di giuliomozzi
[Una seconda stesura del medesimo sonetto, posteriore di quasi quattro anni, è leggibile qui].
Rosso e squamoso nel deserto vaso
il pesciolino gira e gira a vuoto
e ripercorre il suo sentier ben noto
mai da imprevisti o da sorprese invaso.
Mai nella vita egli incontrò l’ignoto,
mai fu turbato il viaggio suo dal caso:
uguale ogn’alba ad ogni uguale occaso,
il vano suo girar è un moto immoto.
Il sole, incatenato dal superno
potere alla sua ellissi, estate e inverno
produce a noi nel suo girar sul perno:
ma più assomiglia a quel vagare stanco
senza costrutto la mia vita (un bianco
angelo muto mi si stringe al fianco).
Per i più distratti: vedere qui. Per i più laici: sì, lo so, è la terra a girare attorno al sole. Chi fosse interessato a prendere sul serio questo sonetto, è pregato di cliccare sul pesce.
Tag: Giulio Mozzi
1 ottobre 2010 alle 19:02
Mi spiace, Giulio
1 ottobre 2010 alle 19:16
Giulio, è tanto che sei nei miei pensieri, e questa domanda ce l’ho da molto in punta alle dita. Mi hai risposto prima che te la facessi….
Vorrei però precisare che il pesce non è sempre stato nel vaso, l’ignoto lo ha conosciuto più volte (quando è nato, chissà dove, quando è arrivato dal negoziante, o al luna park, o dovunque fosse prima di finire nel vaso). E soprattutto non è detto che tutto per lui si limiti a girare inutilmente in tondo. La vita è piena d’imprevisti: potrebbe capitargli in acqua una mosca o un’altra ghiottoneria; potrebbe arrivargli una compagna (o un compagno); potrebbe vedere il suo spoglio ambiente arricchito da una preziosa conchiglia con cui giocare. Il pesce gira intorno, ma non si stanca mai di vivere.
Oh… dimenticavo: occhio al gatto, anche lui è una sorpresa possibile….
Un abbraccio
1 ottobre 2010 alle 19:38
E’ un bel sonetto. Proprio bello.
1 ottobre 2010 alle 23:28
be’, almeno non ti senti un pesce fuor d’acqua.
2 ottobre 2010 alle 06:59
a tutti accade, a ognuno
2 ottobre 2010 alle 07:29
Be’, è semplicemente una parodia. Quasi solo una parodia. giulio
2 ottobre 2010 alle 15:03
Provo a peggiorar la situazione (e il sonetto)
Verde e rognoso nell’umido fosso
il rospo salta solo a più non posso
cercando il luogo per mangiar l’insetto,
ma questo ha l’ali e lui fame poveretto
Rimane lì egli a bocca asciutta
incerto sul da farsi; e allora guada
per veder se vi fossero di pastasciutta
o di pane avanzi gettati sulla strada.
Il sole s’è eclissato ormai da un pezzo
e il rospo soddisfatto si rilassa
e non ripiglia lesto la via del prato.
Al calor dell’asfalto non è avvezzo
così dolce che riscalda tutta la sua massa;
ma un’auto passa e, plof!, si trova spiattellato.
2 ottobre 2010 alle 23:31
Mamma mia.
3 ottobre 2010 alle 08:58
E se tu la smettessi di mettere le cose importanti fra parentesi?
3 ottobre 2010 alle 09:08
Be’, l’ho messa alla fine. E’ pur sempre un posto di rilievo. g.
3 ottobre 2010 alle 18:32
Sonetto molto leopardiano. Bello e leopardiano.
4 ottobre 2010 alle 09:44
giulio, che memoria! (e che mal di testa…)
4 ottobre 2010 alle 09:56
Be’, i motori di ricerca aiutano.
1 agosto 2014 alle 20:15
Mi rifiuto di credere che l’abbia scritto Giulio Mozzi. liliana
1 agosto 2014 alle 21:47
E perché mai, Liliana?