Quando me lo sono trovato davanti, ho pensato: “Oh là, ci voleva”. E quando ho finito di leggerlo, ho pensato: “Oh là, ci voleva proprio”.
Sto parlando della Storia dell’informazione letteraria in Italia dalla terza pagina a internet (1925-2009), di Gian Carlo Ferretti e Stefano Guerriero, appena pubblicato da Feltrinelli (451 pagine, delle quali un’ottantina di utilissimi indici). Un libro che non sono in grado di valutare da un punto di vista scientifico – non ne ho le competenze: sono un narratore selvatico, non ho studi letterari o storici alle spalle – ma del quale, da abitante giovane (ho cinquant’anni, ma sono qui dentro solo da diciassette; sono anziano, ma ho poca anzianità) della Repubblica delle lettere, sentivo tanto il bisogno.
E in effetti, consapevoli di “colmare” con questo libro “un oggettivo vuoto bibliografico e storico-critico” (p. 7), Ferretti e Guerriero hanno cercato di produrre un lavoro di base: un’accurata cronaca, un’amplissima schedatura di testate (giornalistiche, culturali, radiofoniche, televisive, digitali) e di autori (direttori, giornalisti, collaboratori culturali, critici, scrittori, occasionali, eccetera); tentando di equilibrare le esigenze della completezza e quelle della leggibilità, della cronaca fondata sulle fonti di prima mano e della narrazione storica.
Mi pare che l’impresa sia riuscita. Altri più esperti di me sapranno individuare le pecche, le assenze, le sproporzioni: che ci saranno, immagino, poiché Ferretti e Guerriero sono fallibili come tutti. A me è sembrato, ad esempio, che nelle ultime, estreme pagine del libro, dedicate allo stato attuale dell’informazione letteraria in rete, manchi una descrizione della poliedrica, innovativa e spesso esemplare (cioè imitata da tutti gli altri) attività di Giuseppe Genna (da Società delle menti, ospitata nel portale Clarence successivamente defunto, a I Miserabili dei quali resta qualche resto, fino all’attuale sito personale): ma a storicizzare Giuseppe Genna ci penserà qualcun altro in un’altra occasione, non è un problema; a me già pare meraviglioso che in un volume che copre ottantaquattro anni di storia si cominci a parlare dell’internet a cinquanta pagine della fine; e che l’aggiornamento delle informazioni, lo dicono gli autori ed è verificabile, si arresti a dicembre 2009. Finalmente un Novecento tutt’intero, vien da dire, finalmente un Novecento che si attacca agli anni Zero.
Nel 2007 mi capitò di compilare, per le edizioni minimum fax, un volume antologico intitolato: Best off. Letteratura e industria culturale. Il meglio delle riviste letterarie italiane. Nell’introduzione accennavo, dispiacendomi di non averne potuto render conto, all’importanza del lavoro di informazione e divulgazione svolto dal programma radiofonico Fahrenheit. Successe che da Fahrenheit mi telefonarono, quasi commossi: era la prima volta, mi fu detto, che nella “carta stampata” si riconosceva Fahrenheit per quello che è: una rivista culturale. La cosa a me sembrava ovvia. Ma evidentemente non lo era. Perciò sono stato contento di leggere nel libro di Ferretti e Guerriero che “Fahrenheit è forse in assoluto lo spazio che segue in modo più esteso gli autori italiani viventi delle diverse generazioni, con una vocazione informativa ampia e non snobistica, e insieme attenta a mettere comunque in risalto le distinzioni di livello tra quanto viene di volta in volta presentato”; “il programma […] intercetta il mutamento in corso nel mondo dei lettori, dando vita a una vera e propria comunità di lettori-radioascoltatori” (pp. 376, 375). Così è. Lode alla radio, e a chi la fa.
Un merito di Ferretti e Guerriero, quindi, è di aver pensato all’“informazione letteraria” come a un campo nel quale agiscono attori diversissimi tra loro per mezzo, stile, pubblico e motivazione: tanto da dichiarare in premessa di aver rinunciato – per legittima difesa, direi io – a riferire, se non marginalmente, sul conto di “notiziari editoriali, bollettini di Club del libro, pubblicità, festival, fiere, convegni, mostre, eccetera” (p. 8). Giustamente: a una ricognizione sociologica delle fiere del libro di provincia o dei premi letterari di paese ci penserà qualcun altro; a ricostruire l’importanza pedagogica, diciamo così, di Romano Montroni, per tanti anni a capo delle librerie Feltrinelli, verso gli italiani e le italiane che cominciavano a leggere a metà degli anni Settanta – io tra questi – ci penserà qualcun altro.
Perché questo volumone di Ferretti e Guerriero, che qualcuno forse potrà trovare ostico, o talvolta noiosetto, o ossessionato dalla completezza, o al contrario troppo sbrigativo in certe descrizioni, ma che alla fin fine è qualcosa che ci voleva proprio, è un volumone che contiene in sé una quantità di altri possibili volumi o volumetti. Ora che l’opera di base c’è, aspettiamo gli approfondimenti, i lavori specifici: che potranno giovarsi di un quadro di riferimento.
Perché la Repubblica delle lettere, anche per molti che, come me, ci vivono dentro, continua a essere un Paese misterioso: nel quale il funzionamento dell’informazione, ovvero del potere, è la cosa più misteriosa di tutte.
[Questo articolo, in una versione un pochino più corta, è apparso nella rivista L’immaginazione, Manni editore].
7 settembre 2010 alle 09:15
Solo un piccolo appunto, un po’ pignoletto. Giuseppe Genna merita d’essere ricordato soltanto per il suo lavoro in rete, o anche, per la sua intensa attività letteraria? Grazie
7 settembre 2010 alle 09:32
Pignoleria a sproposito. In un libro che parla di “informazione letteraria”, si ricorderà Giuseppe Genna per il suo lavoro di informazione letteraria in rete. In un libro che parla di letteratura, si ricorderà Giuseppe Genna per la sua “intensa attività letteraria”. Punto.
7 settembre 2010 alle 09:37
In effetti Giulio, un libro così è una buona notizia.
Vedo di procurarmelo.
7 settembre 2010 alle 14:03
Mi fa piacere, quale ascoltatrice, che Fahrenheit abbia avuto questo riconoscimento.
grazie anche a te Giulio, per la scelta di questo argomento.
7 settembre 2010 alle 15:39
io ce l’ho da quando è uscito, la-la-la-la. ciao, giulio. aa
7 settembre 2010 alle 16:47
E io ce l’avevo da prima che uscisse, cara Anna.
7 settembre 2010 alle 19:14
grrr. dispettoso.