Qual è il prezzo giusto?

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di giuliomozzi

Anche stimolato dal pasticcio del Festival dell’inedito (per il quale rinvio a questo articolo di Georgia Mada che mi sembra chiaro e preciso, nonché ricco di rinvii), ho cominciato a rifarmi con un certo senso d’urgenza una domanda che mi faccio da tempo: Qual è il prezzo giusto?, ovvero: Come si determina il prezzo giusto?

Qual è il prezzo giusto, ovvero come si determina il prezzo giusto, per un corso o seminario o laboratorio o workshop (sempre che vi sia una differenza tra ciò che queste differenti parole designano) di scrittura creativa o di creative writing o di scrittura e narrazione o di tecniche di narrazione (sempre che vi sia una differenza tra ciò ecc.)?
Come si commisura la qualità di un servizio, di una prestazione, di una formazione, di un passaggio di conoscenze, eccetera, a una tariffa da pagare?
Quanto contano nella determinazione della tariffa cose come il desiderio della persona partecipante, il prestigio autoriale del docente, l’effettiva capacità didattica (e come la si valuta?) del docente, il curriculum del docente, il prestigio del luogo, della sede, del contesto nel quale la cosa avviene?
Come si differenziano, sia nella comunicazione sia nelle tariffe, le iniziative dopolavoristiche, amatoriali, di prima formazione, professionalizzanti, di eccellenza, eccetera?
Come si fa a offrire a target anche molto differenti (c’è chi si iscrive a qualcosa “per curiosità”, chi “per diventare un miglior lettore”, chi “perché insegno lettere e magari mi torna utile”, chi “perché voglio fare della scrittura lo scopo della vita”) servizi di formazione effettivamente differenti, anche sul piano tariffario?
Come si fa a comunicare la differenza tra i differenti servizi?
Come si valuta il risultato, e come si può riuscire a differenziare i risultati che in ciascuna situazione possono essere legittimamente, sensatamente proposti come obiettivo?
Quali sono gli elementi che concorrono alla definizione di un sensato prezzo per queste cose? Quali informazioni devono essere fornite al potenziale cliente perché possa decidere se ritenere sensato il prezzo proposto?
Eccetera.

Queste domande sono disordinate; e non è detto che siano formulate nel modo migliore.

53 Risposte to “Qual è il prezzo giusto?”

  1. Antonella Says:

    Per quanto riguarda il Festival dell’inedito, io, francamente, prima ancora che esplodessero le critiche e le proteste, avevo valutato si trattasse di una manovra non letteraria per chiedere soldi a chi di letteratura parrebbe invece interessarsi. E avevo chiuso la questione, come ho già detto più volte non mi interessa sottoporre i miei testi a persone che non ritengo essere in possesso di competenze come minimo uguali alle mie. In realtà mi sconcertava parecchio anche l’idea di mettermi in uno stand a “vendere” il mio romanzo, ma su questo punto so che esistono pareri discordanti e che in molti mi citerebbero Eloy Moreno etc etc. Questo è “solo” il mio parere.
    Per il resto, credo siano tutte domande molto complesse, credo anzi che il loro “disordine” nasca proprio dalla complessità dell’argomento, dalla difficoltà quasi ontologica di definire molti punti in questione.
    Io: non parteciperei ad un corso di scrittura gratuito se il corso fosse di poco interesse per me, di quelli molto basic che ti spiegano cos’è un protagonista e cos’è un antagonista; non pagherei qualche centinaio di euro per stare a sentire una persona di cui, per caso su internet, ho letto dei testi con degli errori di ortografia; ma pagherei qualche migliaio di euro (se li avessi da adibire a tale scopo) per un corso tenuto da un autore che amo.
    E’ una faccenda tutta personale, alla fine, come si vede. Per me quello che conta non sono i contenuti didattici, anche perché si passerebbero semplicemente in rassegna elementi ovvi ed elementi discutibili.
    Mi chiedo piuttosto: questo insegnante ha scritto qualcosa? cosa? è in linea con quello che scrivo o voglio scrivere io? può darmi dei consigli chiari e onesti sul materiale che gli sottoporrò? può, eventualmente, mettermi in contatto con una realtà letteraria riconosciuta?

  2. Lucio Angelini Says:

    Un momento: da sempre dico “Se c’è una domanda, è giusto che ci sia una risposta”, o anche: “Se ci sono le allodole, è giusto che ci siano anche gli specchietti per le stesse”*-°. Altro paio di maniche è offrire il patrocinio o l’avallo di un Comune a un’iniziativa che ha un fine spudoratamente di lucro. Insomma terrei ben separati l’amministrazione della cosa pubblica e l’apertura dell’ennesima scuola o festival di scrittura creativa a pagamento, a cui personalmente non mi iscriverei MAI (nemmeno sotto tortura).

  3. Lucio Angelini Says:

    pardon, alludevo alla legge della domanda e dell’OFFERTA

  4. Barbara Buoso Says:

    Ciao Giulio,
    io, da ‘agricola’ forse, quindi semplicisticamente, la vedo così. Si dovrebbe partire dal target, le aspettative (e tutto quello che ci sta dentro quindi: attenzione, partecipazione, applicazione, formazione, esperienze) dell’utente (ovvero colui che ‘acquista’ il bene/servizio chiamiamolo come ti pare: worshop, creative writing e via discorrendo) sono diverse a seconda si tratti per curiosità, per possibile utilità, per formazione professionale e per chi crede di avere talento e vorrebbe, dello scrivere, ‘fare mestiere’. Ora, per me la chiave sta tutta nell’identificazione di questi gruppi perché, diciamocelo, a chi sta lì per curiosità o perché al corso di ceramica non c’era più posto.. come vuoi faccia ad apprezzare e valorizzare quello che il docente dice? Anche se quel docente è.. ognuno ha un suo ‘sogno’ .. cosa vuoi ne capisca sto qui?? Che passione (e per me, sarò anche patetica, la passione è fondamentale ma non basta, ci vuole tecnica) vuoi ci metta? Si vuol fare un seminario, bene, gli organizzatori devono buttare giù una lista di competenze che i partecipanti DEVONO avere, chiaramente basandosi sulla propria esperienza e a quel punto devono fare valutazioni per ammettere. Idem per ogni tipologia di servizio che si vuol offrire/acquistare. Esempio: se io credo di avere talento (e lo credo solo io) e penso di avere bisogno di un ‘esperto’ che mi dica: ‘”Barbara, prenditi ‘na pastiglietta in più e fatti un giro” oppure, invece, mi dica: “Bene, ora si lavora sul serio”, io sono disposta a pagare il prezzo che mi chiede, perché è la mia vita, perché forse sono un talento sprecato, perché forse qualcuno, poi, ringrazierà quell’esperto che ha visto giusto. E, sempre io, se mi iscrivo a un corso di scrittura e mi ritrovo quella della ceramica o quello che manco sa aprire una mail.. beh, io mi incazzo perché quel tempo che il docente perde è tempo ‘tolto’ a me.
    Non so se mi sono spiegata. Ritengo che la possibilità di entrare in contatto con persone ‘elevate’ che hanno fatto esperienze di largo respiro, che possano, anche per sbaglio, farmi fare un passettino verso una ‘me migliore’ non dovrebbero essere accessibili a tutti, no. Infine ritengo che abbia una importanza fondamentale – e quindi un valore aggiunto – il luogo dove si tiene il corso, assolutamente sì. Il bello è un lusso e per bello intendo un posto che ti mette pace.
    Questo il mio pensiero confuso.

  5. Lucio Angelini Says:

    Qui c’è il parere di Massimiliano Parente. Ti ho citato in uno dei commenti.

    http://lucioangelini.wordpress.com/2012/04/17/massimiliano-parente-ai-cari-e-odiati-aspiranti-scrittori/

  6. Francesca Says:

    Carissimi, dopo molta gavetta da autodidatta, lo scorso autunno mi ero convinta che fosse giunta l’ora di seguire un corso di scrittura. Oggi si terrà l’ultima di otto lezioni di scrittura creativa tenute nei locali della Banca del Tempo del Municipio XII di Roma.
    Io e le altre partecipanti ci eravamo dichiarate interessate e dopo qualche settimana un corsista della BdT, scrittore pubblicato con case editrici conosciute, buon docente e molto umile, ha risposto all’appello. Il corso quindi non è costato nulla e ci ha dato molto, soprattutto le basi per affrontare con metodo la prima stesura di un testo.
    L’alternativa che avevo accarezzato a lungo sarebbe stata quella di seguire, sempre a Roma nella sede di una nota libreria, dieci lezioni tenute da uno scrittore che amo moltissimo, ma con enormi sforzi economici (sono una madre di famiglia) al costo di 340 Euro.
    Con il senno di poi mi dico: meglio così. Non mi farò scrupoli a spendere per migliorare. Il docente prestigioso però è una tappa successiva a quella che ho appena conquistato, perché la persona in questione è portabandiera di una propria filosofia dello scrivere e sostenitore di determinate letture necessarie a sviluppare nell’allievo quella particolare sensibilità di cui lui stesso è espressione.
    Credo che per chi, come me, intende la scrittura non come passatempo ma come mezzo necessario (addirittura) alla comprensione della vita, sia importante scegliersi i maestri, sì, ma solo dopo aver provato ad ascoltare la propria voce letteraria, cioé dopo aver fatto tanto, tanto lavoro preliminare su di sé, senza risparmiare sul tempo ma facendo un saggio uso del proprio denaro.
    Francesca

  7. GiusCo Says:

    Trattandosi di attivita’ dello spirito a bassa redditivita’ di ritorno per i frequentanti, prenderei a riferimento la tariffa oraria (o cumulativa, in caso di corsi di gruppo) degli psicologi iscritti all’albo.

  8. gian marco griffi Says:

    Io la vedo così: se i docenti valgono, il corso vale. La location, per me, è indifferente. Datemi un Cormack McCarthy (per esempio) che mi insegni a descrivere i luoghi e sono pronto a spendere uno stipendio (magari pure tredicesima e quattordicesima), anche se il corso lo facessimo seduti sui copertoni bruciati a bordo Asti-mare, dopo aver sfrattato bielorusse, senegalesi e trans.
    Ps: se invece mi date un Parente posso arrivare a pagare l’equivalente di un caffè, ma pretendo che il corso si tenga al Navutu Stars Golf Spa & Resort (Fiji), e includa viaggio, soggiorno e preveda, tra una lezione di tecniche narrative e una di ortografia comparata, un massaggio total body.

  9. enrico Says:

    personalmente sono contento se posso insegnare scrittura creativa a persone che non pagano (è piacevole anche per loro). Nel tempo dell’oggi, d’altronde, è importante che mi paghino, almeno un minimo.
    Per rispondere alle tue domande, per me funziona così: il prezzo lo fa la struttura che mi ospita come docente; in generale – penso io – il mio corso “vale” (a livello monetario) come altri corsi tenuti dalla struttura in questione (danza del ventre, recitazione, dizione, yoga ecc.). Nè più né meno. Sarà semplicistico, ma per ora va bene così. Penso sempre che la struttura che mi ospita sia una “miniera” di possibilità: di contatti, collaborazioni artistiche ecc.
    Un ultimo aspetto, che inviterei a considerare (e che ha già fatto capolino in queste discussioni su cw) è che: non è detto che grande (o anche immenso) scrittore = bravo insegnante. Certo si impara anche per semplice “contatto” (solo a sentire la mia amica Vivian Lamarque leggere una delle sue poesie io “imparo”), ma l’insegnante è una figura piuttosto complessa mi pare, e se così posso esprimermi “specifica”. Ho frequentato una scuola di teatro (volevo imparare a scrivere una drammaturgia) e grandi artisti, chiusi, ombrosi, poco interessati alla “vita creativa” degli allievi ne ho incontrati…
    Enrico Ernst

  10. francesco Says:

    forse l’unico prezzo giusto è quello che fa raggiungere lo scopo prefissato. Senza contare poi che chi dovrebbe partecipare al progetto avrà costi aggiuntivi di permanenza in città. Insomma, l’iniziativa è bella, anche se i costi fanno già selezione. ma mi chiedo fino a che punto chi ha in mano un lavoro in cui crede possa spendere una cifra così alta, senza alcuna certezza di pubblicazione.

  11. libreriamoderna Says:

    Anziche’ una risposta, vorrei preporre ad ogni tentativo di determinazione di prezzo corretto una constatazione (almeno per me e’ stata tale).
    Nella quasi totalita’ dei casi di pubblicita’ che abbia vista in rete (ma anche diffusa con pieghevoli e mezzi simili) relativa a iniziative del genere in esame (che non siano marcatamente connesse alla attivita’ di enti pubblici, e quindi, qualche volta, con il carattere della gratuita’, che in tale evenienza e’ senz’altro sottolineata) l’argomento “prezzo” e’ completamente assente .
    Esso e’ “implicitamente” differito ad una successiva fase di contatti diretti necessari per finalizzare l’adesione dello “studente” interessato alla scuola o al laboratorio.
    Al costo della partecipazione non c’e’ proprio il minimo accenno: sembra che quell’argomento sia proprio inesistente o dimenticato.
    Spesso mi sono chiesto se un tale atteggiamento possa essere magari legato a questioni “fiscali”, o invero inteso a generare l’equivoco di far ritenere la partecipazione gratuita, o forse anche a una vera e propria “vergogna” e ritrosia a richiamare l’attenzione sul fatto che il costo e’ di fatto completamente arbitrario.

  12. Giulio Mozzi Says:

    Be’, il costo della Bottega di narrazione è scritto chiaro nel volantino (qui). Tanto per dire che l’uso di nascondere i prezzi non è universale.

    Francesco:

    …l’unico prezzo giusto è quello che fa raggiungere lo scopo prefissato.

    Dal punto di vista del cliente, sì: il prezzo deve essere congruo rispetto all’obiettivo; e l’obiettivo dev’essere raggiunto. Come si valuta la congruità, quando si tratta di obiettivi indefiniti?

    Faccio un esempio terra terra, secondo la mia esperienza. Più di metà delle persone che si iscrivono alle iniziative di tipo dopolavoristico alla domanda “Perché lo fai?” rispondono: “Per curiosità”. Ed è impossibile (io rarissimamente ci riesco) cavargli fuori qualcosa di più. Oppure rispondono: “Mi è sempre piaciuto leggere, mi è sempre piaciuto scrivere”. Eccetera. Molto raramente viene fornito un obiettivo; quasi sempre una ragione, e per di più vaga.

    Chi si iscrive a un’iniziativa dopolavoristica e dichiara: “Mi sono iscritto a questo corso perché voglio fare lo scrittore/diventare uno scrittore”, di solito è meglio allontanarlo (si tratta quasi sempre di maschi).

    Tutto è diverso in quelle iniziative che hanno un carattere più, diciam così, “professionalizzante” (ma non è la parola giusta): dove è possibile selezionare, discutere gli obiettivi, concordarli, eccetera.

  13. Lucio Angelini Says:

    @giulio. bando all’ipocrisia. il 99% delle persone che si iscrivono a corsi di scrittura lo fa nella speranza di arrivare alla pubblicazione, anche se molti, per pudore, non lo confessano. E tale obiettivo, come ben sai, non viene quasi MAI raggiunto.

  14. paolo f Says:

    Concordo con Angelini: nella vita esistono cose inconfessabili per i più, e questa è una di quelle.

  15. enrico ernst Says:

    @ Lucio. Ecco, la mia esperienza è diversa (variegata). Esempio. Faccio lezione a una ventina di anziane in un consiglio di zona (penso Giulio lo chiamerebbe “dopolavoro”; nel caso, si dovrebbe forse dire “durantelapensione”). Corso per loro gratuito. Oserei dire che se ci sono due persone che vogliono pubblicare è tanto… tutte le altre si divertono e io con loro… un’esperienza entusiasmante, peraltro!
    Enrico Ernst

  16. gian marco griffi Says:

    Grande scrittore non coincide con grande insegnante di scrittura. Magari sarà così, non lo so.
    Alla domanda “perché lo fai (disperato ragazzo mio)?” risponderei banalmente: per imparare, o quantomeno migliorare, il modo in cui scrivo le cose che scrivo e voglio scrivere. A tal proposito, forse l’insegnante prima di tutto dovrebbe conoscere il mio livello di scrittura, successivamente dovrebbe cercare di aumentarlo, oppure, se il mio livello è zero, gettare le basi perché io raggiunga un livello decente (Così diventerebbe un corso individuale).
    Ovvio che le conoscenze grammaticali e ortografiche dovrebbero essere già date per scontate, altrimenti non stiamo più parlando di un corso di scrittura creativa o di narrazione, ma di una scuola elementare/media serale.
    E il prezzo giusto? Non ne ho idea. Ma io pago 60 euro al mese in palestra, più 60 di tessera annuale, e fondamentalmente non me ne importa un fico secco. Pagare il triplo per un corso di scrittura (o una bottega di narrazione) se faccio il raffronto tra quanto mi frega della mia forma fisica e quanto mi frega della mia scrittura mi sembra giustificato.

  17. giovanni Says:

    Il prezzo non conta, tanto i corsi di scrittura non servono a nulla. Ne ho frequentato uno per confrontarmi con chi poteva saperne più di me, per capire se il mio approccio alla scrittura era corretto, sbagliato, se poteva migliorare e come. Ho capito il perché del corso: molti editori tirano avanti principalmente per quelli. Alla fine ti raccontano quella che è la loro opinione, ti fanno esempi in cui alla fine si capisce molto bene che i corsi di scrittura a pagamento non servono a NULLA.

  18. carlocannella Says:

    Io ho in testa una storia, che potrebbe diventare un romanzo. So quello che devo raccontare, ma non ci sto riuscendo bene. Per lo meno sto facendo molta fatica. Temo sia un problema di tecnica, soprattutto per quanto riguarda i dialoghi. Un corso di scrittura che riuscisse a farmi superare questi ostacoli lo farei volentieri, nella citta’ in cui vivo e a un prezzo che possa permettermi (non molto elevato, credo). In generale il prezzo giusto e’ sempre nella testa di chi decide di frequentare un corso, solo lui conosce quello che cerca e il prezzo che e’ disposto a pagare per raggiungere il suo scopo.

  19. enrico Says:

    dici una cosa interessantissima Gian Marco, che mi stimola a un paradosso: ogni corso di scrittura creativa – con un numero congruo di incontri, aggiungerei – DEVE essere ANCHE (e a un certo punto, soprattutto) un corso individuale; in altre parole: a me insegnante interessa che tu possa trovare la tua unica, inimitabile, non “scambiabile” voce. Per questo sarò il tuo lettore attento, e cercherò di comprendere quali sono i tuoi “rami secchi” e quelli invece “verdeggianti e fioriti” (magari il fiore è in boccio) – se ci sono delle costanti (per esempio derivanti dalla educazione “liricizzante”-accademica tipicamente italiana), in realtà poi, a questo livello, ogni storia di allievo è a sé. Questo è un campo delicatissimo che va oltre la tecnica, oltre qualsiasi teoria generale, e si sviluppa solo e unicamente nella “relazione educativa”, nella relazione docente-discente… aggiungo che il gruppo-classe in questa “ricerca della voce individuale” è uno straordinario alleato…

  20. giuliomozzi Says:

    Lucio, scrivi:

    bando all’ipocrisia. il 99% delle persone che si iscrivono a corsi di scrittura lo fa nella speranza di arrivare alla pubblicazione, anche se molti, per pudore, non lo confessano. E tale obiettivo, come ben sai, non viene quasi MAI raggiunto.

    Be’: a me non risulta che “il 99% delle persone che si iscrivono a corsi di scrittura lo fa nella speranza di arrivare alla pubblicazione”. O almeno, non è così tra le persone che da quindici anni incontro in corsi e laboratori.
    Certo: faccende come la Scuola Holden o la Bottega di narrazione sono ben diverse da un corso nel circolo Arci o presso la biblioteca comunale del paesello. Si rivolgono a persone diverse, con diversi obiettivi, eccetera. (E hanno anche costi molto diversi). Possiamo provare a distinguere, o dobbiamo fare di tutte l’erbe un fascio?

  21. enrico Says:

    @ Giovanni. “i corsi di scrittura non servono a nulla”. Ti posso chiedere se il corso che hai fatto, e che ti ha così amaramente deluso, ti ha fatto scrivere e leggere cose che creavi lì per lì, o comunque testi tuoi? Questa del corso come (travestita) miniconferenza dell'”esperto” che ammannisce le sue opinioni è in effetti – a mio giudizio – un grosso fraintendimento…
    Aggiungo una cosa alla osservazione di Giulio in merito al commento di Lucio. Anche la Bottega molto orientata alla pubblicazione dei suoi allievi non è che – direttamente – li pubblica. Fa semmai da “cinghia di trasmissione”, utilmente, con il mondo editoriale – se ho ben capito. Insomma, in gradi diversi, un corso fa il possibile in quello che è il suo “campo specifico” (esercizio alla scrittura, stimoli alla riflessione, confronto su strategie narrative o stilistiche ecc.)… che non è (sbaglierò) quello del “pubblicare”… se mi consentite la metafora: il lago della “palestra di scrittura” non può essere commisurato con il “mare” della realtà editoriale, e l'”ex corsista” dovrà alzare le vele, poi, per lo più con le sue (si spera rinnovate e accresciute) forze…

  22. giovanni Says:

    @enrico: no, giusto 4-5 paragrafi di qualcosa che ci assegnarono una o due volte. Il laboratorio non era previsto. Sarebbe stato decisamente meglio avere un confronto sui propri testi. A fine corso dovevamo consegnare un racconto ci dissero (dall’inizio), poi non se ne è saputo più nulla.

  23. gian marco griffi Says:

    Ma insomma, Ser Mozzi, mi organizzi una bottega di narrazione ad Asti, preferibilmente di lunedì, che io ci vengo. Per la location: casa mia è disponibile, frego qualche sedia al golf. Non faccio pagare l’affitto.
    Forse pretendo un po’ troppo.

  24. Vincenzo Cucinotta Says:

    Secondo me, questi corsi a qualcosa servono, ed è a far passare tempo senza annoiarsi a chi ne ha troppo a disposizione.
    Certo, non capisco come possano servire ad imparare a scrivere a chi non lo sapesse fare da sè.
    Per scrivere, bisogna averci il talento, una cosa che io penso sia genetica, averci la situazione psichica, un certo tipo di vicende vitali dipendenti dal contesto in cui sei vissuto (quel qualcosa di interessante a livello umano su cui scrivere), e infine sicuramente anche della tecnica, ma per quella dovrebbe bastare la scuola per l’apprendimento dei fondamenti, e leggere leggere leggere (naturalmente roba di qualità, ovvio).

  25. enrico Says:

    @ Giovanni. Mi confermi in una convinzione che sto maturando via via; non è solo un fatto nominalistico; è meglio affidarsi in generale a un “laboratorio di scrittura” piuttosto che a un “corso”. In altre parole, l’aspetto laboratoriale di un “lavoro comune e di ciascuno” mi pare ineludibile; in questo campo, non concepisco tanto un “corso” SENZA “laboratorio” (come un corso di nuoto in cui non si nuoti concretamente)… l’altro aspetto è il tempo dedicato: se una persona fa con me un anno di lavoro, può aspettarsi un certo livello di approfondimento; se invece fa un seminario di sei ore, io non posso che fargli assaggiare due o tre pietanze, indicargli qualche orizzonte ma non di più…
    ciao. EE

  26. enrico Says:

    @ Vincenzo. Cucinotta Come spieghi che creative writing sia materia d’insegnamento universitario per i pragmatici americani?

  27. giovanni Says:

    @enrico: L’America non è paragonabile all’Italia. È tutta un’altra storia. In USA e UK ci sono bravissimi autori. Lì è quasi normale… certo, saranno anche di più demograficamente parlando, però a loro non manca l’ABC. In Italia la cultura è perdita di tempo e infatti poi nascono tante situazioni strane in cui chi investe nella cultura lo fa in un modo tutto particolare.
    Il corso che ho fatto io era pubblicizzato come “laboratorio”. 🙂

  28. Giulio Mozzi Says:

    Vi invito a considerare le domande dalle quali è partita la discussione.

  29. Giulio Mozzi Says:

    Giovanni, se “i corsi di scrittura non servono a nulla”, a che cosa servono le lezioni che pubblichi nel tuo blog?

  30. Vincenzo Cucinotta Says:

    @Enrico
    Non so, credo che bisognerebbe chiederlo a loro, a coloro cioè che l’organizzano, spero che tu non voglia considerare questo un argomento.

    Scusa Giulio per l’OT, ora mi taccio.

  31. giovanni Says:

    @Giulio: A nulla. Sono solo considerazioni su argomenti noti. Io non sono nessuno per tenere corsi. Scusa se sono uscito fuori argomento. Rientrando nella discussione: il prezzo di un corso dipende da troppe variabili affinché possa essere univoco.

  32. Giulio Mozzi Says:

    E infatti, Giovanni, mi pare che nessuno qui parli di cose tipo un “prezzo unico” per i corsi.

  33. enrico Says:

    Un altro aspetto Giulio del “prezzo giusto” mi pare sia quello della sua “composizione”: ovverosia: la struttura che mi ospita come docente ha delle spese da sostenere (amministrazione, affitto dei locali, riscaldamento, elettricità ecc.); in secondo luogo mi deve pagare (e io vengo pagato in genere dalle 13 euro alle 30 all’ora suppergiù). Quindi, ecco che il committente, facendo i suoi calcoli, fa una proposta; ne parliamo insieme e se le cose funzionano si parte. (C’è inoltre un “prezzo” che rischia di essere talmente fuori mercato rispetto al “prezzo” medio di un laboratorio/corso, che è meglio tenere conto dell’andamento generale…).
    Devo dire che in questo contesto, il discorso dell’obiettivo (che io dovrò raggiungere, che mi pongo e che sottopongo ai miei allievi) è sufficientemente secondario, cioè è relativo a fattori “altri” rispetto al discorso “prezzo” (per esempio alla durata del laboratorio o alla composizione del gruppo e così via). Per me, l’obiettivo è – quasi sempre, per un laboratorio di media o lunga durata – un reading pubblico (ora più complesso, con attori e musicisti, ora più “semplice” e basic). Dare uno sbocco concreto al lavoro fatto in classe mi pare cosa buona e giusta. Ultimamente in una struttura pubblica, un allievo ha ottenuto di far stampare un “libriccino” con i testi migliori prodotti in classe dai partecipanti al laboratorio. In un altro caso: lavorando in una scuola di teatro, mi sono fissato l’obiettivo di collaborare con i “colleghi” attori per giungere alla composizione di una pièce teatrale…
    EE

  34. Elena Says:

    I percorsi di alta formazione professionale in ogni ambito costano moltissimo e sono frequentati da professionisti disposti a investire sull’aggiornamento. Il problema mi sembra l’atipicità dello scrivere: per molti “scrittori” inediti quello letterario non è un mestiere, ma un vizio coltivato con discreta (e per lo più salutare) diffidenza. Non aiuta l’aleatorietà del risultato (per chi è inedito, direi, essere edito, prima o poi) che non dipende dal corso, concorso, festival.

    Il dopolavoro dovrebbe avere prezzi da dopolavoro (dunque, oggi, modesti), l’alta formazione legittimamente esige altri prezzi, ma il target qual è?
    A differenza di quel che accade a cuochi, ballerini, architetti, ecc., i professionisti della scrittura di solito, mi pare, al più tengono corsi, non li frequentano per specializzarsi/aggiornarsi. Così talvolta anche romanzieri/poeti editi per pochi intimi e magari a proprie spese.
    Certo qualcuno può pagare anche molto per guadagnare maggior consapevolezza artistica o per dare un’occasione di visibilità ai suoi scritti, ma deve crederci davvero molto, convincersi che quella sia la strada più giusta, avere disponibilità di tempo e denaro da investire eventualmente anche a fondo perduto (nessuno può garantire nulla). A meno che non sia in età/condizione da immaginare un futuro comunque ipotetico in un presente senza troppi vincoli o responsabilità.
    Se il prezzo giusto è il punto d’incontro tra l’esigenza di chi offre e la disponibilità di chi paga, ci sono stati tempi migliori per tutti.

    Sul Festival dell’inedito, mi resta qualche perplessità legata alle dimensioni dell’operazione, che genera un dubbio alimentato da alcuni scrittori di fama come Michela Murgia. E’ giusto che i costi dell’edizione siano a carico dell’autore anziché dell’editore? C’è qualcuno che pensa di far cassa sulle velleità di aspiranti scrittori?

    Se, in tempi di vacche magre, di formazione si occupa (remunerata) l’industria editoriale (anche in forme mediate), l’autore “in formazione” o “in fase di selezione festivaliera” è uno stagista costretto a pagare per il proprio stage o per la selezione senza garanzie di contratto? Un po’ atipico.

  35. Carlo Capone Says:

    Leggo che non pochi asseriscono che i corsi di scritura non servono a niente. Sentite, se sai menare le mani e senza aver mai messo piede in palestra sei certo di vincere, tu le prendi, è Cassazione.

    Ma leggete anche un po’, per la marina, andate a leggervi, per favore, “Quando vi ucciderete, Maestro?”.

    Quanto al prezzo, sceglierei – si fa per dire, ho frequentato per 6 anni la migliore scuola di scrittura di Milano, e gli ultimi due non vollero che pagassi, bontà loro – in base al desiderio dei Maestri di insegnare scrittura creativa. Non c’è niente di meglio per uno studente di avere un prof che ami con sincera passione ciò che intende trasmettere. E’ l’empatia, dear Giulio, che fa la differenza, non soltanto i soldi che, a giusto diritto, si incassano.

  36. enrico Says:

    eh Carlo… sei anni di corso di scrittura (Miorelli/Feltrinelli? Sono curioso…), proprio come un’analisi, lunghetta… però di solito un’analisi costa di più, un po’ di più (riflessione aggiuntiva per non essere OT)

  37. Giulio Mozzi Says:

    E’ vero che il corso “Miorelli/Feltrinelli” è la “migliore scuola di scrittura di Milano”?
    Perché le altre sono peggiori?

  38. enrico Says:

    Su “Miorelli/Feltrinelli”, di cui ho frequentato una sessione, ho i miei bravi dubbi: 1) serie di microconferenze più che corso o laboratorio, 2) una partecipazione talmente alta in termini numerici che rendeva impossibile agli “utenti” lavorare con continuità (e costrutto) sui propri testi, 2b) l’alto numero di iscritti rendeva difficoltoso creare un gruppo di lavoro affiatato e interagente, 3) ho assistito a una “stroncatura” di un testo di un allievo che mi è sembrata un filo poco deontologica, persino imbarazzante (ci sono cose che mi è difficile dimenticare)…

  39. francesco Says:

    il soldi suppliscono il carisma?
    è una supplenza a tempo determinato?
    tranne che …
    ecco, anche questa sospensione della realtà. la possibilità di un riconoscimento esterno da parte di professionisti, ha un prezzo che potrebbe fruttare per far nascere relazioni.
    l’iniziativa di Firenze però ha un taglio fieristico, tipo sagra del cioccolato. questo mi metterebbe a disagio, e i sorrisi e le strette di mani potrebbere essere motivate solo dalla circostanza.

  40. Carlo Capone Says:

    Giulio Mozzi scrive: “E’ vero che il corso “Miorelli/Feltrinelli” è la “migliore scuola di scrittura di Milano”?
    Perché le altre sono peggiori?”

    non posso risponderti, visto che la seconda delle affermazioni è mia, in quanto la tua domanda è posta in modo errato.

  41. Giulio Mozzi Says:

    Carlo, hai scritto di aver frequentato per 6 anni la migliore scuola di scrittura creativa di Milano. Potresti dirci
    – quale scuola è,
    – quali sono le caratteristiche che la fanno essere migliore delle altre,
    – perché le altre le sono peggiori?

  42. Carlo Capone Says:

    Giulio, ho frequentato dal 2000 al 2005 ( dunque le mie valutazioni si riferiscono a quel periodo, e il tuo quesito, formulato al presente, sul perchè le altre ‘sono’ peggiori non può ricevere risposta ) la scuola di scrittura di Bruna Miorelli e Rosaria Guacci. Che fino al 2002 fu condotta da entrambe (i corsi si tenevano alla libreria Rizzoli in Galleria, poi alla libreria Tikkun in Solari), da quell’anno in poi dalla sola Miorelli ( i corsi si tenevano alla Feltrinelli di Piazza Piemonte e poi di nuovo alla Tikkun). Il nome dellascuola è variato nel tempo, e penso che sia inutile riportarli.
    Di quei corsi, e della mia frequenza, so bene che sei al corrente, e devo pensare che i quesiti da te posti siano a beneficio degli attuali lettori di vibrisse.

    Le caratteristiche che a mio giudizio la ‘facevano’ essere migliore delle altre erano la qualità, la caratura, l’esperienza letteraria e la competenza degli insegnanti. Essi furono, sperando di non dimenticarne qualcuno, il che mi rincrescerebbe:

    Guacci
    Miorelli
    Centovalli
    Gelli
    Franchini
    Covito
    Scarpa
    Rollo
    Marchi
    Voltolini
    Parazzoli
    Turchetta
    Grimaldi
    Bianchi
    Morazzoni
    (uno bravo bravo, docente universitario ed esperto di letteratura sudamericana, legato alla editrice BESA, che ho ascoltato un paio di volte alla Feltrinelli, nell’ottobre del 2002, restando colpito da alcune sue osservazioni su un racconto di Iside Baldini, una bravaallieva. Mi scuso ma non ricordo il nome)

    Quanto alle altre scuole, non erano peggiori (restando nell’accezione da te usata) ma semplicemente meno migliori, a mio giudizio. Per le motivazioni su esposte.

    A titolo di curiosità, nel 98 ho frequentato la scuola di Laura Lepri, presso il teatro Verdi, dove pure assimilai preziose dritte sulla tecnica narrativa. Fu nel febbraio/marzo del 98 che ebbi modo di seguire, al Verdi, un giovane e accigliato Giulio Mozzi.
    Mai sentito nominare, fino ad allora.

  43. Lucio Angelini Says:

    A distanza di tanti anni, Laura Lepri ha assegnato a Giulio Mozzi il premio Settembrini:-)

  44. Carlo Capone Says:

    Settembrini? e chi è, il celebre patriota napoletano dell’800? comunque già allora mostrava gran trasporto per ello Mozzi.

    Fu in quel periodo del Verdi che una mia ottima amica, che ora è tornata ad abitare dalle parti di venezia, mi fa: “Vai a scuola di scrittura dalla Laura? ma sai che è stata la madrina di battesimo di mio figlio? salutamela.”. Me ne scordai bellamente e alla lepri non lo dissi mai.

  45. Giulio Mozzi Says:

    Non Laura Lepri, Lucio, ma una giuria composta da più persone; tra le quali Laura Lepri.
    Invito a leggere questo capoverso del mio libretto “Consigli tascabili per aspiranti scrittori” (Terre di Mezzo):

    6. Che cosa sono le agenzie di servizi editoriali?

    Non sono agenti letterari. Sono agenzie che offrono agli autori e agli editori (ma soprattutto agli editori) alcuni servizi: lettura e valutazione di opere letterarie, traduzione, revisione di traduzioni, redazione, editing, impaginazione, correzione di bozze, ricerche bibliografiche e iconografiche, e altro.
    C’è una zona grigia nella quale le agenzie di servizi editoriali sembrano confondersi con le agenzie letterarie. Ma gli agenti letterari veri e propri non offrono servizi editoriali.
    Proposte come «Per 500 euro (o 1.000, o 1.500) facciamo l’editing del tuo romanzo» sono insensate, perché l’editing è un’attività propria dell’editore: e ogni editore la fa a modo suo. Potreste trovare un editore per il quale il vostro romanzo di tremila pagine andrebbe almeno dimezzato, e un editore per il quale tremila pagine vanno benissimo (e magari si fa anche il cofanetto). Un editing al buio, senza un editore almeno interessato, è cosa che non si fa.
    Una scheda di presentazione di un romanzo scritta da un’agenzia di servizi editoriali non conta (ma costa!) più di una scheda di presentazione scritta dall’autore. Una scheda scritta da un’agenzia letteraria che ha deciso di non rappresentare l’autore significa, per un editore, che l’autore non è interessante (è ovvio, no?).

    Avete letto? Bene. Ora andate a guardare il sito di Laura Lepri. Come vedete, i servizi che “Laura Lepri Scritture” offre sono, in parte, quei servizi che io ritengo “insensati”.
    Questo è lo scambio di favori tra me e Laura Lepri.

    Aggiungo qualche altra informazione. L’editore del mio libro “Sono l’ultimo a scendere”, Mondadori, mi aveva iscritto al Premio Settembrini (edizione 2010): mandando però le copie in ritardo. Fui quindi escluso. (Nessuno mi disse niente).
    Tuttavia, il Settembrini – diversamente da altri premi – ammette al concorso titoli pubblicati negli ultimi due anni. E allora un giorno, ai primi di giugno del 2011, mi telefona una signora dal Premio Settembrini e mi dice: “Lei è rimasto fuori l’anno scorso” (e mi spiega tutta la storia). “Se vuole, può rientrare in lizza quest’anno. Però, siccome il numero dei giurati è aumentato, servirebbero altre quattro copie del libro”. Se non ricordo male, era un giovedì: e le quattro copie dovevano arrivare al Premio entro il successivo lunedì.
    Ringrazio; scrivo a Mondadori. Mi rispondono che non hanno copie del libro sottomano, che non ce la fanno a spedirle in tempo.
    Compero due copie da Ibs e due da Amazon, e le faccio consegnare direttamente alla sede del Settembrini.

    Il 29 ottobre 2011 vengo premiato. Vinco sia il premio della giuria tecnica (8.500 euro) sia il premio degli studenti (2.500). La giuria tecnica era composta da Tiziana Agostini, Mario Baudino, Michelangelo Bellinetti, Laura Lepri, Giancarlo Marinelli e Giorgio Pullini (presidente). La giuria degli studenti era composta da otto studenti (che hanno coinvolto nella scelta le classi alle quali appartengono: se non ho capito male).

    Qui ci sono le motivazioni, l’elenco dei partecipanti eccetera.

  46. Carlo Capone Says:

    A scanso di equivoci.
    Fino al post di Lucio di stamattina, non sapevo manco lontanamente che esistesse un premio Settembrini, nè pertanto che potesse averlo vinto Giulio Mozzi e che nella giuria del premio ci fosse la signora Lepri.
    Come è noto forse a due o tre, sono ormai totalmente fuori dall’ambiente letterario e editoriale (e un pochetto mi dispiace), primo perchè occupato a far soldi e a far carriera, secondo perchè le mie soddisfazioni letterarie le ho avute e tuttora le ho, e terzo perchè scrivere per me è un tormento, e il pensare che dopo tutta quella fatica debba poi affrontare gli editori mi sconsiglia dal re-intraprendere. Senza offesa per nessuno, of course.

  47. Giulio Mozzi Says:

    Però, Carlo, la differenza tra “peggiore” e “meno migliore” mi sfugge. 🙂
    Ma basta la lista degli ospiti per far buona una scuola?

  48. Lucio Angelini Says:

    @giulio. non ho mica detto che laura e tiziana ti premiarono solo perché tue conoscenti (con laura, poi, vari scambi a livello di corsi di scrittura creativa, magari via Annalisa Bruni). Probabilmente, visto che il concorso riguarda le sole raccolte di racconti (in cui eccelli), i tuoi erano davvero i migliori. Hai letto troppe cose nella mia battuta.

    P.S. Quando al premio partecipò “Quel bruttocattivo di papà Cacciari!”, non lo cagò nessuno, forse perché edito dalla microcasa edizioni Libri Molto Speciali anziché Mondadori. Eppure erano racconti straordinari…:-)

    http://www2.regione.veneto.it/cultura/attivita_culturali/settembrini/statistiche-2000.htm

  49. Lucio Angelini Says:

    @carlo capone. Dici “Fino al post di Lucio di stamattina, non sapevo manco lontanamente che esistesse un premio Settembrini”. Sono proprio i premi poco conosciuti ad aver bisogno di grossi nomi e grossi editori, per brillarne di riflesso:- ) Tiziana Agostini, peraltro, è assessore alla cultura del Comune di Venezia, magari la sua opinione al Premio interessa*-°

  50. Carlo Capone Says:

    Argh, il posting non ha funzionato e si è cancellato tutto. Riscrivo.

    Giulio, peggiore e meno migliore sono lo stesso. Devi prendertela con le mie carenze affettive se associo peggiore a qualcosa di negativo. In effetti, così come fatto da te, è usato nella sua accezione corretta, ineccepibile.

    La lista degli ospiti di per sè non significa nulla. Però, se collegata alle motivazioni riportate più in alto nel mio commento, acquista un suo peso specifico. Poi, per la carità, io oggi mi sentirei tranquillamente in grado di tenere lezioni a un corso di scrittura creativa. Pensa ciò che vuoi.
    Volendo restare nell’ambito delle dù chiacchiere, di entrambe quelle scuole io ho ricordi importanti e in maggioranza bellissimi. Sempre, sempre, vi ho assorbito concetti, a volte dritte fornite in chiaroscuro, che sentivo ‘miei’, perchè io per primo li avevo sperimentati su me stesso mentre scrivevo.

    Ah, se ti capitasse di incontrare qualcuna delle persone di quella lista, ti prego di portare i miei saluti. Qui da me per tutti un posto ci sarà sempre, e non solo nella camera per gli ospiti di casa mia.

  51. Lucio Angelini Says:

    P.S. Ho ripreso alcuni commenti qui:

    http://lucioangelini.wordpress.com/2012/04/23/dialoghetto-al-miele-amaro-di-corbezzolo-con-giulio-mozzi-sul-premio-settembrini/

  52. Giulio Mozzi Says:

    Lucio, la risposta alla tua battuta è:

    Non Laura Lepri, Lucio, ma una giuria composta da più persone; tra le quali Laura Lepri.

    Se pensi che tutto il séguito del mio post risponda a te, sei proprio egocentrico. 🙂

  53. Lucio Angelini Says:

    Egocentrico io? Vorrai scherzare. Sono noto per il mio basso profilo, invece:-). Semplicemente mi interessava riportare nel mio blog l’utile distinzione tra agenzie letterarie e agenzie di servizi editoriali.

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