di giuliomozzi
Scrivevo qualche giorno fa, nell’articolo Veneti del primo, secondo e terzo tipo:
Lo Statuto, o un suo regolamento, dovrebbero dunque indicare come si possa stabilire con certezza quando una persona è un semplice «abitante», quando appartiene al «popolo veneto», quando ha «un particolare legame con il territorio».
Ora, quantomeno, conosciamo l’opinione in merito del presidente della giunta regionale veneta Luca Zaia:
La bandiera veneta significa identità, storia, tradizione, i nostri valori. La bandiera deve essere esposta dappertutto, chi non la espone non è un veneto, quindi cambi casa (fonte).
Mi viene in mente una vecchissima puntata di Specchio segreto, un programma di Nanni Loy. La scena era in treno. Passa il controllore. Tutti esibiscono il biglietto. Nanni Loy dice: “Io non pago il biglietto, perché io batto bandiera panamense”.
Il controllore: “E dov’è la bandiera?”.
“In valigia”, dice Loy.
“Eh no”, dice il controllore. Se vuole non pagare il biglietto, deve battere la bandiera.
Allora Ly si alza, tira giù la valigia, la apre, tira fuori la bandiera, rimette la valigia al suo posto, e “batte”, ossia sventola, la bandiera.
“Perfetto”, dice il controllore. E se ne va.
Tra i passeggeri, ovviamente, nasce una discussione. Loy spiega che per battere bandiera panamense bisogna essere cittadini panamensi.
“E come si diventa cittadini panamensi?”, domanda un tipo.
“Bisogna farsi battezzare con l’acqua del canale di Panama”, dice Loy.
“E chi può battezzare così?”, dice il tipo.
“Qualunque cittadino panamense”, dice Loy. “Anch’io”.
“Lei può battezzarmi? E come?”, dice il tipo.
“Anche qui, subito”, dice Loy. “Tutti i bravi cittadini panamensi hanno sempre con sé una boccetta di acqua del canale di Panama”.
Segue la scena che v’immaginate, con il tipo che in ginocchio, la bandiera sulle spalle come uno scialle, riceve il battesimo da Nanni Loy.
Poi – sto andando a memoria – da qualche parte doveva anche esserci una discussione sulle dimensioni della bandiera. Chi batte la bandiera grande, infatti, non paga il biglietto; chi batte una bandiera piccola, ha solo lo sconto. O qualcosa del genere.
(L’ho cercata in Youtube e affini, questa cosa, e non l’ho trovata. Se qualcuno la pesca, la segnali).
Tornando a noi. Mi domando che cosa significhi esattamente quel “dappertutto” pronunciato da Zaia. Mi domando se ci siano somiglianze tra la bandiera veneta da “esporre dappertutto” e le stelle gialle o rosa imposte da certi regimi. Che si tratti di stigma positivo o di stigma negativo, sempre di stigma si tratta.
Sarebbe facile liquidare il discorso di Zaia come un discorso idiota. Non è un discorso idiota. E’ un discorso cattivo. A Zaia non danno noia gli emiliani, i lombardi, i pugliesi che risiedono nel Veneto. No. E non gli danno noia nemmeno i senegalesi, i cinesi, i rumeni.
Gli danno noia, a Luca Zaia, e ho il sospetto che gli ispirino un vero e proprio terrore, gli “apolidi”, ovvero coloro che non accettano la sua retorica.
Difendiamodi dunque dalla sua retorica. Non accettiamola. Non accettiamo mai il suo modo di porre il discorso.
26 agosto 2010 alle 18:32
Stavo proprio pensando qualche giorno fa, oltre a sbattezzarmi per non risultar nelle statistiche dei cattolici, a farmi apolide almeno finché l’Italia non sarà un Paese civile (una sorta di esilio – coatto – dalle “istituzioni”).
CiaU
26 agosto 2010 alle 21:37
Gentile Zaia (gli scriverei)
è sicuro che una bandiera esposta costituisca una valida, inequivocabile certificazione di identità?
Guardi che anche maghrebini, cinesi, e altri signori “da fuori”, persino gli apolidi, questi mangiapane a tradimento (che rubano anche le donne venete, tra le più graziose al mondo), con qualche euro possono comprarsi o anche costruirsi un drappo con il leone evangelista… e ingannarla e ingannare i veneti veri… guardi, Governatore, nel secolo passato, lei può imparare con profitto da alcune importanti esperienze storiche, che hanno voluto (spesso con profitto) SEPARARE la popolazione tra chi aveva DIRITTO a vivere entro quel territorio e chi non ne aveva ALCUN DIRITTO e doveva davvero (anche in modo piuttosto radicale) CAMBIARE CASA (per esempio perché ebreo o rom, o omosessuale, o dissidente politico). Gentile Zaia non si faccia ingannare dalla morgana della bandiera, da uno straccetto colorato: chieda che la popolazione sia tutta VENETA DI SANGUE fino alla quarta generazione. Se no, raus!
viva la lega!
26 agosto 2010 alle 21:42
oggi a Cortina sono andato per la pausa pranzo nel solito snack sulla statale di Alemagna e ho notato che sulla porta (si tratta di una falsa baita) pendeva una bandiera a cui l’assenza di vento impediva di sventolare.
Era il tricolore ladino con una variante mai vista, credo che nella fascia bianca centrale fosse rappresentato lo stema dell’aquila asburgica. Oltre a non capire il senso di questa strana contaminazione mi viene da chiedermi, ma allora i gestori del bar, che con quel gesto si sono dichiarati apertamente ladini, sono o non sono Veneti? Che Zaia si ponga il problema dell’identità veneta che qui da Belluno è sempre vista con un pelo di diffidenza, visto che Venezia in fondo è il medio proporzionale di Roma…..
26 agosto 2010 alle 22:50
però, giulio:
“A Zaia non danno noia gli emiliani, i lombardi, i pugliesi che risiedono nel Veneto. No. E non gli danno noia nemmeno i senegalesi, i cinesi, i rumeni. Gli danno noia, a Luca Zaia, e ho il sospetto che gli ispirino un vero e proprio terrore, gli “apolidi”, ovvero coloro che non accettano la sua retorica.”
per citarti, hai una microspia nel cervello di zaia che ti consente di sapere cosa “dà noia” a lui di preciso?
26 agosto 2010 alle 23:55
Può darsi che gli dia noia quello, ma io sospetto che un apolide gonfio di soldi che paga salati gli esercizi pubblici e privati della regione veneto gli darebbe meno noia.
Giulio, mi sembra che ricadi nella stessa trappola del pezzo di Raimo di qualche giorno fa: non puoi pensare di sconfiggere una politica contrapponendo alla retorica dello stigma l’antiretorica dell’apolide. La politica concerne, concretamente, dei diritti di cittadinanza. Si tratta di chiarirne bene i confini e le opportunità democratiche contro chi vorrebbe ritagliarla a misura dei propri privilegi, ma anche di difenderla da chi la destituisce di senso. L’espressione “cittadini del mondo” è un’immagine poetica, può fungere da bussola per qualcosa da realizzarsi, ma non corrisponde a nessuna realtà fattuale. Far finta che sia così, è pericoloso, toglie argomenti concreti a chi vorrebbe difendere contro Zaia cose come la Costituzione Italiana.
27 agosto 2010 alle 09:10
Non so, Valter.
Si tratta di capire se si possa politicamente ripartire anche da sistemi ideologici, per esempio, oppure solo da affermazioni minimali e direttamente contrapposte a singoli punti altrui.
Le idee «grandi» – ammesso che la questione dell’essere/sentirsi apolidi lo sia – non mi sembrano inadatte a rifondare una possibilità di pensiero che non si limiti a inseguire l’agenda degli altri.
Allargare l’idea di cittadinanza di quel poco (o tanto: mica cambia) che può non irritare non dico Zaia, ma questa specie di misteriosa presenza politica che va sotto il nome mitico di «moderati», non mi sembra una strada.
Secondo me ci son cose che, del leghismo, si possono e si devono rifiutare in toto, senza distinguo.
Vincere coi numeri e poi proporre politiche che somigliano anche poco a quelle della Lega non mi pare un grande risultato.
Può darsi che abbia capito male, eh.
27 agosto 2010 alle 11:13
Ma non vi rendete conto tutti, e Giulio in primis che perde tempo dietro ‘ste bubbole fuorvianti, che le bandierine da tifosi del campanile locale, piantate anche sulle vostre cucuzzole divagatorie, non son che vuoti specchi per le allodole, fatti apposta per deviar dal cuore delle cose, come le religioni per fomentar le guerre, e non vi ponete il problema che i sedicenti repubblichini letterari, impegnati anche qua in diavagazioni sul nulla, dovrebbero invece intaccar la realtà economico-sociale (la struttura, la verità delle vite che si sostentano e interagiscono in quest’economia) dietro queste fole populiste?!
27 agosto 2010 alle 11:25
Giorgio: no, non ho la microspia. Intendevo dire questo: i discorsi di Zaia individuano un avversario. E questo avversario è, appunto, quello che mi è venuto di chiamare “apolide” (che non è una gran trovata).
Valter: si sconfigge una politica proponendo un’altra politica. A me interessa capire qual è veramente la politica di questi qui, al di là delle “bandierine” (come le chiama Ulisse) che sventolano. E il mio modo di capire, poiché in questo mi sento competente, è: analizzare i loro discorsi.
Ulisse, non ti rendi conto che il potere necessario per intaccare la realtà economico-sociale, questi qui se lo sono conquistato con le fole populiste?
27 agosto 2010 alle 11:36
Giulio, ma cristosanto non ti rendi conto tu e gli altri pure che, se fosse come dici, a quest’ora qualsiasi megastronzata che agghinda d’orgoglio di parte le vere armi dell’economia e quindi del potere sociale, avrebbe avuto lo stesso risultato?!! Ma svegliatevi, diobono, ché non è la narrazione a far realtà: è la realtà che fa la narrazione utile a installarsi proprio dove vuole!
27 agosto 2010 alle 11:36
Bisogna AGIRE nel sistema socioeconomico PRIMA di qualsiasi suo racconto!
27 agosto 2010 alle 11:54
“I discorsi di Zaia individuano un avversario.”: corretto, peccato non sia da “combattere” sul suo stesso terreno, dato che appunto vince sempre e comunque così, perché a tal scopo gli basta istituire qualsiasi “avversario”.
“Si sconfigge una politica proponendo un’altra politica.”: no, FACENDOLA (e non la si “sconfigge”, la si supera con una PRATICA migliore – per tutti!!!).
“A me interessa capire qual è veramente la politica di questi qui”: e non ti è ancora evidente – nei fatti e NON dai discorsi che son appunto le fiabe per i creduloni (gli stessi loro votanti!!!) qual è mai il loro fine socioeconomico?!!
27 agosto 2010 alle 12:13
@Federica
Quando insegno filosofia ai miei alunni cerco di additare a loro il massimo di consapevolezza possibile in termini di umana convivenza: per esempio il concetto cristiano che ogni uomo è il mio prossimo.
Quando penso alla politica penso a un tavolo si siedono persone concrete, che hanno rinunciato a persuadersi l’un l’altro perchè tutto è stato detto e le posizioni sono quelle che sono. Essi rappresentano livelli di consapevolezza diversi e interessi concreti, e devono decidere ADESSO quello che può andare bene o meno peggio alla maggioranza.
Questa è una differenza fondamentale.
Pretendere che il secondo piano coincida col primo porta o all’astensione sistematica o al terrorismo.
27 agosto 2010 alle 17:32
@ Valter: non ho capito.
27 agosto 2010 alle 19:52
Non so federica, meglio di così non riesco a dirlo. La filosofia morale è il regno delle opzioni possibili e della persuasione. La politica è l’ambito delle posizioni fattuali, e delle negoziazioni praticabili. E’ così difficile?
28 agosto 2010 alle 11:43
No che non lo è.
Il problema, per come sembra a me, è che le negoziazioni possibili non possono esser condotte se non avendo in mente le idee di mondo che si hanno.
Capisco che bisognerà pur «gestire» la dialettica fra maggioranza e minoranza, e decidere, ma non al prezzo di rinunciare al proprio modo di vedere le cose.
Inoltre, il problema che tu ti poni è il problema di un uomo politico coinvolto nella decisione (nelle decisioni, veramente).
Io non sono che una cittadina, però; e vado a votare per dare ad altri il compito di negoziare e decidere, tenute presenti le priorità che la nostra teorica condivisione «ideologica» ci dovrebbe consentire di ritenere comuni.
Come cittadina, il mio problema di passare alla «pars costruens» si colloca su un piano diverso: posso – faccio per dire – scrivere, fondare un’associazione, promuovere occasioni di incontro e di conoscenza…
Ma non credo che mi si possa chiedere di sedermi – io, io in persona – al tavolo in cui siccome si deve decidere dovrò ben cedere in qualche momento.
E questo senza considerare che si può cedere su alcune cose – se proprio – e non su altre.
28 agosto 2010 alle 14:42
Sai, Ulisse, c’è anche della gente che, parlandoci, cambia opinione. E anche questo è un lavoro da fare.
gm
28 agosto 2010 alle 18:13
piccola convinzione: ogni posizione, Ulisse, rigida che postula la TOTALE superiorità e pre-dominanza della struttura socioeconomica sulle cosiddette sovrastrutture (parole, retoriche, religioni, immagini, icone, bandiere, personaggi, posizioni morali ecc.) è a mio giudizio un po’ povera – e dal punto di vista “teorico”, direi anche fondamentalmente errata… così. a un altro livello, dire e fare non sono, e non possono essere, troppo distanti, anzi – per ogni dove – in mille modi diversi dire e fare si allacciano e danzano, si rispecchiano e si “dividono”, si inseguono, si adeguano… io posso sapere da quello che dici per esempio (sulle bandiere, sugli stranieri, sulle ronde, sull’immigrazione clandestina ecc.) CHI sei, e COSA vorrai fare (sempre in modo parziale, certo… ma non per questo in modo meno significativo). La gente ti vota anche per quello che dici, no?
28 agosto 2010 alle 20:40
F. Sgaggio scrive:
“Il problema, per come sembra a me, è che le negoziazioni possibili non possono esser condotte se non avendo in mente le idee di mondo che si hanno.”
Onestamente e senza offesa, trovo che sia un po’ contorto. Forse la parrucchiera di Paese ci capirebbe, non so.
Cordiali saluti
28 agosto 2010 alle 21:49
Carlo, può essere.
Quel che volevo dire a Valter Binaghi è che:
– le negoziazioni possibili (della politica)
– vanno condotte tenendo necessariamente a mente
– l’idea di mondo che si ha.
Secondo me leggendo fino in fondo, onestamente e senza offesa, si capiva bene il senso.
Mi saluti la parrucchiera di Paese, quella che forse ci capirebbe, non so.
28 agosto 2010 alle 23:37
E’ a lei, Federica, cui bisogna parlare, alla parrucchiera di Paese. E possibilmente farsi capire.
Le idee di mondo sono la base per qualsiasi ragionamento su un futuro educato ma è la parrucchiera che fa testo. E la parrucchiera vota il Leone, non DS, ciò.
Questo volevo far capire, tutto qui.
Che poi, voglio proprio vedere se ci fosse un DS del Nord, visto che il discorso ci è caduto, sarei curioso di vedere come va a finire.
29 agosto 2010 alle 12:07
Per parlare alla parrucchiera di Paese che vota Lega non credo che si debba assumere il punto di vista della Lega.
Altrimenti, sarebbe meglio diventare tutti leghisti, dividendoci fra leghisti morbidi e leghisti duri, e farla finita lì.
29 agosto 2010 alle 12:07
Cosa che, per inciso, il Pd sta facendo abbastanza bene.
29 agosto 2010 alle 14:13
Come avrai capito, Federica, la parrucchiera di Paese è la reincarnazione della casalinga di Voghera.
Quest’ultima oggi fa appunto la parrucchiera, è divorziata con figlio a carico, paga il mutuo e d’estate va a Milano Marittima per cuccare.
Nulla a dire. Così come sua madre votava DC lei fa con la Lega, che nel suo immaginario ha preso il posto del curato e che lei sente vicina, assai vicina, in termini di immediatezza di linguaggi e di bisogni.
La primavera scorsa, si era a pochi giorni dalle Regionali, camminavo sotto la pioggia per il mercatino del venerdì. A un tratto ho sentito chiamarmi, era una mia buona conoscente, deputato della Lega. Mi ha detto ‘Carlo, Carlo vieni qui’. Ho salutato e visto che era coni un giovane alto e smilzo. Mi sono avvicinato e l’ho guardato in faccia. Ma questo è….”. ” sì, è il nostro candidato Governatore”.
Me l’ha presentato, e intanto veniva giù acqua a secchiate, era mezzogiorno e al mercato c’era poca gente.
Lui, molto serio e un tantino impacciato, allora mi ha chiesto: “secondo lei cosa possiamo fare per questa regione?”
Abbiamo parlato a lungo, tanto che malgrado gli ombrelli eravamo inzuppati. Poi lui mi ha detto” mi scusi, l’ho fatta bagnare, ma no ma no, vada”.
Tutto qui, molto comune e semplice, salvo un deputato e un futuro Governatore sotto un’acqua della madonna.
29 agosto 2010 alle 18:10
Si dice “presidente della giunta regionale”. La carica di “governatore”, in Italia, non esiste.
29 agosto 2010 alle 22:54
E allora pure in somma non si dice quando è avverbio.
30 agosto 2010 alle 00:44
oggi ho viaggiato su un treno da Ferrara a Padova. Avevo già notato in giro cartelli che avvertono i passeggeri dell’entità delle sanzioni in caso di non possesso del biglietto sui treni che attraversano territori di regioni limitrofe:
Emilia Romagna e Lombardia differenziano l’utente/cliente solerte che cerca il personale per segnalare spontaneamente l’irregolarità e in tal caso impongono una sovrattassa di 5 euro. Se invece si viene beccati la sanzione è di 44-50 euro.
Nelle Marche e in Veneto la sanzione è sempre 50 euro, non si ammettono riduzioni per buona condotta!
Ne discuto per curiosità col controllore, che mi risponde con accento nettamente meridionale: detto tra noi, mi fa, chi prende il treno si deve presentare in stazione in tempo per fare il biglietto! Spesso, aggiungo io, è facile acquistarlo via internet… ma consideriamo casi di intoppo reale e imprevisto…
In ogni modo, la rispostina mi è parsa padano-cinica! Qui si sono invertite le parti… i furbi sono diventati i padani, lega ladrona!
Intanto i veneti lavorano in gondola o nei capannoni delle realtà produttive intensive e i meridionali continuano a migrare su tutta la rete dei servizi pubblici. Fossero tutti attenti competenti onesti e responsabili, sarebbe una vera rivoluzione.
30 agosto 2010 alle 13:20
Carlo, ho letto; però non percepisco il nesso.
Ma io dicevo un’altra cosa: dicevo che continuo a credere che la sinistra dovrebbe evitare di promuovere la divisione dell’universo politico in sezione a (leghista morbido) e sezione b (leghista duro), incarnando alla fine il ruolo di «leghista morbido».
M’inchino a Zaia che ha chiesto «cosa possiamo fare per questa regione?» (ma se l’avesse chiesto a me avrei avuto la tentazione di rispondergli che il candidato era lui, che ci pensasse lui a dirmi cosa voleva fare) e mi dispiace per la pioggia, però fra leghisti morbidi e leghisti duri e puri preferisco non scegliere; anche se han preso la pioggia per la causa.
Quanto alla parola «governatore» sono anni che la tolgo da qualunque pezzo metta in pagina, proprio perché il «governatore» non esiste; men che mai con la maiuscola.
Mi rendo conto di apparire aspra, però io sono solo una cittadina. Il mio compito non è parlare coi leghisti, o capire quali ragioni esistano dietro le loro politiche razziste ed esclusive.
Chi fa il politico avrà il problema di parlarci e di decidere.
Chi fa il cittadino – ed è di sinistra – può solo cercare di fare lo slalom.
30 agosto 2010 alle 15:16
Ma no, Federica, il termine ‘Governatore’ l’ho buttato giù per comodità dettata dalla fretta, non credo che le puntualizzazioni, sia pure corrette, spostino il baricentro del problema. Quest’ultimo secondo me risiede nella risposta al quesito: “può la Lega Nord per la liberazione della Padania rappresentare una risposta ai bisogni della parrucchiera?”
Io dico che occorre partire da questa analisi, ma solo perché ad oggi è la Lega ad essere maggioritaria in Veneto e altrove, per capire dove le forze ad essa alternative sbagliano, meglio, non incontrano un sufficiente favore dell’elettorato. Credo che ciò accada intanto per il radicamento sul territorio di quel partito, che offre alla parrucchiera un riferimento assiduo, una specie di scudo liminale contro l’orrore del divenire del nuovo capitalismo. La cui accettazione comporta l’effetto della fobia per un futuro incerto, senza volto, meno dolce.
Ebbene, di fronte alla messa in forse di questo bisogno la Lega non dice “pensiamo al posto di lavoro” (che non c’è quasi più in quanto posto ed è ormai avvertito come sfida e intrapresa) ma al contrario offre la prospettiva concreta, misurabile, esageratamente salvifica dei “nostri soldi che restano qui e non vengono sperperati da quei ladri del Sud”.
E ancora, di fronte alle insidie di mescolanze etniche, in luogo del solidarismo che richiede impegno e riflessioni, cosa vuoi che importi, all’adusata, di caricarsene la coscienza se la quotidianità dell’affermazione le succhia il cuore?
Via gli stranieri dal Veneto, ordine e sicurezza, o almeno: fin quando la slava mi fa 8 ore al giorno a 200 euro al mese, mi va bene, ma se rompe e corre al sindacato, vaffanciulla.
Sono magari aspro anch’io, ma solo perché cerco di calarmi nei panni altrui, quando gli altrui mi intrigano. Me l’hanno insegnato certe frequentazioni analitiche ma anche tanti corsi di scrittura, cui mi accostai con trasporto, non per divenire scrittore.
Per obbiettività di cronaca devo aggiungere che l’incontro sotto la pioggia è avvenuto in Piemonte, dove risiedo e sto bene da tanti anni.
Saluti
31 agosto 2010 alle 11:20
@Giulio: “ognuno riconosce i suoi” – se hai già idea di cambiare, cambi idea (anche con scambi di vedute): ma se hai deciso e votato e rivotato così, no.
@Enrico: la tua è astratta teoria, prova a dir tutte le tue idee e belle parole a un morto di fame, magari ai suoi figli dato che lui è appunto letteralmente morto (magari clandestino etc.) e vediamo che ottieni. Lascia star le parole “sovrastruttura” etc. e bada alla vita della gente: quella origina tutto, tutto.
10 settembre 2010 alle 22:16
@ Ulisse… la vita della gente sono i soldi, la mera sopravvivenza (mangiare, bere, lavorare) ma anche le convinzioni e i valori e le storie e le culture e gli antenati e gli apprendimenti ecc… (non credi?) conosco qualche contraddizione, Ulisse: stranieri morti di fame che voterebbero SUBITO Lega: perché sono contro i rom, li farebbero fritti, perché vogliono integrarsi e al più presto ecc.
11 settembre 2010 alle 10:50
Le convinzioni e i valori e le tradizioni etc. DERIVANO da una fortificazione della sopravvivenza (almeno originariamente, proprio a livello di bios), per poi passare al mantenimento dei PRIVILEGI: se conosci un solo poveraccio, naturalmente ancora vivo, che se lo caccerebbe da solo in quel posto come dici, beh presentamelo! Ti faccio un esempio base, estremizzato ma che è emblematico per chiarire – il terremoto: si vede subito chi è cosa, chi vuole e PUO’ approfittarsene e chi invece solidarizza per necessità e magari vien fuori che riscopre valori e il lato umano peduto in inutilità spesso deleterie (aveva cercato di dirlo in modo un po’ promitivo Leopardi ne La Ginestra…).
CiaU