Mai fu stella al suo spegnersi più pura
Né più carnale al suo sfarsi morgana
Come l’ambiguo raggio
Del volto vostro perla fissa e dura
Che pur mi dà coraggio
E che mi fa paura
Però troppo castiga e meno ama –
Dunque a voi lascio il premio dei miei stenti
Se Minne altrove chiama
A voi confido stemma ed armatura
Viola e durlindana
Voi che foste mio bene e mia sventura
Se Minne pur non siete
Aprite il chiuso dove mi chiudete.
“Minne” è (più o meno) “il vero amore”. “Sfarsi morgana”: sfarsi come un miraggio, vedi.
Tag: Giovanni Giudici
26 luglio 2012 alle 13:49
Lei è stato un mio maestro, si ricorda che ci davamo del lei? anche se mi aveva preso come un figlio, ma teneva a questo riserbo reciprocamente riconosciuto, come all’amore per la scrittura, in lei così rigoroso, perchè meritava questo rispetto. e un dovuto amicale consenso . Lei mi ha insegnato che scrivere non è banale, e che scrivere ha i suoi gradini ldi cammino, a prescindere da ogni acculturamento, da ogni forma di apprendimento che ci è stato concesso. Lei mi ha insegnato che si scrive in forma umile, che si può usare quella o quell’altra parola, e farne i nostri modi, senza rinnegare o rinunciare alla parola, che si può plasmarla e darle suono, o disegno sulla carta scritta, che ogni parola ha una sua forma e un suo suono,una sua visione fonetica, come lei mi scrisse. E che la musica è già dentro quella parola. Dopo il suo incontro, la corrispondenza con lei, ho continuato a scrivere le mie cose, ma tenendo da allora sempre presenti e i preziosi i suoi suggerimenti Perchè come lei mi scrisse, con la sua estrema gentilezza, “non pretendo insegnarle, ma suggerirle alcune cose che a mia volta ho imparato” Grazie mio grande maestro. Giovanni. Nonostante il lei, ci chiamavamo per nome.