Giuseppe Caliceti: Canti emiliani dei morti
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Nei Canti emiliani dei morti, Giuseppe Caliceti elabora un lutto. Per la morte dei suoi ricordi di infanzia, colmi dell’amore di suo padre Gisberto, idealista maestro di orfanotrofio. Per la morte dell’ispirazione,impersonificata dal poeta Corrado Costa e dai poeti visionari della neoavanguardia emiliana. Per una Reggio Emilia che oggi non esiste più e delle cui contraddizioni si avverte la nostalgia.
La somma di tante malinconiche assenze ci viene restituita in versi, in un poema in quattro atti, per certi versi epico-bucolico, per altri moderno e sperimentale. Musicale anche se pieno di interferenze sonore (frammenti di canzoni, di spot televisivi, di versi altrui), rassicurante perché rievocativo ma anche provocatorio ed ambizioso con i suoi giochi di interpunzione. Caliceti ascolta e trascrive il dettato della memoria senza sconti, seguendo fedelmente il suo percorso tortuoso, incoerente, libero da calcoli editoriali. Con spiazzante crudezza, Caliceti ripercorre la propria formazione letteraria e sentimentale.
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