Lezioni di ginnastica contrattuale, 1 / Quattro tipi di contratto

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Il contratto tra la vedova di Italo Svevo e l'editore Corbaccio.

Più o meno tutti i giorni qualcuno mi scrive per dirmi: “Ho scritto un romanzo, l’ho mandato in giro, un editore mi ha proposto un contratto, a dire il vero sono un po’ perplesso, lei che ne pensa?”.
E quindi, stimolato anche dalla recente nascita di Scrittori in causa (il nome è orribile, le idee mi sembrano talvolta un po’ confuse, la causa è sicuramente una buona causa: sono giovani, e si faranno), ho deciso di affrontare l’argomento qui in vibrisse. A puntate. Mi baso sulla mia pratica professionale, su un po’ di manualistica, su cose viste e sentite raccontare. Ma non sono né un agente né un leguleio. Invito quindi lettori, autori, colleghi, professionisti dell’editoria, eccetera, a segnalarmi eventuali errori, imprecisioni, ambiguità od oscurità. Lo spazio dei commenti è a disposizione per precisazioni, rimbrotti, chiarimenti, domante e così via. gm

Che cosa è contrattabile, e che cosa no

Tutto ciò che è scritto in un contratto è contrattabile, tranne ciò che è regolato dalla legge. Ma la legge, di solito, impone che un contratto regoli certe cose, e magari pone limiti alla regolazione; ma non dice esattamente come la tal cosa vada regolata. Ad esempio: la legge dice che in un contratto dev’essere indicato il tribunale (foro) competente in caso di conflitto tra le parti, ma non impone di scegliere questo o quel tribunale; stabilisce la durata massima di un contratto a termine, ma non stabilisce la durata minima; eccetera.
In questi articoli cercherò di segnalare le poche cose obbligatorie per legge.

Quattro tipi di contratti

Semplificando al massimo, si può dire che esistono quattro tipi fondamentali di contratto editoriale.:
– il contratto di edizione a termine,
– il contratto di edizione per edizione,
– il contratto di cessione totale,
– il contratto di pubblicazione a spese dell’autore.

Prima di andare a vedere le differenze tra un contratto e l’altro, domandiamoci però: qual è esattamente l’oggetto di un contratto editoriale?

Risposta: il contratto editoriale stabilisce come, con quali limiti, per quanto tempo, in cambio di cosa l’autore cede a un editore qualcosa che, per legge, appartiene esclusivamente a lui: il diritto di pubblicare l’opera. La legge sul ditto d’autore (testo intero: qui) dice infatti, all’articolo 12: “L’autore ha il diritto esclusivo di pubblicare l’opera”.

Poiché questo diritto è esclusivo dell’autore, per principio non può essere ceduto senza limiti a un editore. Un contratto che non preveda limiti è, di per sé, nullo.

L’autore, quindi, in realtà, non cede propriamente all’editore il proprio diritto di pubblicare, ma gli cede il diritto di sfruttare economicamente la pubblicazione.

Il modo in cui questo diritto di sfruttamento economico della pubblicazione viene ceduto, i limiti che vengono imposti dal contratto, portano a distinguere appunto i quattro tipi fondamentali di contratto.

Contratto di edizione a termine.

L’articolo 122 della legge sul dirito d’autore è chiarissimo: “Il contratto di edizione a termine conferisce all’editore il diritto di eseguire quel numero di edizioni che stima necessario durante il termine, che non può eccedere venti anni, e per il numero minimo di esemplari per edizione, che deve essere indicato nel contratto, a pena di nullità del contratto medesimo”.
In pratica, in questa forma contrattuale – che è la più diffusa per le opere narrative – l’autore cede all’editore i diritti di sfruttamento economico limitatamente a un certo tempo (massimo vent’anni; ma possono essere anche quindici, dieci, cinque, al limite anche pochi mesi). Dentro questo tempo l’editore può stampare tutte le copie che vuole – stampando per ogni edizione, ossia per ogni tiratura, almeno il minimo di copie indicato nel contratto – e l’autore è remunerato con un tanto per ogni copia effettivamente venduta (i cosiddetti “diritti d’autore” o, come dice qualche anglomane, “royalties“).

Qualche osservazione:

1. Le cose vanno così in Italia; non dappertutto. In altri paesi (in Francia, ad esempio), il diritto di pubblicazione può essere ceduto per sempre, o avere limitazioni diverse.

2. L’editore può ristampare l’opera quante volte ritiene opportuno, ma sempre nella stessa edizione. Mi spiego. La legge, purtroppo, non distingue nettamente tra edizioni e ristampe. Nemmeno la lingua comune, peraltro, lo fa. Quando andate in libreria e vedete un libro con la fascetta che dice: “Tre edizioni in due settimane”, s’intende che ci sono state tre ristampe in due settimane. Il testo, di per sé, è identico. Invece, quando comperate una guida turistica dell’Olanda, e sulla copertina è stampato “Nuova edizione”, s’intende che il libro che avete materialmente in mano contiene informazioni più aggiornate, nuove informazioni, eccetera, rispetto alla “vecchia edizione”.
Ora: quando l’autore cede il diritto di pubblicare l’opera, ossia di farne un’edizione, s’intende che l’editore, ogni volta fatta quell’edizione, può solo ristampare quell’edizione lì. Può cambiare la copertina (ad esempio perché esce un film tratto dall’opera, e si fa una copertina con un fotogramma del film), ma non può cambiare le caratteristiche fondamentali dell’edizione. Ossia – è questo il caso pratico – non può farne un’edizione che abbia caratteristiche merceologiche differenti. Se la prima edizione è cartonata, non può fare un’edizione in brossura (e viceversa); né può farne un’edizione economica (e viceversa).
Il contratto può prevedere, ovviamente, la possibilità di realizzare edizioni economiche. Ma questa possibilità, se l’autore la concede (e può non concederla) va inserita tra i cosiddetti diritti secondari (dei quali parleremo un’altra volta).

3. Se l’autore firma un contratto per vent’anni, e dopo tre anni il libro non si smercia più, le scorte sono esaurite (o sono state mandate al macero), eccetera, ossia: nel momento in cui diventa evidente che l’editore non ha più nessun interesse economico nell’opera, il contratto può essere sciolto. E nel contratto deve essere scritto (di solito in fondo) a quali condizioni può essere sciolto (anche di questo parleremo un’altra volta).

4. I cambiamenti tecnologici creano qualche inghippo. La legge prevede che sia indicato nel contratto il numero minimo di copie per ogni edizione (ristampa). Ma, oggi come oggi, per certi libri che comunque hanno una diffusione limitata, ha senso fare anche microristampe, con tecnologia digitale. Fino a qualche anno fa il numero minimo di cope per edizione (ristampa) era solitamente: mille. Oggi, se un libro pubblicato nel 1987 vende ancora cento/duecento copie l’anno, per l’editore può essere insostenibile ristamparne mille alla volta (il che significa: tenerle in magazzino, dove occupano spazio, per anni; e magari si rovinano eccetera). Non c’è da stupirsi, quindi, se certi editori se ne infischiano di questo numero minimo (e fanno bene, purché la cosa avvenga in accordo con l’autore), o se propongono contratti con tirature minime previste di cinquanta copie.

5. La pubblicazione di un’opera come libro digitale fa svanire il concetto stesso di “pubblicazione in un certo numero di copie”. La copia in realtà è una sola, l’originale, e sta nell’archivio dell’editore; ogni acquisto, ogni scaricamento o prelievo come dir si voglia, genera la produzione di una ulteriore copia identica all’originale.

6. Non ha senso, in un contratto a termine, che l’autore chieda all’editore una tiratura iniziale minima. Se l’autore vuole pubblicare con un editore che si impegni a stampare fisicamente almeno 50.000 copie in prima battuta, è bene che proponga all’editore un contratto di edizione per edizione.

Contratto di edizione per edizione

Ancora l’articolo 122 della legge sul diritto d’autore: “Il contratto per edizione conferisce all’editore il diritto di eseguire una o più edizioni entro vent’anni dalla consegna del manoscritto completo. Nel contratto devono essere indicati il numero delle edizioni e il numero degli esemplari di ogni edizione. Possono tuttavia essere previste più ipotesi, sia nei riguardi del numero delle edizioni e del numero degli esemplari, sia nei riguardi del compenso relativo”.

Quindi nel contratto di edizione per edizione l’editore si impegna a stampare e un certo numero di copie e a metterle in vendita per un certo tempo (sempre inferiore a vent’anni). L’autore non viene remunerato in base alle vendite, ma con una somma forfetaria, ovviamente proporzionata al numero di copie che l’editore è autorizzato a stampare e mettere in vendita. Questa somma viene liquidata alla firma del contratto, o alla pubblicazione dell’opera, o mezzo e mezzo, o come si vuole: si troverà l’accordo, e lo si scriverà nel contratto. (Nota: ai fini fiscali, questa somma forfetaria costituisce comunque diritto d’autore).

Con questo contratto, l’editore non può effettuare nesuna ristampa se non… stipulando un nuovo contratto, e pagando una nuova somma forfetaria all’autore. E l’autore, una volta scaduto il tempo a disposizione dell’editore per mettere in vendita l’opera, può tranquillamente fare un altro contratto con un altro editore (anche se ci sono ancora in circolazione copie della prima edizione; sempre che il primo contratto non preveda diversamente: ma, appunto, è materia contrattabile).

Ovviamente questo contratto, molto diffuso per i libri “da adozione”, è poco gradito dagli editori per le opere letterarie, i cui destini di vendita sono più incerti. Nell’ambito letterario, infatti, riescono a imporlo agli editori solo alcuni “big”, capaci di garantire alte vendite in tempi rapidi, e quindi di rendere sopportabile un eborso forfetario anticipato. Paradossalmente, potrebbe risultare opportuno anche per le tirature molto piccole (tu stampi mille copie, mi paghi un tot, e non ci pensiamo più): ma mi pare che a nessuno venga in mente.

La diffusione dei libri digitali potrebbe però, nei prossimi anni, rendere conveniente anche per gli editori il contratto di edizione per edizione, anche per le opere letterarie.

Contratto di cessione totale

Prevede che l’autore ceda all’editore completamente, e per sempre, il diritto di sfruttamento economico; in cambio di un pagamento forfetario. E’ usato per opere compilative (es.: riassunti di programmi scolastici, piccoli manuali semplici, ecc.) e, nell’ambito della narrativa, quasi solo (mi pare) per opere narrative basate su fumetti, giochi, film, telefilm, cartoni, eccetera; per la realizzazione delle quali gli autori ricevono dall’editore (che si configura quindi come committente) indicazioni molto precise sui personaggi, le loro caratterizzazioni, il tipo di avventure, lo stile, gli eventuali prodotti da nominare o non nominare, eccetera. Queste opere sono considerate, palesemente, delle non-opere: tanto che spesso non compare nemmeno il nome dell’autore.

Ma com’è possibile, visto quanto già detto, che la cessione dei diritti di sfruttamento economico non sia sottoposta al limite dei vent’anni? Com’è possibile che venga meno l’ovvio principio, comunque realizzato, della proporzione tra le copie vendute (ossia il profitto dell’editore) e il profitto dell’autore?

Il Codice civile, articolo 2575, dice: “Formano oggetto del diritto d’autore le opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alle scienze, alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro e alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione”. La legge sul diritto d’autore dice, all’articolo 1: “Sono protette ai sensi di questa legge le opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione”.

Certi libri, quindi, anche quando siano effettivamente opere narrative, sono prodotti in condizioni tali che si riesce a non considerarli “opere dell’ingegno di carattere creativo”. E gli autori sono trattati, per così dire, non come autori ma come fornitori di testi. Tant’è che, in genere, il pagamento non viene considerato ai fini fiscali, diritto d’autore: ma come una prestazione occasionale.

Il problema è che talvolta questi libri vendono decine di migliaia di copie. E spesso a compilarli sono dei professionisti che, per campare, ne sfornano uno sotto l’altro.

Contratto di edizione a spese dell’autore

Nei contratti di edizione a spese dell’autore, non dovrebbe esserci nessuna cessione di diritti. L’editore, in sostanza, si configura più come un’agenzia di servizi (servizio di stampa, servizio di magazzino, servizio di promozione) che come un editore in senso proprio.

Da questo punto di vista, le edizioni a spese dell’autore più chiare e limpide sono quelle offerta dai vari servizi di stampa a richiesta (per gli anglomani: print on demand).

Nella realtà, buona parte dei contratti di edizione a spese dell’autore sono delle vere e proprie truffe. Ci dedicheremo una puntata apposta.

In linea di massima si può dire che un contratto di edizione a spese dell’autore dovrebbe:
– specificare che si tratta di un contratto con il quale l’autore acquista dei servizi, e non di un contratto con il quale l’autore cede i diritti di sfruttamento economico;
– indicare con esattezza i servizi che l’autore acquista, indicandone gli standard quantitativi e qualitativi;
– prevedere una durata (nota: non essendo un contratto di cessione di diritti di sfruttamento economico, non vale il principio della durata massima di vent’anni; ma nulla vieta di indicare una durata, anche molto limitata).

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39 Risposte to “Lezioni di ginnastica contrattuale, 1 / Quattro tipi di contratto”

  1. Alcor Says:

    E’ giusto dare a chi vuol pubblicare qualche dritta che lo aiuti a non farsi prendere in giro, posso aggiungere tuttavia che in ogni contratto (ogni, non solo quelli editoriali) c’è sempre un punto, anche a dispetto del miglior eventuale agente o avvocato che assista chi lo stipula, dove il più forte (il più dotato di forza contrattuale, il più dotato di forza economica, il più freddo, il più prepotente, il più capace di vedere o far vedere nuovi scenari) può infilare il grimaldello e far saltare il tavolo. Perciò, come nel matrimonio, la possibilità di stipula ma anche di soluzione soddisfacente del contratto dipende molto dal fatto che i due contraenti siano persone per bene fin dal’inizio. Altrimenti non c’è legge che tenga.
    Però approvo questo fiorire di iniziative, meglio non andare nudi alla guerra.

  2. Lucio Angelini Says:

    Posto anche qui il link a “FINALMENTE RICCO!”:

    http://lucioangelini.splinder.com/post/22339762/finalmente-ricco

  3. DE ROSA PELLEGRINO Says:

    Potrei avere, gentilmente, qualche informazione sui contratti mass-market (vendita in edicola)?
    Grazie.

  4. Scrittori In Causa Says:

    Neanche Filumena Marturano, paladina dell’uguaglianza, aveva un nome troppo grazioso.
    la Amitrano

  5. Simona Baldanzi Says:

    Sono contenta che si sia aperto un dibattito e uno spazio anche qua in merito alla “causa”. Attingeremo avidamente alle “lezioni” e speriamo in un confronto e uno scambio, al di là di belli o brutti nomi.

  6. vibrisse Says:

    Pellegrino, i contratti per prodotti specificamente progettati per l’edicola sono di solito, per quello che ne so, contratti di cessione totale con pagarmento forfetario.
    Ma questo campo non è il mio forte.
    Qualcuno ne sa di più?

    gm

  7. alcor Says:

    in genere: attenti alla clausola della percentuale sulle vendite, se specifica “in libreria” o formule corrispondenti, tutto quello venduto per altri canali e via internet va all’editore

  8. vibrisse Says:

    Una clausola di questo tipo, però, è di per sé nulla (ovvero: dovrebbe bastare la minaccia di denuncia, da parte dell’autore, per ridurre l’editore a più miti consigli. La frase da dire è: “Mia sorella è avvocato, e mio zio magistrato”. Non è importante che sia del tutto vero). gm

  9. Laura Capone Says:

    Buona sera, stavolta è un editore e non un autore che vorrebbe un pò di chiarezza, mi spiego, ho adesso aperto una casa editrice libraia decisa a promuovere il made in Italy letterario contemporaneo puntando su autori talentuosi ma non affermati. La mia perplessità è questa, siccome la mia casa editrice investe al 100% per la produzione, distribuzione, promozione e ovviamente vendita delle opere, per lanciarle insieme ai loro autori, vorrei almeno vincolare l’opera alla mia casa editrice, non solo per un periodo di venti anni ma fino ai cosidetti 70 anni dopo la morte, con proventi agli eredi, per far si che il mio investimento non si tramuti in beneficenza. Inche modo deve essere impostato la durata del contratto?Spero di essermi espressa in modo chiaro.
    Cordialmente
    Laura

  10. vibrisse Says:

    Laura, se tu conoscessi l’abc del lavoro editoriale sapresti che un contratto di cessione dei diritti di sfruttamento economico di un’opera d’ingegno, in Italia, non può avere una durata superiore ai vent’anni.
    La tua domanda dimostra la tua incompetenza e la tua esosità
    Invito chiunque passi di qui ad evitare Laura Capone Editore.

    giulio mozzi

  11. sorriso83 Says:

    Ciao! SOno l’autrice del blog letterario “Sotto i fiori di lillà” (unafriulanaaroma.blogspot.com).Trovo questo articolo davvero interessantissimo. Posso copiare il contenuto sul mio blog, indicando che l’autore sei tu e indicando il link al tuo blog e all’articolo completo, nonché la fonte di “Scrittori in causa” come luogo da cui sono arrivata a te?
    Ti lascio la mail:sottodifioridililla@gmail.com

  12. Giulio Mozzi Says:

    Pubblica pure. Non c’è problema. Anzi: grazie.

  13. sorriso83 Says:

    http://unafriulanaaroma.blogspot.com/2011/02/contratto-editoriale-quattro-tipologie.html

  14. Maria Cristina Giongo Says:

    Molto interessante! Allora..vorrei chiedere anch’io un consiglio: sono una giornalista e scrittrice italiana, che abita in Olanda, da dove collaboro come corrispondente per varie testate del mio Paese.. Il mio curriculum professionale si può trovare su Wikipedia.. Ho già pubblicato tre libri con editori conosciuti. Ma per l’ultimo mi sono affidata ad un editore nuovo, con cui ora sono in contestazione perchè ha messo nel mio libro il suo nome con scritto “a cura di…”. Lei dice che ne aveva il diritto; io no. Infatti mi ero già opposta al fatto che si volesse inserire come curatore di un’opera che non ne aveva certo bisogno, in quanto l’ho scritta tutta io. Inoltre non si tratta di un romanzo dove era necessaria, per esempio, una ricerca storica, un testo da correggere, ecc. Senza contare che la persona in questione non ne ha la competenza e l’esperienza. Quindi, quando mi è arrivata la versione FINALE del testo da correggere, l’ho approvata perchè NON c’era “a cura di…”. Invece il libro è uscito lo stesso con il suo nome come curatore. Preciso che si è occupata solo dell’editing. Ci sono rimasta talmente male..che sono stata male pure fisicamente! Ora ho chiesto ed ottenuto che si levasse il suo nome da sotto il mio almeno dalla versione digitale. Infine non ho ancora saputo quante copie sono state stampate. Ho il diritto di esserne informata? Tra l’altro mi hanno detto che alcuni editori attirano gli autori con la promessa di stampare mille copie e poi invece ne stampano di meno o solo a richiesta per poter pubblicizzare la versione e book; così l’autore non ci guadagna quasi nulla. La mia domanda è: come è possibile che la fatica di un autore, che impiega mesi e mesi, anni ed anni di lavoro e di amore per scrivere un libro venga poi calpestata in questo modo? Ammesso che questa notizia sia vera… Nel caso, come può difendersi uno scrittore, sia conosciuto che sconosciuto? Tra l’altro ho appena visto che nel sito della Libreria universitaria.it il mio libro si può ottenere in 15, 20 giorni lavorativi. Così tanto tempo?! Non capisco più nulla! Grazie per l’attenzione e cari saluti,
    Maria Cristina Giongo

  15. Maria Cristina Giongo Says:

    A Laura Capone vorrei rispondere che dire che lei ci fa della BENEFICENZA a pubblicare i nostro libri è una vera offesa, molto umiliante. Quasi un insulto. Quindi concordo con il commento di Giulio Mozzi.

    Al contrario, siamo noi che offriamo le nostre fatiche, i nostri sogni, i nostri ideali ad un editore, che, se ha una valida rete commerciale e capacità, potrebbe anche tramutarli in profitti economici soprattutto per LUI.

    Sia che l’autore sia conosciuto, che ancora sconosciuto ( questo non è importante; ogni autore è mosso dall’amore per la scrittura e non da quello del denaro ). Quindi l’autore dovrebbe essere trattato bene dal suo editore; io non dimenticherò mai il mio primo direttore editoriale, della casa editrice Rusconi. Scegliemmo insieme la copertina, mi sottopose le bozze per l’approvazione finale, mi inviò gli indirizzi delle persone a cui lo aveva spedito per diffonderlo. In quel caso fui trattata con la gentilezza che qualsiasi persona che dona la sua opera ad un altra si merita.

    Altro che beneficenza! Se si parte con questo concetto è meglio fermarsi subito.

    Inoltre, e questo serve per tutti gli editori che vogliono iniziare questo difficile percorso: non dimenticate che, a causa della vostra incompetenza, potete anche bloccare la carriera di un esordiente o rovinare quella di uno scrittore già noto . In questo caso consiglio anch’io di rivolgersi ad un avvocato.

    Ogni cosa ed ogni persona va quindi trattata con rispetto e la massima cura; anche quando ci sono interessi economici sotto da parte dell’ editore, che, se il libro va bene, è il primo ad arricchirsi. Se va male, ci ha perso lui ma anche l’autore, che ha passato, come ho precedentemente scritto, mesi ed anni a lavorare scrivendo. Alla faccia della beneficenza!

  16. Mario Says:

    per vibrisse (Giulio Mozzi): se al posto di offendere Laura Capone chiamandola incompetente ed esosa ti fossi limitato a rispondere ad un quesito che ti è stato posto, avresti fatto una stupenda figura: purtroppo pecchi di arroganza e malvagità, quando rispondi ad una domanda prova a scendere dal tuo piedistallo, forse avrai un effetto gradito.

    per Maria Cristina: le mille copie sono state stampate, con tanto di fattura fiscale, gli e-book sono un ulteriore prodotto che diamo in un’era informatica per rimanere al passo con i tempi; inoltre non credo che Laura Capone abbia mai parlato di beneficenza, ma di investimento e rischio economico personale nell’impresa e nella produzione dei prodotti, in questo caso i libri che vengono pubblicati, e non solo.

    PER L’AMMINISTRAZIONE DEL BLOG: credo che il commento di Giulio Mozzi sia quanto meno offensivo, per non parlare che denigra e cerca di danneggiare economicamente la casa editrice “Laura Capone Editore”, per tanto chiedo cortesemente che vengano presi giusti provvedimenti.

    Mario Buonocore

  17. Giulio Mozzi Says:

    Per Mario (cioè Mario Bonocore, fondatore con Laura Capone di Laura Capone editore): ho risposto alla domanda con le parole che qui ripeto: “un contratto di cessione dei diritti di sfruttamento economico di un’opera d’ingegno, in Italia, non può avere una durata superiore ai vent’anni”.

    L’amministratore di “vibrisse” sono io.

    Se Laura Capone Editore e Maria Cristina Giongo hanno un contenzioso, suppongo che farebbero meglio a parlarne in privato o tramite i rispettivi avvocati.

  18. Mario Says:

    Per l’eventuale contenzioso concordo con te, meglio parlarne in privato, per l’offesa gratuita che hai recato a Laura Capone e per il danno economico che cerchi di portare alla nostra azienda, mi rivolgo a te, e cito le tue testuali parole

    “La tua domanda dimostra la tua incompetenza e la tua esosità
    Invito chiunque passi di qui ad evitare Laura Capone Editore.”

    Credo che, anche se amministratore, blogger, scrittore o quel che si voglia, tu non ti possa permettere sentenze del genere senza conoscere fatti, persone e modi di agire.
    Le tue sono offese gratuite e prive di fondamenta.

    Saluti,

    Mario Buonocore

  19. laura Says:

    Giulio (non incomincio con gentile, perché Lei gentile con me non lo è stato), rispondo solo ora perché adesso mi è stato comunicato questo post.
    Quando ho scritto cercavo un’informazione, avendo aperto la casa editrice da pochi giorni cercavo di informarmi (o acculturarmi, come preferisce, come ancora sto facendo e farò fino all’ultimo giorno della mia vita), in quanto credevo Lei fosse una persona disponibile di settore, che poteva aiutarmi. Io ho l’umiltà di chiedere quando non sono sicura di una cosa.
    Con la mia domanda, mi riferivo esclusivamente all’art. 25 L.d.A sulla durata dei diritti di utilizzazione economica che dice che i diritti patrimoniali hanno una durata limitata, fissata in 70 anni dopo la morte dell’autore, non l’ho inventato io ma l’ho letto sulla legge, poteva semplicemente rispondermi dandomi l’informazione senza offendermi, con i relativi articoli di legge.
    Riguardo la sa mia presunta “esosità” come può dire questo, non mi conosce, non sa nulla di me, e si è sbagliato di tanto. Non credo che si guadagnino miliardi con questo mestiere, non almeno ai miei livelli, tutt’altro, sarà tanto se il primo anno riuscirò a rientrare nelle spese, ma la mia è passione, la stessa che muove uno scrittore a scrivere, volevo anzi ancora voglio, dare l’opportunità a tanti autori di talento che si vedono le porte sbattute in faccia, di pubblicare i loro scritti senza dover pagare per la loro pubblicazione che dopo un anno mandano al macero, come fanno altri generi di case editrici, tutto qua.
    La sua risposta aggressiva non ha motivo d’essere, vorrei capire perché si è rivolto così con me, perché se non se ne è accorto, mi ha ferita come persona, e sono certa che ha male interpretato la mia domanda, o semplicemente quel giorno si è svegliato col piede storto.
    Le lascio la mia e-mail, così potremo scambiarci i recapiti, perché ci terrei a parlare con Lei, mi ha dispiaciuto quello che ha detto, sono sicura che parlando ci si potrà chiarire, vedrà che non sono affatto il mostro che Lei pensa.
    info@lauracaponeeditore.com

  20. Giulio Mozzi Says:

    Conosco questo fatto, Mario: un editore mi domanda come mettere sotto contratto i propri autori fino a 70 anni dopo la loro morte.

    Questa domanda mi pare un sufficiente fondamento per ritenere che l’editore che la pone è esoso e incompetente.

    Ovviamente ritengo che con gli editori esosi e incompetenti sia opportuno non aver che fare.

  21. Giulio Mozzi Says:

    Laura, io non penso che lei sia “un mostro”; e non ho scritto che lei è “un mostro”. Sono responsabile di ciò che scrivo e non di quello che lei si immagina che io pensi.

    I diritti dell’autore restano a lui (e, ovviamente, agli eredi) fino a 70 anni dopo la morte dell’autore stesso.

    I contratti di cessione dei diritti di sfruttamento economico delle opere letterarie, che l’autore può stipulare con l’editore, hanno una durata massima di 20 anni.

    Quindi, per la legge italiana, semplicemente non si può fare un contratto che ceda a un editore i diritti di sfruttamento economico di un’opera fino a 70 anni dopo la morte dell’autore.

    Se io firmassi oggi un contratto del genere, e vivessi fino a ottant’anni (ne ho cinquanta), l’opera oggetto del contratto resterebbe vincolata all’editore… per 100 anni. Cioè 5 volte tanto quanto la legge prevede. Avere questa pretesa, a casa mia, si chiama esosità.

  22. Mario Says:

    Come ho già scritto, le tue sono sentenze offensive e prive di fondamenta; prova a leggere la l.d.a. (Legge 22 aprile 1941 n. 633) sul diritto d’autore, art.25 che recita:

    “I diritti di utilizzazione economica dell’opera durano tutta la vita dell’autore e sino al termine del settantesimo anno solare dopo la sua morte.”

    Da persona competente quale sei, dovresti conoscere tale articolo, quindi confermarci tale notizia o smentirla riportando quale decreto legislativo l’ha variata, oppure dare delucidazioni se male interpretata.

    Offendi di meno e cerca di lavorare meglio, credo che gli editori e gli autori seri dovrebbero evitare il tuo blog.

    Saluti,

    Mario Buonocore

  23. laura Says:

    Sto aspettando che Lei mi scriva un suo recapito per telefonarla, vorrei che mi conoscesse, perchè ripeto, credo Lei continui a male interpretare quella che fu semplicemente una richiesta di informazione che voleva essere null’altro che un chiarimento, non sono figlia di editore, non volevo vincolare l’autore per 100 anni, nemmeno io credo di vivere altri cento anni, ne ho 40, e nemmeno ci tengo.
    Comunque ora l’azienda ha 5 mesi di vita e le informazioni di cui necessitavo le ho avute da altri professionisti, persone gentili, disponibile e competenti.

    Le riporto la dicitura di esoso della Treccani: Esoso1
    agg. [dal lat. exosus «odioso», comp. di ex- e osus part. pass. di odisse «odiare», con sign. attivo e passivo]. –

    1. non com. Odioso, che si fa malvolere per i suoi modi o per il suo carattere: la sua alterigia l’ha reso e. a tutti; un governo e.; anche di atto o comportamento: prepotenza esosa. Nell’uso region. tosc., con sign. più tenue, antipatico, uggioso, noioso: come sei e.!; è gente e.; discorso esoso.

    2. Avaro, avido di guadagno, gretto, esagerato; che si rende inviso per l’eccessività delle richieste, per l’avidità: ha uno zio e. che non gli dà un soldo; commerciante e., che vende a prezzi esageratamente alti. Analogam., una richiesta e., prezzi e., esagerati, da strozzino. ◆ Avv. eṡoṡaménte, in modo odioso, esagerato, o con gretta avidità: governare esosamente le popolazioni; prezzi esosamente alti.

  24. laura Says:

    Io non mi reputo una persona esosa, piuttosto Lei mi ha offesa gratuitamente per averle chiesto delucidazioni su un articolo di legge.

  25. Giulio Mozzi Says:

    Certo, Mario: i diritti di utilizzazione economica delle opere restano di proprietà dell’autore (e dei suoi eredi) fino a 70 anni dopo la morte dell’autore stesso. Ma le cessioni a terzi (es. a un editore) del diritto di utilizzazione economica delle opere hanno un limite di vent’anni.
    Lo dice sempre la stessa legge, all’articolo 122: “Il contratto di edizione a termine conferisce all’editore il diritto di eseguire quel numero di edizioni che stima necessario durante il termine, che non può eccedere venti anni”. La stessa legge stabilisce alcune eccezioni comprensibili (opere collettive come le enciclopedie, immagini a uso industriale, opere cartografiche) e altre meno ovvie (opere drammatico-musicali e sinfoniche).
    Bastava, insomma, leggere tutta la legge.

    Pretendere di vincolare, come editore, il diritto di utilizzazione economica delle opere di un autore ben oltre il limite di vent’anni stabilito dalla legge è, appunto, Laura, un “rendersi invisi per l’eccessività delle richieste”.

    I miei recapiti sono pubblicati in vibrisse, qui.

  26. laura Says:

    Ma ancora insiste? Avevo chiesto solo una delucidazione sulla legge! E’ chiaro adesso o lo devo scrivere in inglese? Perchè vuol storcere quello che è chiaramente espresso dalle mie parole? Volevo che gli eredi avessero i proventi anche nei 70 anni dopo la morte dell’autore e che fosse scritto nel contratto, volevo conferma di questo, lo riesce a comprendere? e non che altre case editrici dopo i 20 si appropriassero dell’opera, facendo perdere i proventi dell’opera agli eredi, mi stavo informando, non mi era chiara la legge, avevo appena aperto e mi stavo prendendo 3000 informazioni per fare bene il mio lavoro, è chiaro adesso? In che lingua preferisce che glielo scriva? Tutti questi approfondimenti che ora si prende la briga di fare, che non servono più, se lo avesse fatto a suo tempo con cordialità e professionalità senza offendere avrebbe fatto una figura migliore di quella che ha fatto.
    Intanto ancora aspetto che mi scriva indicandomi dove telefonarla, perchè se non è chiaro scrivendo forse parlando lo è, o finge di non capire?

  27. Mario Says:

    Non c’è stata alcuna pretesa da parte di Laura Capone di vincolare l’autore per un periodo che oltrepassasse i termini di legge, ma una domanda che finalmente è stata chiarita, in un contorno di offese che mai dovrebbero essere fatte a persone del tutto rispettabili, sopratutto se non si conoscono.
    Se permetti un consiglio, valuta bene una persona e cerca di conoscerla prima di offenderla.
    Comunque l’articolo è il 122, non il 125, e l’abbiamo trovato molto prima che tu ti decidessi di dircelo adesso, infatti sui nostri contratti vincoliamo l’autore a noi per 20 anni, non per 70.
    Ti ripeto, se al posto di offendere gratuitamente ti saresti limitato a rispondere a suo tempo, quando ne avevamo bisogno, ci avresti dato un aiuto al posto di screditare la nostra azienda ed il nostro lavoro.
    Le ripeto, valuti bene le persone che ha di fronte prima di offenderle.

    Saluti,

    Mario Buonocore

  28. laura Says:

    Ce l’ha un fisso? In questo momento ho le batterie del cell a terra, ma desidero parlarle.

  29. Giulio Mozzi Says:

    Ho corretta nel commento qui sopra la svista sul numero dell’articolo. Articolo che, peraltro, nel mio pezzo (che è del 10 luglio 2010) è citato e spiegato. Il “chiarimento” era già disponibile, in questa stessa pagina web, quando l’8 novembre 2010 Laura Capone pose la sua domanda. Come spesso accade, basterebbe leggere con attenzione.

    Io peraltro non firmerei mai un contratto che mi vincoli a un editore per vent’anni. Per una pubblicazione cartacea, credo che dieci anni siano già tanti; per una pubblicazione digitale, credo che non sia sensato per l’autore accettare una cessione lunga più di due anni (perché la tecnologia cambia in continuazione, e tra due anni chissà come saranno le cose).

  30. Giulio Mozzi Says:

    Laura, ora scrive: “Volevo che gli eredi avessero i proventi anche nei 70 anni dopo la morte dell’autore e che fosse scritto nel contratto, volevo conferma di questo”.

    Ma l’8 novembre scorso aveva scritto: “vorrei almeno vincolare l’opera alla mia casa editrice, non solo per un periodo di venti anni ma fino ai cosidetti 70 anni dopo la morte, con proventi agli eredi, per far si che il mio investimento non si tramuti in beneficenza”.

    Non è mica la stessa cosa.

  31. Mario Says:

    Questo comunque non toglie che, con il commento che ha scatenato il susseguirsi di botta e risposta, sono state recate offese gratuite a Laura Capone e si lancia il messaggio di una politica di boicottaggio della Laura Capone Editore, che al contrario di tante altre società, si comporta in modo onesto e porta a termine il suo lavoro, sempre.
    Che lei non firmerebbe un contratto che superi il vincolo a un’editore di dieci anni, è un’altro discorso, quelle sono trattative personali, da autore ad editore.
    Il punto sono le sue offese ed il suo invito a danneggiare la nostra società, senza conoscere ne come ci comportiamo, ne come lavoriamo, è inutile cercare di fuorviare il discorso.

    Saluti,

    Mario Buonocore

  32. laura Says:

    Beneficenza agli altri editori!!! Ancora non capisce? volevo che nel contratto vincolando l’opera ai 70 anni vincolassi i proventi agli eredi, non sapevo ancora che vincolando l’opera ai 20 anni fosse automatico che per i successivi 70 gli eredi ne usufruissero, per me è chiarissimo come è scritto, magari l’ho scritto in modo sintetico, non ho fatto un romanzo, ma la scrittice non sono io.
    Non farebbe prima a chiedere scusa e basta? Se non altro per aver frainteso! L’umiltà sa che significa?

  33. Ermanno Capelli Says:

    Ermanno Capelli dice:
    Mi rivolgo a chi è stato pubblicato come scrittore da Laura Capone. Invece di attaccarla ringraziala perchè la tua opera, ora che hai un editore(E LAURA CAPONE E’ UN’EDITRICE SERIA E ONESTA-INOLTRE LAURA CAPONE E’ UNA PERSONA PERBENE) ha qualche possibilità di VISIBILITA’. Chiaro che un libro ha bisogno di tempo per diventare un libro conosciuto, e questo vale anche se il libro è pubblicato da un editore già affermato. Inoltre, dato che anche io sono un autore di Laura Capone e più precisamente Ermanno Capelli, autore del romanzo YO YO DENTI DI LUPO, voglio pubblicare su questo blog quanto segue:
    Tempo fà ho sottoposto a Laura Capone due miei romanzi e LEI dopo alcuni mesi mi ha risposto che gli erano piaciuti e mi ha fatto il contratto. Un contratto molto chiaro, un contratto che io ho sottoposto a un esperto che mi ha confermato che era fatto secondo tutti i criteri legali del caso. UN CONTRATTO che non prometteva MIRACOLI ma qui stiamo parlando di ROMANZI E NON DI MIRACOLI! Inoltre al di là del contratto, Laura Capone a me ha detto chiaramente che la sua era una casa libraria appena nata e che LEI avrebbe fatto il massimo degli sforzi per pubblicizzare i suoi autori, compatibilmente a tutte le difficoltà del caso.Perchè oggi creare un’editoria nuova dal nulla è un’impresa ardua che comporta grandi sacrifici sia come investimenti in denaro sia in impegno intellettuale e fisico. Perciò NON MI HA PROMESSO IL SUCCESSO ma semplicemente mi ha detto che se volevo diventare un suo autore lei si sarebbe impegnata a fare del suo meglio. Io ho valutato attentamente le sue parole e ho deciso di affidarle le mie opere, poichè Laura Capone secondo me è una persona SCHIETTA che non fa promesse assurde. Tra l’altro Laura Capone mi ha anche detto che tutti i suoi autori avrebbero dovuto diventare AMICI e non concorrenti, poichè l’importante era che un romanzo di un suo autore iniziasse ad avere successo e poi sarebbe stato più facile anche per gli altri autori, quindi NIENTE GELOSIE E NIENTE PREFERENZE e questo a me è piaciuto molto!
    Quindi caro scrittore-scrittrice IN ERBA(come me ovviamente…)TU TI STAI COMPORTANDO come se tu fossi già UNO SCRITTORE-SCRITTRICE IMPORTANTE. Ma se ERI GIA’ FAMOSO/A perchè non hai affidato il tuo romanzo alla mondadori o alla feltrinelli o a…….Perchè hai scelto(dato che l’hai scelto tu L’editore LAURA CAPONE) Laura Capone? Perciò caro SCRITTORE-SCRITTRICE smettila di esibire il tuo sfarzoso curriculum e concentrati a scrivere altri romanzi come sto facendo io e LASCIA LAVORARE IN PACE IL TUO EDITORE. Solo se avrai l’intelligenza e l’umiltà per comportarti da vero scrittore potrai sperare che Laura Capone diventi un editore importante e se questo accadesse porterebbe fortuna anchea te!
    IO AMO LA COPERTINA DEL MIO LIBRO YO YO DENTI DI LUPO….e Laura Capone questa copertina l’ha decisa insieme a me.
    IO SONO SODDISFATTO CHE YO YO DENTI DI LUPO SIA A CURA DI LAURA CAPONE.
    LAURA CAPONE NON HA CAMBIATO NULLA DEL MIO ROMANZO SENZA PRIMA CONSULTARMI.
    LAURA CAPONE HA FATTO UNA PRESENTAZIONE ECCEZIONALE AL MIO ROMANZO.
    E sono sicuro che Laura Capone si è comportata così con tutti gli altri suoi autori.
    Il problema di certi scrittori…è che PENSANO DI ESSERE SCRITTORI semplicemente perchè scrivono. Senza offesa per nessuno ma questo commento lo faccio per onestà verso il mio editore Laura Capone e verso me stesso.
    E per concludere: UN VERO SCRITTORE NON PASSA IL SUO TEMPO A OFFENDERE IL SUO EDITORE PUBBLICAMENTE perchè questo è segno di disonestà intellettuale. Al limite se lo scrittore pensa di non essere stato trattato equamente, ne discute con l’editore IN PRIVATO. Perciò fatela finita TUTTI di offendere e diffamare PUBBLICAMENTE LAURA CAPONE, sopratutto per la vostra dignità di persone. LASCIATE lavorare in pace chi ha voglia di lavorare per portare al successo le vostre opere.
    Cordialmente Ermanno Capelli

  34. laura Says:

    Tutta questa non so come chiamarla … tiritatera di giochi a malintesi, mi ha fatti perdere una preziosissima giornata lavorativa da dedicare ai miei autori, bah.
    Comunque che dirle, fiato sprecato, lei non è in grado di scusarsi per avermi diffamata.
    Saluto

  35. Mascia Says:

    Giulio scusami se mi intrometto, ma la tracotanza di questi due mi fa imbestialire.
    Non sei tenuto a fare da tutor a questi sedicenti editori: che facciano il loro lavoro, se ne sono capaci, studiandosi da soli ciò che gli serve al posto di elemosinare da te la soluzione ai loro problemi.
    E che in cinque mesi di attività abbiano già del contenzioso con un’autrice la dice lunga sulla loro professionalità.
    Io credo che tu non debba tollerare oltre le offese di un signor editore che non sa usare il congiuntivo nei periodi ipotetici e di una signora editrice che sbaglia gli ausiliari.

  36. Giulio Mozzi Says:

    Laura, a me la frase: “vorrei almeno vincolare l’opera alla mia casa editrice, non solo per un periodo di venti anni ma fino ai cosidetti 70 anni dopo la morte, con proventi agli eredi, per far si che il mio investimento non si tramuti in beneficenza” sembra una frase molto chiara.

    Per lei “è chiarissimo” che questa frase vuol dire tutt’altra cosa. Mi spieghi in che modo “vincolare l’opera alla mia casa edtrice […] fino ai cosiddetti 70 anni dopo la morte” può significare qualcosa di diverso da ciò che significa letteralmente.

    Ora lei dice: “non sapevo ancora che vincolando l’opera ai 20 anni fosse automatico che per i successivi 70 gli eredi ne usufruissero”. Be’, doveva saperlo. Se un editore non lo sa è, per l’appunto, un editore incompetente. L’attività era appena avviata? Be’, prima ci si informa, e poi si avvia l’attività. Adesso vi siete informati e sapete come stanno le cose? Bene, auguri per la vostra attività.

    Comunque, ripeto, bastava leggere il mio articolo. Nel quale è scritto ben chiaro – ed è citata la legge – che la cessione di diritti ha una durata massima di 20 anni. Bastava leggere, Laura: se lei avesse letto, non avrebbe posta quella domanda nel novembre scorso; e oggi la sua “preziosissima giornata lavorativa” non sarebbe andata perduta.

    Mascia: sul “contenzioso” tra questo editore e l’autrice prima intervenuta non posso saper niente; come non so nulla circa l’ottimo rapporto con lo stesso editore di cui parla l’autore intervenuto dopo. Quindi non ho alcuna opinione in proposito.

  37. laura Says:

    Mascia, l’autrice non ha mai parlato di un CONTENZIOSO ma Giulio, che per l’appunto non sa i fatti, ma di contestazione, i quali NON SONO SINONIMI, ma tutt’altro, L’ITALIANO è L’ITALIANO, MI SPIACE.
    E si veda anche il termine TRACOTANZA perchè è assolutamente chiaro di chi sia la tracotanza in questo contesto.
    Se non si volevano dare informazioni, allora questo articolo è stato impostato male, ripeto come da titolo: Lezioni di ginnastica contrattuale, 1 / Quattro tipi di contratto

  38. Mascia Says:

    Signora Editrice,
    io ho usato il termine “contenzioso” in senso atecnico e aspecifico e ben l’ha capito Giulio Mozzi che, nel rispondere, ha provveduto – giustamente – a virgolettarlo.
    Lei, evidentemente, conosce solo l’accezione strettamente giuridica del termine e non è riuscita a cogliere il senso delle mie parole.

    La sua affermazione, poi, che “l’italiano è l’italiano” mi sembra del tutto tautologica e pleonastica: sarebbe molto strano se l’italiano fosse il francese o l’inglese!
    Se intendeva dire che la lingua italiana merita rispetto, concordo con lei ed è proprio per questo che soffro quando la vedo seviziata da chi più dovrebbe prendersene cura.

    Infine, su chi in questa conversazione abbia mostrato tracotanza, arroganza, presupponenza e maleducazione, io non ho alcun dubbio.

  39. Giulio Mozzi Says:

    Va bene. Per quanto mi riguarda, credo che basti così. Chiudo i commenti. Ciascuno ha esposto le proprie ragioni, e chi passa di qui può leggerle. Chiunque abbia qualcosa ancora da dirmi può farlo in privato.

I commenti sono chiusi.


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