Posso capire, ad esempio, che un governo capace di portarsi a casa i voti di metà più uno degli italiani dica: “Faccio quel che mi pare giusto fare, siano o non siano d’accordo questi e/o quelli”.
Posso capire, anche se lo capisco un po’ meno, che un governo capace di portarsi a casa i voti di metà più uno degli italiani che hanno effettivamente votato dica: “Faccio quel che mi pare giusto fare, siano o non siano d’accordo questi e/o quelli”.
Faccio fatica a capire, faccio davvero fatica, che un governo capace di portarsi a casa, grazie ai meccanismi di una legge-porcata, la metà più uno dei parlamentari che stanno in Parlamento dica: “Faccio quel che mi pare giusto fare, siano o non siano d’accordo questi e/o quelli”.
Ma un governo che non ha mai affrontato la prova delle elezioni; che ha una maggioranza parlamentare schiacciante ma (lo dicono loro) concessa dai partiti solo per “senso di responsabilità”, e senza condivisione di ciò che il governo va facendo (benché, e questo è curioso, questo governo stia facendo esattamente ciò che il governo precedente aveva spesso proclamato di voler fare, e mai aveva nemmeno accennato di fare davvero; e stia facendo esattamente ciò che l’opposizione precedente aveva spesso proclamato di osteggiare, e ora non accenna a osteggiare dvvero); questo governo, come può dire: “Faccio quel che mi pare giusto fare, siano o non siano d’accordo questi e/o quelli”?
Risposta alla domanda: può, perché per quindici anni il conflitto (che è cosa naturale) è stato stigmatizzato ossessivamente; così che ora si può sostenere che il bene della nazione non sta nel comporre e risolvere i conflitti, ma nell’eliminarli. Il prossimo passo, presumo, sarà vietarli. (giuliomozzi)
3 febbraio 2012 alle 18:24
Esatto. Questo governo sta facendo quello che il precedente avrebbe voluto ma non poteva fare.
Con un aggiunta. Fa una politica di destra con un linguaggio che un tempo fu quello della sinistra giovanile (sedentario è palloso, nomade è meglio).
Come è possibile? Forse qualcuno (che non lo ammetterebbe mai) ha fatto la parte dell’utile idiota. Come cerco di spiegare qui:
http://valterbinaghi.wordpress.com/2012/02/03/il-68-dove-non-te-laspetti/
3 febbraio 2012 alle 18:25
Non ci sarebbe questo problema se chi è sottomesso alla legge e incaricato di applicare le norme, non le stravolgesse a seconda di criteri imprevedibili. Da una parte o dall’altra, chissà come, si finisce sempre lì. Perché il problema non è il conflitto, è vero, non è la legge, ma l’arbitro. Non giova a nessuno avere un arbitro che non è un potere neutro, come previsto, che è soltanto teoricamente sottomesso a quello che dovrebbe, e che invece sia portato a comportarsi generalmente “contro” qualcosa o qualcuno. Non è che gli si chieda passività, ma di comportarsi come fanno altri arbitri in qualsiasi paese democratico. Se non è in grado di fare quello che deve fare, e limitarsi a quello, da solo, allora la smetta di pretendere di essere incontrollabile e sia abbastanza umile da ammettere che il suo lavoro non comprende amministrare, governare, legiferare, e che le sue azioni di “giustizia solitaria”, non avendo alcuna strategia, non possono che essere controproducenti. La flessibilità e l’astrattezza con cui i nostri arbitri pensano al loro ruolo, nuocciono al funzionamento di qualsiasi cosa che, invece, altrove funziona.
3 febbraio 2012 alle 18:35
Mi riferisco al fatto che il problema non è l’art.18, le leggi che tutelano il lavoro, ma l’interpretazione che gli arbitri hanno dato sulla “giusta causa”, comportandosi come quei sindacalisti miopi che danneggiano tutti i lavoratori per proteggere qualche furbetto.
3 febbraio 2012 alle 20:03
No, Giacomo: direi che il problema è proprio il conflitto. Ma il mio è il punto di vista del rètore.
Potresti dire chi sono esattamente “quei sindacalisti miopi che danneggiano tutti i lavoratori per proteggere qualche furbetto”?
3 febbraio 2012 alle 20:33
Già un governo tecnico di per sè ha poco di demoratico.
Se poi un ministro di questo governo sostiene di essere intenzionato a fare determinate riforme con o senza accordo con le parti interessate, a me sembra che siamo arrivati al capolinea della democrazia.
3 febbraio 2012 alle 20:47
Antonio, per il senso comune la democrazia è diventata un fastidio. Conta la governance.
3 febbraio 2012 alle 23:15
Quando un paese è quasi fallito economicamente (e l’ italia, come la grecia, è stata sul punto di fallire miseramente, pochi mesi fa) non decide più nulla: quando papandreu ha provato a dire “facciamo un referumdum per vedere se i cittadini greci vogliono restare nell’ euro….” il giorno dopo è stato costretto a dimettersi. al suo posto hanno messo un omino alla goldman sachs, come monti.
Siamo, semplicemente, un paese commissariato.
3 febbraio 2012 alle 23:23
“inviterei tutti a non pensare necessariamente a un proprio futuro in Italia, come credo che un americano non pensi necessariamente al proprio futuro in America”, ha detto Mario Monti nel corso di un’intervista. “Suggerirei di fare tranquillamente la scuola in Italia, di cercare degli stage durante l’Università all’estero, in aziende o altre università, e poi un periodo di specializzazione anche quello magari all’estero”.
Mario monti- presidente del Consiglio.
4 febbraio 2012 alle 09:13
Se la Democrazia sopravviverà penso che questi anni dovranno essere attentamente studiati e analizzati come esempio di ‘sopruso’ strisciante o, se vogliamo, di moderne tecniche di golpe soft. Quello che sta accadendo è enorme, interi popoli, culla della civiltà occidentale ridotti a stracci dal cosiddetto mercato globale.
4 febbraio 2012 alle 09:27
Io non vedo, in politica, alcun conflitto; alcun conflitto effettivo, intendo. Vedo gente che anima trasmissioni di cosiddetto dibattito, finge di litigare, mima appunto un eterno conflitto, ma alla fine siede fianco a fianco in un parlamento dove il posto non solo è fisso, ma assorbe risorse al paese onesto e dinamico. Vietare il conflitto, paradossalmente, sarebbe la strategia più adatta per farlo effettivamente affiorare.
4 febbraio 2012 alle 17:24
Dopo molti anni e prolungate constatazioni sono arrivato al punto di dire che l’Italia e un regime democratico serio non sono concetti tra loro associabili. L’Italia è bella, ci sta ò sole, ci sta ò mare, ma ci stanno pure una mezza dozzina di decine di milioni di abitanti furbi senza astuzia (cioè, da ultimo, completamente cretini) che, per sangue levantino o per ragioni storiche preterite, tirano a campare cercando di sgambettarsi, percuotersi, truffarsi, minchionarsi, uccidersi, imbonirsi l’un l’altro senza tregua. Fate un semplice esperimento: lasciate una nazione in mano a questa pletora di cialtroni, tornate dopo 150 anni e diteci che cos’avete trovato…
Le uniche vie di scampo sono o riporre la propria fiducia nei nuovi italiani (ossia i figli di immigrati di terza o quarta genazione) o lasciarci governare, più o meno surrettiziamente, da paesi democraticamente maturi, amministrativamente preparati e moralmente maggiormente irreprensibii (già, così facendo, le ingerenze sraniere sono finalmente riuscite a levarci dai santissimi il ben noto ex-piazzista di aspirapolveri, fatto che da noi soli mai saremmo rusciti a raggiungere..)
5 febbraio 2012 alle 09:51
Pierluigi: “sangue levantino”? E’ dunque un problema razziale?
5 febbraio 2012 alle 11:39
“Piccoli regni con pochi abitanti: arnesi da lavoro in luogo d’uomini (sian dieci o cento) il popolo non usi. Tema la morte e fuori non emigri. Se anche vi son navigli e vi son carri, il popolo non tenti di salirvi; se anche vi son corazze e vi son armi, mai e poi mai le tiri fuori il popolo. E ritorni ad usar nodi di corda; e trovi gusto in cibi e vesti suoi; ed ami la sua casa, i suoi costumi. Se stati vi vedessero vicini tanto che cani e galli se ne udissero, invecchino così, fino alla morte quei due popoli: senza alcun contatto.”
(Lai Tse – Tao te King, 80)
5 febbraio 2012 alle 14:41
@ giuliomozzi: non direi razziale, anche perchè le razze umane scientificamente non esistono. Direi piuttosto un problema antropologico (il che comprende aspetti etnici, storici, culturali, etici, etologici, identitari, climatici, etc). Non dico che l’Italia non abbia mai prodotto una figura pubblica stimabile, è che purtroppo essa, quando c’è, si vede costretta ad affogare e sparire nel putrido maremagnum che le fa da contorno. Sogno gli Stati Uniti d’Europa, come una federazione di stati con un unico esecutivo: se vi è un italiano che merita verrà eletto, ma il resto della struttura politica del Belpaese dovrà conformarsi a rigorosi canoni sovranazionali. Anche le Hawaii o l’Alabama da sé soli forse non saprebbero gestirsi poi così bene, eppure, sotto controllo e direttive centrali, vanno come un biscottino, al pari degli altri stati membri dell’Unione…
6 febbraio 2012 alle 10:29
“per quindici anni il conflitto (che è cosa naturale) è stato stigmatizzato ossessivamente”
E’ naturale sempre e comunque? Anche quando produce guerre? Oppure esiste una gradualità, un “eccesso” di conflitto?
E se esiste: come può una democrazia ridurlo a livelli accettabili?
6 febbraio 2012 alle 19:00
per uscire dalle secche dove eravamo finiti, c’è stato bisogno di un governo che non ha neppure la parvenza di democrazia. Perchè l’Italia un regime democratico maturo non riesce a darselo. Siamo un popolo che Franza o Spagna basta che se magna, del senso dello stato non frega niente a nessuno, della ricaduta sui nostri figli dei nostri errori ancora meno. Come fa un governo democraticamente eletto a fare una politica di sacrificio rispondendo ad un popolo cosi?
7 febbraio 2012 alle 08:18
Andrea: da quando in qua “ridurre” un conflitto è bene? Se io sono in conflitto col mio datore di lavoro perché mi paga troppo poco, dovremmo cercar di “ridurre” il conflitto? Magari al datore di lavoro conviene, ridurlo. A me proprio no.
Pierluigi: e dunque, se non vuoi farne una questione di razza, se giustamente dici che “le razze umane scientificamente non esistono”, perché tiri in ballo il “sangue levantino”?
Scrivi: “Non dico che l’Italia non abbia mai prodotto una figura pubblica stimabile, è che purtroppo essa, quando c’è, si vede costretta ad affogare e sparire nel putrido maremagnum che le fa da contorno”.
Puoi fare uno, due, tre esempi?
7 febbraio 2012 alle 11:12
Giulio: sei disposto a pagare un killer per comporre il conflitto?
La democrazia non è forse (anche) un modello di gestione della conflittualità interna ?
7 febbraio 2012 alle 16:43
Sangue levantino è una metafora da romanzo ottocentesco, che vuole segnalare le caratteristiche cui accennavo in un seguente intervento.
Quanto alla seconda richiesta, così, su due piedi, mi viene in mente giusto Garibaldi…
7 febbraio 2012 alle 18:15
@Antonio. Veramente il parlamento approva queste leggi. E sono stati i partiti che sostengono il governo a scegliere di non entrare, non è colpa di Monti.
7 febbraio 2012 alle 18:42
Andrea: sì, la democrazia è un modello di gestione della conflittualità interna. Non ha lo scopo di ridurre il conflitto, ma di dargli un luogo (es. il Parlamento) nel quale aver luogo.
No, non ho in atto conflitti tali che richiedano l’azione di un killer. (Che poi costerà, e io non ci ho mica tanti soldii).
Pierluigi: eh, ho capito che con “sangue levantino” volevi dire quel che hai esplicitato poi. Che però mi pare sia tutt’altro.
8 febbraio 2012 alle 19:18
Oggi, mentre ero alla ricerca in Rete di approfondimenti sulla legge 180, mi sono imbattuto in una frase di Franco Basaglia che mi ha ricordato il tema qui trattato.
Trascrivo la frase come piccolo contributo al dibattito:
“Un potere che agisca su una comunità deve tendere a mantenere in atto uno stato di conflitto per rispettarne ogni singolo membro. Ogni potere che tenda a eliminare le resistenze è arbitrario e distruttivo”.