggio 2012 alle 08:08
Giulio, la statistica è di tutte le scienze esatte la meno esatta come diceva una conturbante Laura Antonelli all’imbranato esperto di statistica Giancarlo Giannini in un memorabile episodio di “Sesso matto”, ma non v’è dubbio che tra tutti coloro che usano la posta elettronica, coloro che abbiano seguito un apposito corso ne sono una frazione assolutamente trascurabile.
Ora, non vorrei essere frainteso, che mille fiori fioriscano come diceva Mao, e quindi ci sono mille motivazioni del tutto lecite a seguire questi corsi, tra cui a mio parere prevale come quasi sempre l’esigenza di stabilire contatti e rapporti umani per chi magari ne ha carenza, ed è un ambito in cui ci si può far conoscere ed apprezzare.
Poichè in tutto questo non v’è nulla non dico di illecito, ma neanche di inopportuno, io non mi permetterei mai di dichiararmi contrario a simili iniziative.
Mi sono soltanto permesso di dubitare della loro adeguatezza a risolvere i problemi che ufficialmente costituiscono la ragione della loro stessa esistenza.
Se ritorniamo alla statistica, seppure anche le persone che seguono tali corsi sono in numero (immagino) molto limitato, la popolazione totale da cui pescano, quella di chi vorrebbe diventare scrittore, è anch’essa abbastanza piccola, e così il rapporto assume in questo caso un valore significativamente alto da non potere essere considerato come una curiosità statistica.
Infine, quello del rapporto tra tecnica e talento è un terreno scivoloso come mi pare concordiamo alla fine tutti, Griffi si spinge fino al punto di applicarvi gli schemi cognitivi di Kant, con il che mi pare suffraghi la mia opinione della difficoltà di separare questi due aspetti, ma scusatemi se mi ritraggo dall’occuparmi di noumeni e smetto di importunare te e i tuoi lettori ulteriormente, stavolta spero davvero.
23 Maggio 2012 alle 09:23
“il rognone alla griglia ha il sapore di una leggerezza appresa e consapevole”. Sempre meglio del gusto d’urina leggermente aromatica. A Dublino, peraltro, fisicamente, non ci sono mai stato.
Signor Cucinotta, non la biasimo se non intende occuparsi di noumeni, i fenomeni sono molto più interessanti.
Ad ogni modo io non mi sono sentito importunato, la divergenza di pensiero è sempre opportuna e mai m’importuna (tranne quella calcistica).
23 Maggio 2012 alle 10:33
sa Vincenzo una cosa che mi lascia perplesso, non tanto della sua posizione e delle sue opinioni (rispettabilissime), ma della sua retorica? Che lei dice: “ma io non dico che (i corsi di scrittura) non sono opportuni (che non servono)” e però aggiunge: “mancano totalmente l’obiettivo che si prefiggono” (quindi non servono), però “magari servono a fare amicizia” (a cuccare? sob!)… tra l’altro se lei ha ricevuto qualche “scravasso” risentito sulla sua testa io penso sia per una frase con cui lei apriva un commento: “gentili interlocutori, credete davvero a quello che affermate” (o giù di lì); un modo sempre un un po’… come posso dire, sgradevole… di mettere in dubbio la “sincerità” dell’interlocutore… c’è qualcosa di non molto “nobile”, per così dire, e certune volte di “doppio” in certi suoi modi di argomentare – non so se ne è consapevole (anche questo suo dire: “me ne vado dalla discussione…). Mi ripeto: di contro le sue idee (su talento, e insignificanza di questo e di quel corso) a mio modo di vedere sono chiare, e “non importune” (come giustamente afferma Griffi)…
23 Maggio 2012 alle 11:20
E allora la domanda fondamentale è: ai corsi, o alle scuole, o alle botteghe, di scrittura, o di narrativa, o di retorica, si cucca o no? Se no, lasciate perdere; a che serve saper scrivere se poi non si tromba? Se sì: si cucca più o meno rispetto a un corso di cucina? Più o meno rispetto a un corso di salsa y merengue? Più o meno rispetto a un seminario su Immanuel Kant?
Se si cucca meno che a un corso di salsa y merengue ma più che a un seminario su Kant, allora potete starci.
Del resto cuccare mentre Ugo Maria Ugazio (Univ. di Torino) ti propina il giudizio sintetico a priori vale molto di più che cuccare mentre una bionda ti si struscia alla patta dei pantaloni.
Viva la scrittura!
23 Maggio 2012 alle 11:52
@Enrico
D’accordo con lei, se le è apparsa sgradevole la conferma della sincerità dei miei interlocutori, tra cui lei, che quindi ha ragione di risentirsene. La sincerità è il presupposto stesso del dialogare, ma le assicuro che si trattava solo di un espedientre retorico (ha visto, ammetto umilmente di avere usato un espediente…).
Sull’uscire dalla discussione invece, lo dicevo con la massima serietà, ma potrebbe convenire con me che mi ci tirate voi anche adesso dentro, non è detto che uno possa sottrarsi qualunque sia la via che segue la discussione in corso.
Se invece la sua obiezione riguarda proprio questa mia pretesa di interrompere la discussione, beh, ma non è che le risorse di tempo siano infinite, è anche ragionevole che si tenti di impiegarle il più possibile utilmente, non ne farei una colpa a nessuno di scegliere come meglio comportarsi.
Dove però non posso proprio concordare con lei, è sulla mia opinione sui corsi: qui, non c’è retorica alcuna, c’è una convinzione (la mia), degna delle critiche magari più spietate, ma non di essere doppia, la doppiezza, mi consenta, la crea lei quando mi parafrasa. Se lei riscrive le mie frasi, le fa diventare le sue, non sono più le mie.
Insisto perchè è una mia convinzione profonda, nell’ideologia dominante, la nostra socialità viene sottovalutata moltissimo, e del resto il pensiero liberale comporta un’antropologia che più che errata è per me assurda proprio in questo aspetto.
Così, se noi accettassimo le enormi esigenze di socialità che sono proprie di noi uomini, allora ci spiegheremmo tante cose che avvengono attorno a noi, in maniera più corretta, più aderente al vero.
Il mio pensiero non è quindi doppio, le scuole non servono per gli scopi che si prefiggono, ma chi le frequenta ne trae comunque giovamento, un giovamento di natura differente da quello atteso.
Naturalmente, capisco che voi, lei ed anche Griffi, che avete ottime letture e sicuramente un certo talento letterario, riuscite a girarla sul comico, e vi assicuro che trovo anche divertenti i vostri interventi, ma io davvero parlavo d’altro che del trovare qualche partner sessuale più o meno occasionale (che comunque capisco possa essere oltremodo gradevole, sia chiaro).
Scrivevo:
“…ci sono mille motivazioni del tutto lecite a seguire questi corsi, tra cui a mio parere prevale come quasi sempre l’esigenza di stabilire contatti e rapporti umani per chi magari ne ha carenza, ed è un ambito in cui ci si può far conoscere ed apprezzare”.
Vi pregherei di fare riferimento alla fine del periodo (farsi conoscere ed apprezzare) che ritengo complicato far interpretare come la ricerca di un ambito dove cuccare.
23 Maggio 2012 alle 11:54
@Grifif
Mi scusi se nel corso del commento l’ho associata ad Enrico, ma mi pare che lei abbia afferrato il testimone da Enrico, e così il ragionamento si applica anche a lei, almeno in parte.
23 Maggio 2012 alle 12:32
Sig. Cucinotta, il mio intervento non era assolutamente una satira su quanto lei ha affermato, questo lo vorrei precisare.
Credo soltanto che il talento, a Sara Loffredi, forse non sarebbe bastato, per pubblicare un romanzo con Rizzoli.
Al contrario, il suo (probabile, plausibile) talento, unitamente a una certa tecnica appresa, e anche, perché no, alla “sponsorizzazione”, o “spinta”, della sua scuola, la ha condotta in bocca alla Rizzoli.
Non affermo che la tecnica si debba apprendere frequentando per forza una scuola di scrittura, ma affermo, e lo affermo con grande forza, che da qualche parte la tecnica la si debba apprendere. Affermo che il talento senza tecnica non è letteratura quasi mai, e che la tecnica di scrittura, o di narrazione, non si trasmette come un virus, di mente in mente, dalla divinità all’uomo, non è il piede sinistro di Maradona, ma la si impara 1) studiando e analizzando ciò che altri hanno scritto (e come lo hanno scritto), dai sumeri in poi (questa è la versione autodidatta: per quanto credo, è quella utilizzata dal 98% per cento degli scrittori) oppure 2) frequentando una scuola di scrittura o come la volete chiamare.
Questo è quanto affermo, fate questo in memoria di me (tra molti anni).
23 Maggio 2012 alle 12:52
Vincenzo Cucinotta… Lei insegna scrittura, visto che, se non ha mai frequentato un corso, che esperienza può vantare in merito, mi scusi?! E’ un esperto? Uno studioso? Si qualifichi! Ci faccia capire.
Come meglio impiega e impiegare “utilmente”, a suo avviso, “le risorse di tempo”?
Parla di una discoteca, di un centro relazionale, di un centro sociale, o di una Scuola? Parla di persone interessate alla scrittura e alla costruzione di un’opera o di disperati?
Sara Loffredi cosa è’? Una brava scrittrice, una promessa della narrativa, una raccomandata, una che ha perso soldi e tempo ma che poi forse ci ha guadagnato… dica…
Quanto vale l’esperienza ed il lavoro ultradecennale di Giulio Mozzi, di Gabriele Dadati, di Alessandro Baricco, di Livio Romano, di Luisa Carrada…? Quanto vale la Laurana? Quanto vale la Rizzoli?
Glielo ho detto… Lei offende, e con certa leggerezza, il serio lavoro di più di qualcuno… Non le fa onore. Come si permette!
Nel suo ambito trova amicizie, “rapporti umani”, anche se non è detto partner occasionali… (“che comunque capisco possa essere oltremodo gradevole, sia chiaro”).
Crede di avere carenza di relazioni umane, di contatti, oppure non servirebbe perchè saprebbe a chi rivolgersi? Lei si sente una persona apprezzata? E’ per questo che ha cercato lavoro? E’ per questo che partecipa a iniziative di qualsiasi tipo? Crede di saper scrivere perfettamente una email?
Sono d’accordo con Enrico.
Non l’abbiamo poi “girata sul comico”, abbiamo cercato solo di non esasperare, invitandola dall’altra parte, con noi, ad un clima più sereno, come ha fatto elegantemente Giulio Mozzi rispondendole con un sorriso, o Gian Marco Griffi rassicurandola.
Ma lei niente, continua ad offendere.
“Ma serietà”.
23 Maggio 2012 alle 13:08
Questi sono i calci di rigore?
23 Maggio 2012 alle 13:50
@Griffi
No, è solo un autogoal 😀
23 Maggio 2012 alle 13:56
Sia più attento, allora, la prossima volta, Cucinotta…
No, Gian Marco. Sono calci.
23 Maggio 2012 alle 15:34
quello che penso, è che l’attesa non è più contemplata, e allo stesso tempo, proprio su ciò che non esiste, si costruisce.
la notizia, nell’articolo di isabella marchiolo, mi sembra non sia tanto il romanzo di sara loffredi, quanto i suoi trascorsi in bottega, appunto, e il fatto che se ne possa leggere un’anticipazione in vibrisse. e, anticipazione sull’anticipazione, che si possa sapere da chi verrà pubblicato il romanzo, e quando verrà pubblicato.
poche righe per le anticipazioni, tante righe per la trama del romanzo, ma il pezzo è stato scritto per quelle poche righe, a dispetto del titolo. o mi sbaglio?
AIDA: attirare l’Attenzione, suscitare l’Interesse, scatenare il Desiderio, indurre All’acquisto (dei corsi di scrittura e del libro, in questo caso pubblicato da rizzoli).
quando è iniziata questa pratica di anticipare cosa uno sta scrivendo e con chi pubblicherà il suo lavoro? la cosa mi sfugge. ce n’è bisogno? gli autori cosa pensano della macchina che si mette in moto attorno a loro? elettrizzati? soddisfatti di come viene promossa, anzi, meglio, di come si parla e scrive della loro fatica o rimangono delusi? o quello che conta sono solo (mica poco, d’accordo) le vendite?
chiaro che un autore non mi dirà mai la verità, ma non riesco a non lasciare nell’aria questa domanda.
ecco. rileggendo quello che ho appena scritto mi rendo conto dell’ingenuità sottesa… mi si dirà che ne guadagnano tutti, e se non si vende…… dunque, in fondo, dov’è il male? un male vero non c’è, solo un po’ di fastidio, ai fastidiosi come me. mah.
23 Maggio 2012 alle 15:41
Vincenzo, scrivi:
Certo. Aggiungerei che tra tutti coloro che cucinano, quelli che hanno seguito un apposito corso sono probabilmente una frazione trascurabile; tra tutti coloro che fotografano, che vanno in bicicletta, che che nuotano, ecc. ecc., idem.
Peccato che questo non dica nulla circa l’efficacia dei corsi di cucina, fotografia, ciclismo, nuoto ecc.
Dovremmo domandarci piuttosto: tra tutti coloro che cucinano professionalmente, fotografano professionalmente, pedalano professionalmente, nuotano professionalmente, ecc. ecc., quanti hanno tratto beneficio da un’apposita formazione? E: tra tutti coloro che – volendo cucinare, fotografare,pedalare, nuotare professionalmente – hanno goduto di un’apposita formazione, quanti ne hanno tratto il beneficio sperato?
Scrivi anche:
Credo la fonte di questo giudizio non sia particolarmente autorevole. Mi pare che la statistica sia una disciplina serissima e utilissima. Come molte discipline – forse tutte -, può essere abusata.
Scrivi ancora:
Ho tentato più volte, anche recentemente (vedi) di distinguere tra le attività “dopolavoristiche” e quelle per così dire “professionalizzanti”. Mi stupisce che questa distinzione – che a me pare ovvia – faccia così fatica a passare.
Scrivi infine:
Quali sono, secondo te, “i problemi che ufficialmente costituiscono la ragione della loro stessa esistenza”?
23 Maggio 2012 alle 16:33
Giulio, ti devo comunicare l’impressione che tu sembri avere smarrito il filo del discorso, cosa del tutto comprensibile, visto che per i tuoi impegni intervieni “a folate”, ma che rende questa discussione del tutto superflua, ormai la polemica prevale su tutto il resto. Ora mi contesti anche il riferimento che credevo spiritoso a un film e che in ogni caso aveva la funzione di corroborare il mio ricorso a considerazioni statistiche.
Credimi, continuare questo nostro scambio di opinioni rischia di travalicare il suo oggetto, e io conosco i doveri dell’ospitalità ricevuta e preferisco tacermi da subito. Non me ne volere.
Buona continuazione a chi ne ha voglia!
23 Maggio 2012 alle 18:13
Signor Cucinotta, guardi che portare via la palla così gli altri non giocano più non vale mica eh! 🙂
Scherzi a parte, dibattere e/o polemizzare su temi letterari non vi pare una cosa meravigliosa? Ora non so fino a che punto il tema di questo dibattito sia letterario, ma un po’ lo è. Forse non tanto, però un po’ lo è.
23 Maggio 2012 alle 20:23
Giulio, dimostri come sempre la straordinaria capacità di usare le parole come faceva Ulisse col suo arco.
E’ una questione di chiarezza.
23 Maggio 2012 alle 21:47
Vincenzo, scrivi rivolgendoti a me:
Rispondo che la mia frase:
Intendeva essere, in risposta alla spiritosaggine di cui sopra, una freddura.
Mentre nelle mie frasi precedenti cercavo di farti notare che – in my humble opinion – la tua considerazione statistica non stava in piedi, e suggerivo un approccio diverso.
Non so che cosa tu intenda per “polemica”. In alcuni commenti, supponendo che le tue opinioni derivino dalle tue convinzioni circa i fatti, ho osservato che alcune tue affermazioni circa fatti sono secondo me non vere. Questa è “polemica”? Ora ho suggerito un approccio statistico diverso da quello proposto da te: questa è “polemica”?
23 Maggio 2012 alle 21:47
Gian Marco, tranquillo. Si tratta del CD di Little Tony. Ne ho uno io… 🙂
Scrittrice invidiata, copia assicurata.
23 Maggio 2012 alle 22:37
@ Griffi
in un mio laboratorio, due iscritti si sono fidanzati, e in un altro un ragazzo se ne è andato indispettito: non c’erano fanciulle… questo per dire che le relazioni sociali sono sempre importanti, contano… ma in un corso di tango, mi dicono, la “tensione relazionale” può essere più forte… più – per così dire – corporea… (così mi dicono non ne ho mai frequentato uno)
23 Maggio 2012 alle 23:30
Io penso che a serrare, a far trovare aderenza, sia, come sempre, il ritmo.
Il ritmo, la successione di suoni che si rivela nel movimento accordandosi a movimento altro, dichiara lo splendore della fisicità e dell’armonia, portando all’esaltazione della bellezza.
La musica, che è delle sfere, che è della poesia, che è del sentimento della verità, che è della vita e della stessa esistenza naturale, è tutto quello di veramente grande possiamo percepire, sentire e vedere, quando ci offriamo all’apertura.
Al di là della musica come straordinario fenomeno naturale e prodotto strumentale, è stupefacente scoprire quanto essa sia comunque presente in qualsiasi cosa noi riusciamo ad amare veramente.
Il tango è meraviglioso per una sensualità propria di corrispondenza e assoluto coinvolgimento.
A me ha colpito il titolo del romanzo di Sara Loffredi (sono una che si fa incuriosire pure dai titoli e che si fa guidare dall’intuito), che leggerò, e a cui auguro molto successo, a coronamento di sogni, talento, serietà, sforzi e impegno.
24 Maggio 2012 alle 15:58
Musica il tuo commento Sabrina, paso doble olé
24 Maggio 2012 alle 17:48
Maestro, a ritrovarci.
26 Maggio 2012 alle 15:09
Tango. Tango e Libertango.
2 giugno 2012 alle 19:17
Qui un bel racconto di Sara:
http://librisenzacarta.it/2012/05/24/fatta-di-tanti-fili-di-lana/