di giuliomozzi
Sono su un treno Freccia da Milano a Torino. Sto andando alla Fiera del libro.
Il treno è pienissimo. C’è un sacco di gente senza prenotazione, e c’è un sacco di gente che non è abituata a prendere il treno: non riescono a trovare il posto, non sanno dove mettere i bagagli, intasano i corridoi.
Sono sulla piattaforma. Aspetto che la situazione si sgarbugli.
Mi accorgo che il bagagliaio della carrozza accanto è quasi vuoto. Un padre ha sistemato sul ripiano intermedio le figliolette, forse gemelline, sui tre anni.
Trascino il valigione.
“Mi scusi”, dico al padre.
Il padre immagina che io voglia passare, e si scosta. Così però mi impedisce di infilare il valigione nel ripiano basso del bagagliaio.
“No”, dico, “volevo mettere lì la valigia”.
“Qui ci siamo noi!”, strillano le figliolette.
Il padre si scosta ancora, dall’altra parte. Infilo il valigione nel ripiano basso.
“Ecco”, dico alle figliolette. “Volevo solo mettere lì la valigia. Il vostro posto è vostro”.
“Ma c’eravamo prima noi!”, strillano le figliolette.
E ridono.
“Lasciate stare il signore”, dice il padre.
“Buon viaggio”, dico.
Torno sulla piattaforma della mia carrozza. Nel corridoio la situazione è ancora difficile, ma meno difficile di prima. Tolgo il giornale dallo zaino. Leggo.
Alzo gli occhi. Il corridoio è libero. Metto il giornale nello zaino. Mi avvicino al mio posto. Lato finestrino. Ci sta sedura una signora di una certa età.
“Signora”, dico, “quello è il mio posto. Lei ha una prenotazione?”.
“Mi alzo, mi alzo subito”, dice la signora, radunando le sue cose.
“Non si disturbi”, dico, “stia lì. Se ha una prenotazione, vado a mettermi nel suo posto”.
La vicina della signora, una signorina con la camicia bianca, non si muove.
“Mi faccia passare”, dice la signora alla signorina, agitandosi.
“Signora”, dico, “non le sto chiedendo di alzarsi. Le ho solo chiesto se ha un posto prenotato, così vado a mettermi lì. Se non ce l’ha, non fa niente, resti pur lì”.
“Basta discorsi”, dice la signora. E alla signorina: “Vuole farmi passare o no?”.
La signorina si alza. “Guardi che il signore vuole lasciarle il posto”.
“Signora, la prego, resti seduta”, dico: e sporgo avanti le mani, mostrando le palme.
“Metta giù le mani!”, grida la signora. “Come si permette?”.
Arrivano il controllore e due polferini.
“Cosa succede?”, domanda il controllore.
“Mi ha messo le mani addosso”, dice la signora, uscendo nel corridoio.
“Voleva lasciarle il posto”, dice la signorina, “le ha fatto un gesto così”, e ripete il mio gesto, “per dirle di stare seduta”.
“Ma sì, è lei che se l’è presa per niente”, dice il tipo barbuto seduto difronte al posto ora vuoto.
Quella che sembra la moglie del tipo barbuto fa un gesto con due dita, vicino alla tempia.
“Non litighiamo”, dice il controllore.
“La signora sta litigando da sola”, dico.
“Lei non si metta in mezzo”, dice la signora al controllore. “Io vado dalla mia amica”. E si allontana.
Tutti restiamo fermi.
Il signore barbuto si rivolge ai polferini: “Adesso voi dovreste dire: circolare!”.
Ridiamo.
Mando mentalmente al diavolo la signora, tolgo il giornale dallo zaino, butto su lo zaino, mi siedo al mio posto.
Mezz’ora dopo, quando stiamo già entrando in Torino, passa il controllore.
“La sua amica le manda i saluti dalla carrozza 3”, mi dice.
15 Maggio 2010 alle 14:46
La prossima volta vado anch’io a Torino in treno 🙂
16 Maggio 2010 alle 00:08
E allora, “ricominciamo da tre”, dalla carrozza 3 o non sei andato a ricambiare i saluti?
s.
16 Maggio 2010 alle 08:17
Me ne sono guardato bene, Sandra. g.
16 Maggio 2010 alle 09:11
Carrozza Tre (della signora), Tre femmine (signora e due figliolette), Tre anni (circa età delle bambine); la pagina del giornale che hai cercato di leggere era la numero tre? Il tuo posto a sedere era il 33, Giulio? s.
16 Maggio 2010 alle 21:14
be’, il viaggio dev’essere sembrato brevissimo Giulio. 🙂
blogolo
17 Maggio 2010 alle 08:45
Il Giulio che mi piace tantissimo.
17 Maggio 2010 alle 09:11
Mezz’ora dopo, quando stiamo già entrando in Torino, passa il controllore.
“La sua amica le manda i saluti dalla carrozza 3″, mi dice.
“Grazie”, rispondo.
Mi alzo e raggiungo il bagagliaio della carrozza. C’è la signora, la signora del posto sbagliato.
“Grazie per i saluti” dico.
“Non mi tocchi” dice allarmata.
“Non ci penso proprio ” dico “prendo la mia valigia.”
“Ah. Anch’io” e indica un valigione viola “è quella lì”
“Gliela tiro fuori in un attimo” mi piego e afferro la sua valigia, che sta proprio davanti alla mia.
“Aiuto! Polizia! Il signore sta rubando la mia valigia!”
17 Maggio 2010 alle 11:17
mancava solo l’onorevole Trombetta e il grande Totò… :))
E parliamo della tratta “Milano – Torino”…
Prima o poi dovreste provare, se non l’avete mai fatto, la tratta “Roma-Palermo”… Avete presente il film “Café Express”, di Nanni Loy con Nino Manfredi?…
17 Maggio 2010 alle 12:43
@Antonio La Malfa :-)))))
17 Maggio 2010 alle 16:19
Roma-Palermo (e Palermo-Roma): eseguita tre volte. g.
17 Maggio 2010 alle 17:00
Tornando dal Salone di Torino, nella tratta Milano-Venezia il treno delle 20.25 si è fermato all’improvviso poco fuori la stazione di Chiari per un guasto. E lì siamo rimasti circa un paio d’ore, prima che la locomotiva riuscisse a riprendere faticosamente la marcia. Sto pensando di ricavare dal gustoso ma ordinario (per le gloriose FFSSS) incidente uno straordinario romanzo di circa 1000 pagine. Che ne dite?
17 Maggio 2010 alle 18:08
Per raccontare le “gloriose FFSSS”, 1000 pagine sono poche, secondo me.
s.
17 Maggio 2010 alle 18:31
Pare che la stabilità emotiva dipenda anche dalla stabilità delle condizioni ambientali. In particolare anche da un fermo ancoraggio alla griglia magnetica del campo terrestre. Nel viaggio il corpo si sposta sulla Terra e quindi cambia di posizione rispetto alle linee del campo geomagnetico. Le persone più disturbate subiscono questa situazione squilibrandosi ulteriormente. Il che si aggiunge al fatto di condividere uno spazio con degli sconosciuti.
Sulla linea Milano-Udine incontrai un tipo in canotta, piena estate, che si alzava a tratti e mollava pugni in aria, senza dire a, poi si rimetteva seduto e guardava fisso incarognito.
Sulla linea Milano-Como un pomeriggio trovai un clown che ce l’aveva col sistema di raccomandazioni del mondo dei clown. Per fare questo lavoro, secondo lui, bisognava avere troppe conoscenze, e in particolare essere “culattoni”, per cui i veri clown, come lui, erano costretti a chiedere l’elemosina. Il cane ringhiava e qualche anziana dava monete.
Ma… sulla linea Milano-Torino, non è che i tizi incontrati da Giulio Mozzi erano personaggi di romanzo diretti al salone del libro per confrontarsi col proprio scrittore?
19 Maggio 2010 alle 15:04
Io sono venuto alla Fiera di Torino prendendo il treno da Pescara, e al ritorno l’opposto. All’andata sono capitato in uno scompartimento dove c’era una puzza pazzesca ma una signora non voleva che s’aprisse la porta perchè aveva freddo; al ritorno invece mi sedeva di fronte un signore alto circa due metri, per cui ho dovuto tenere le gambe ripiegate all’indietro sin quasi a toccarmi le natiche coi talloni. Comunque, Giulio, nessuno al mondo racconta bene come te quell’esperienza antropologica, quello spaccato psico/social/culturale che è il viaggio in treno. Gran bel pezzo.