di giuliomozzi
Domenica 12 e la mattina di lunedì 13 giugno 2011 si vota per quattro referendum. I seggi saranno aperti dalle 8 alle 22 di domenica 12 e dalle 7 alle 15 di lunedì 13.
Due riguardano la cosiddetta “privatizzazione dell’acqua”. Il primo referendum chiede l’abrogazione delle norme che stabiliscono come modalità ordinaria di gestione del servizio idrico l’affidamento a soggetti privati attraverso gara o l’affidamento a società a capitale misto pubblico-privato, all’interno delle quali il privato sia stato scelto attraverso gara e detenga almeno il 40%. Il secondo referendum chiede l’abrogazione di quel comma del Codice dell’ambiente che stabilisce che la tariffa per il servizio di fornitura dell’acqua sia determinata sulla base dell’“adeguatezza della remunerazione del capitale investito”. In sostanza, chi vota sì al primo referendum desidera che i servizi di fornitura dell’acqua vengano gestiti da società pubbliche o comunque con presenza minoritaria di soci privati; chi vota sì al secondo referendum desidera che il prezzo dell’acqua sia determinato dall’interesse collettivo e non dal profitto. Chi vota no al primo referendum, invece, desidera che i servizi di fornitura dell’acqua siano gestiti da società miste a capitale pubblico e privato, con una presenza dei privati forte (e con la possibilità di una loro presenza maggioritaria); chi vota no al secondo referendum desidera che l’ente pubblico non spenda soldi per mantenere basso il prezzo dell’acqua.
Il terzo referendum chiede l’abrogazione delle norme che consentono la produzione di elettricità con centrali elettriche nucleari. Mi pare evidente che cosa desideri chi vota sì, e che cosa desideri chi vota no.
Il quarto referendum chiede l’abrogazione di alcune norme in materia di “legittimo impedimento” del presidente del Consiglio dei ministri e dei ministri a comparire in udienza penale come imputati. In sostanza, chi vota sì desidera che il presidente del Consiglio dei ministri e i ministri non possano essere considerati “legittimamente impediti” a comparire in udienza come imputati quando sono impegnati in attività relative alle loro funzioni istituzionali; chi vota no desidera che gli impegni istituzionali del presidente del Cm e dei ministri possano essere considerati “legittimi impedimenti” a comparire in udienza come imputati. Va ricordato tuttavia che una sentenza della Corte costituzionale ha già modificato la legge originaria, stabilendo che a decidere se vi sia o non vi sia “legittimo impedimento” dev’essere la corte giudicante, e non l’imputato.
Più particolari nella voce in Wikipedia, che mi sembra ben fatta.
La mia opinione personale è:
– che sia sensato votare sì al primo referendum: mi pare che la legge, così com’è formulata, serva più a far incassare qualcosa una tantum alle pubbliche amministrazioni, ed eventualmente ad arricchire qualche grande elettore, che a garantire un miglior servizio. Ed è comunque vergognoso che una norma strutturale di così grande rilievo sia stata infilata in un decreto contenente un coacervo di misure “urgenti”.
– che sia sensato votare sì al secondo referendum: mi pare che il prezzo dell’acqua (nonché quello di altri servizi essenziali, come il trasporto pubblico) debba essere determinato più dalla pubblica utilità che dall’esigenza di profitto di misti o addirittura privati.
– che sia sensato votare sì al terzo referendum: non mi va che costruisca centrali elettriche a energia nucleare un governo confuso e clientelare come quello che abbiamo ora. Dopo vent’anni di buon governo potrei starci.
– che il quarto referendum abbia di fatto perso significato. Sono tentato di votare sì, perché credo che se un presidente del Cm è accusato di fare sesso a pagamento con ragazze minorenni, per il bene della nazione il processo debba essere il più rapido possibile (e, tra parentesi, spero che il fatto risulti inesistente). E sono tentato di votare no, perché penso che l’attuale blocco di potere debba essere fatto fuori nella cabina elettorale.
Tag: Referendum
7 giugno 2011 alle 08:49
Buono. L’ho copincollato altrove. Troppo pigro per scrivere una cosa mia. Tanto questa dice, quasi, le stesse cose.
7 giugno 2011 alle 09:09
Cosa ne pensi dell’azionariato popolare proposto dal presidente della Regione Toscana? Io credo che avere a che fare con il mercato azionaistico sia comunque pericoloso.
ml
7 giugno 2011 alle 18:02
Un articolo utile e importante. Come il raggiungimento del quorum di questo referendum.
7 giugno 2011 alle 18:14
Mi permetto di dissentire esclusivamente sulla scelta del SI in relazione al primo quesito referendario e, quindi, sulla conseguente volontà di abrogare l’art. 23 bis del D.L. 112/2008.
Spiego perchè.
Ho notato che la maggior parte delle persone è convinta, e i mezzi di informazione in questo non aiutano, che tale quesito riguardi la proprietà del “bene acqua” che da pubblico diverrebbe privato. Non è così.
La norma oggetto del referendum (appunto l’art. 23 bis del D.L. 112/2008) si limita a disciplinare le modalità di affidamento e di gestione del servizio idrico e di altri servizi pubblici locali di rilevanza economica quali la raccolta di rifiuti, il trasporto pubblico locale e altri servizi minori.
Più precisamente, l’articolo prevede il conferimento a soggetti privati di tali importanti servizi – i cui relativi beni rimangono pubblici: io non pago la strada ma pago il servizio di trasporto su di essa – attraverso lo strumento della gara, nel rispetto dei principi di economicità, trasparenza, imparzialità, efficacia e non discriminazione sanciti a livello europeo.
Ora, a mio avviso, in un paese come il nostro dove la gestione pubblica è spesso sinonimo di inefficenza e disservizio, sarebbe preferibile che la gestione di servizi pubblici locali di assoluta rilevanza venisse affidata a società private (o a società a partecipazione mista pubblico/privata) a seguito di una procedura concorsuale che garantisca l’individuazione del soggetto maggiormente qualificato e in grado di assicurare agli utenti (cioè a noi) il livello essenziale di prestazioni che spesso, invece, l’Ente Pubblico titolare del servizio non riesce ad assicurare perchè non ha i fondi necessari (non è un segreto che le nostre amministrazioni pubbliche sono, purtroppo, quasi tutte alla canna del gas).
Per queste ragioni, che possono benissimo non essere condivise, io propenderei per la scelta del NO in relazione al primo quesito.
Concordo, invece, in pieno sulla scelta del SI in relazione agli altri tre.
Spero di aver fornito qualche utile spunto di riflessione sul tema.
7 giugno 2011 alle 18:34
Alfonso, generalizzando un po’ (magari troppo) il fatto vero e proprio è che dove il pubblico è capace di essere efficiente (e, mi brucia dirlo, questo è di massima vero al Nord) non si capisce perché passare il servizio a privati che, dovendo spuntare anche un lucro, daranno un servizio uguale a costi maggiori. Viceversa, laddove il pubblico non riesce a essere efficace, efficiente, economico, ecc. ecc., nemmeno il privato lo è (nel Sud, sempre lì, mannaggia). Se dovessi votare sì, per trovarmi gli stessi disservizi a prezzo maggiorato non lo troverei tanto logico.
7 giugno 2011 alle 19:05
Mauro, io sono nato e cresciuto in Sicilia e da 11 anni vivo e lavoro a Milano.
Conosco, quindi, benissimo la differenza che c’è (purtroppo, povera Sicilia mia) nella gestione dei servizi pubblici tra Nord e Sud.
Ti assicuro, però, che anche al Nord non sono poi tutti così virtuosi e che spesso i capitali dei privati sono già entrati nelle società che gestiscono i servizi pubblici proprio per far fronte alle carenze (fisiologiche) degli Enti Locali.
Si tratta di una questione spinosa, di non facile soluzione.
Io ritengo, comunque, che l’affidamento a privati mediante gara (chi è più bravo vince) dia maggiori garanzie di efficienza.
Senza contare che se i soldi mancano è vero che il privato aumenta le tariffe, ma è altrettanto vero che il pubblico aumenta le tasse (da qualche parte i soldi si devono pur prendere).
Con la differenza, però, che il privato investe i soldi per migliorare il servizio (o perlomeno così dovrebbe essere), mentre il pubblico magari li utilizza per tappare altri buchi (scuole, assistenza agli anziani, ecc.) lasciando il servizio nelle stesse condizioni.
7 giugno 2011 alle 19:22
Be’, Alfonso, non è sempre vero che il privato reinveste nel servizio (e tu stesso usi il condizionale), così come è vero che alcuni introiti per tasse, tariffe ecc, sono a destinazione vincolata. Personalmente sono dell’avviso che un servizio pubblico meglio gestito (magari, sì, terziarizzando qualcosa) sia preferibile a qualsiasi gestione privata.
7 giugno 2011 alle 20:43
Alfonso, non sono d’accordo.
Io non credo che “in un paese come il nostro dove la gestione pubblica è spesso sinonimo di inefficenza e disservizio, sarebbe preferibile che la gestione di servizi pubblici locali di assoluta rilevanza venisse affidata a società private”. Cioè non credo che le società private siano garanti di maggiore efficienza rispetto agli enti pubblici. Soprattutto quando le società private non hanno un reale interesse a garantire una maggiore efficienza. Mi sembra un luogo comune, tra l’altro smentito dagli sprechi e dai disservizi di cui si sono rese responsabili alcune società private, proprio nella gestione degli acquedotti.
In generale, credo che i benefici del libero mercato si hanno quando c’è il libero mercato, cioè quando più soggetti concorrono nel tempo, non in un regime monopolistico.
Credo quindi di non dover esprimermi a riguardo sulla base di un luogo comune. Preferisco considerare i fatti. Io la penso così.
8 giugno 2011 alle 00:14
Alfonso, scrivi: Ho notato che la maggior parte delle persone è convinta, e i mezzi di informazione in questo non aiutano, che tale quesito riguardi la proprietà del “bene acqua” che da pubblico diverrebbe privato. Non è così.
E infatti non così presento la cosa nel mio articoletto.
8 giugno 2011 alle 09:37
Giulio, la mia riflessione era rivolta in generale ai mezzi di informazione e non riguardava il tuo articolo nello specifico.
Tu, infatti, non hai presentato la questione nei termini “acqua bene pubblico/acqua bene privato”, mentre tanti altri lo hanno fatto (alcuni miei amici, ad esempio, erano convinti che il nodo da sciogliere fosse proprio quello).
Capisco perfettamente, l’ho già scritto, come su questo specifico quesito possano esserci due distinte posizioni, entrambe, peraltro, assolutamente legittime.
La mia opinione, semplicemente, deriva dal fatto che per lavoro qualche volta ho avuto a che fare con enti locali che gestiscono servizi pubblici e mi sono fatto l’idea che i privati (o le società miste) – i quali rimarebbero, comunque, sotto il controllo e la vigilanza dell’amministrazione pubblica – sarebbero in grado di garantire una migliore gestione.
In ogni caso, sono contento che si sia accesso un piccolo dibattito su questo tema, perchè vuol dire che c’è la volontà di andare a votare (in un modo o nell’altro) e ciò mi fa ben sperare in relazione al raggiungimento del quorum.
Buona giornata a tutti.
8 giugno 2011 alle 10:30
Io, è vero, sono duro di comprendonio, ma ho sempre difficoltà a capire perché si stia a cavillare sul fatto che pubblica sia l’acqua e privata la gestione. Testone come sono, continua a sembrarmi che cambi davvero poco. E’ come dire: in astratto l’acqua è di tutti, ma di fatto il rubinetto è mio, quindi, se vuoi bere, paga me per il rubinetto. Fatto salvo che ognuno, in teoria, può scavarsi un pozzo in casa propria, in concreto, cosa cambia?
8 giugno 2011 alle 16:24
Qui, in Puglia, pare che l’acqua vada sprecata per il 50%, a causa delle condutture colabrodo. Se rimangono così le cose, è probabile che non si avrà acqua in futuro, neanche a pagarla cara. Se lo Stato avesse avuto voglia di mettervi riparo con i propri scarsi capitali, avrebbe già provveduto.
8 giugno 2011 alle 21:42
Il problema è che nessuno “ha voglia” di porre riparo al dissesto di un acquedotto, se non ci guadagna qualcosa direttamente o se la “voglia” non gliela fa venire una legge, a maggior ragione un’impresa privata. E mi risulta che, in questo caso, le società vincitrici della pubblica gara per la gestione dell’acquedotto non avranno di norma alcun vincolo in questo senso e che nessuno potrà davvero imporre loro di riparare acquedotti e fognature. Gli impegni contrattuali fra l’altro sono un vincolo relativo per le grandi società. Per questo il risultato più tangibile sarà probabilmente un aumento dei costi, a parità di servizio (e di disservizio). Questo significa, Felice, che in futuro potresti pagare di più per l’acqua che viene dallo stesso acquedotto, con le stesse perdite di oggi.
Insomma, non è solo una questione di principio.
8 giugno 2011 alle 22:13
Lavoro da circa venticique anni, sempre nel privato in tre diversi settori. Sono stato anche imprenditore in un quarto settore. Ho vissuto dall’interno in sei ditte diverse (oltre la mia) dalla microazienda alla grossa organizzazione a diffusione nazionale. Indirettamente (sempre per lavoro) ho messo il naso dal di dentro in decine di altre ditte, venendo a conoscenza di fatti e retroscena peculiari. Devo aggiungere che il tutto si è svolto nel profondo nordest dalla fine dei “meravigiosi” (vadelavialcul) anni ’80 e l’altrettanto “splendido” inizio di terzo millennio.
Raccontatela a qualcun altro, ma io alla luce della mia esperienza concludo che: una ditta privata può essere efficiente, brillante, socialmente responsabile ecc ecc così come può essere una banda di farabutti, delinquenti e mascalzoni dediti al raggiungimento del proprio profitto finanziario immediato, noncuranti della legge, del rispetto umano e di un minimo di coscienza nei confronti del futuro. Esistono ovviamente gli stadi intermedi
Pertanto nel merito della questione sollevata dal primo quesito, voterò SI , perché nei limiti imposti dal meccanismo referendario, quello che posso mandare come elettore è il segnale di tornare indietro, rispetto alla strada imboccata dalla legge oggetto del quesito.
Esistono alcune categorie di beni (e la relativa fruizione) che devono essere tutelati in un sistema economico protetto e non lasciati al libero mercato.
Sono convinto di questo perché la logica del profitto, che muove l’intervento privato massivo in un qualsiasi affare, non può garantire il profitto di tutti.
L’acqua in quanto bene primario e irrinunciabile è un qualcosa di cui la collettività deve farsi carico. Questo onere è alla base della pacifica convivemnza all’interno di una società. Se fosse un bene del quale si può fare a meno e la cui fruizione fosse una libera scelta, allora si potrebbe pensare di affidarlo al cosidetto “libero mercato”.
Lo stesso concetto va esteso all’aria e alla luce.
Non nego che esiste un problema economico pratico, di mancanza di fondi, ma so anche che quando serve, in una famiglia come in uno stato, i fondi si trovano, sempre che si abbia interesse a risolvere il problema.
8 giugno 2011 alle 22:57
Un ultimo dato. La fonte è dalla parte di chi dichiara di votare NO: “l’ammodernamento della rete idrica richiede una spesa di 60 miliardi di euro, gli enti pubblici non dispongono di tale cifra”.
La mia domanda è “per quale motivo, o in cambio di cosa, i privati dovrebbero investire 60 miliardi di euro?”
8 giugno 2011 alle 23:16
Daniele (Dm) scrive: “Il problema è che nessuno ‘ha voglia’ di porre riparo al dissesto di un acquedotto, se non ci guadagna qualcosa direttamente”.
Il consenso e i voti sono un guadagno. Questo si potrebbe forse far passare.
9 giugno 2011 alle 01:55
La spesa per sistemare un acquedotto o un impianto fognario è enorme. Se il dissesto riguarda la perdita di acqua o lo scarico in mare o in fiume, e non è quindi così visibile ai cittadini, il rimedio non rappresenta un guadagno in termini di consenso e di voti, mi sembra. Con gli stessi soldi si possono fare interventi più visibili e popolari. Diverso è il caso in cui il disservizio grava direttamente sul cittadino e non solo sull’ambiente (dove l’acqua pubblica è avvelenata dall’arsenico, dove gli scarichi fognari esondano.)
9 giugno 2011 alle 07:52
“Se il dissesto … non è quindi così visibile ai cittadini, il rimedio non rappresenta un guadagno in termini di consenso e di voti, …. Con gli stessi soldi si possono fare interventi più visibili e popolari.”
Ecco, direi che è esattamente così. Ed estenderei il discorso a tutti i servizi pubblici. La soluzione non è affidare tutto ai privati (che, talvolta, fanno un discorso solo apparentemente diverso e anche quando il discorso è diverso non è detto che i risultati siano poi davvero verificabili), ma un cambiamento di filosofia nella gestione del pubblico. Non è facile, perché prima occorrerebbero leggi veramente applicabili. Poi politici e funzionari che vogliano e debbano davvero applicarle. E, non guasta, un’utenza che rinunci a entrare negli uffici dalla porta di servizio per chiedere benefici che non spettano e che ad altri sono, giustamente, negati. Forse reintrodurre il giuramento sulla costituzione, all’atto dell’immissione in servizio dei pubblici dipendenti, non sarebbe poi sbagliato.