[Ricevo da Maria Teresa Carbone questo appello. E, una volta, tanto, lo sottoscrivo. gm]
Ci siamo stufate di sentir dire con un sorriso sornione alla radio, in farmacia, in televisione: e che sarà mai? Ci sono cose peggiori… In questi giorni ci siamo chieste: ma ci sono degli italiani che considerano offensivo trattare una donna come un oggetto di scambio, o ormai la pensano tutti così? Così abbiamo pensato di lanciare un appello ai candidati di sinistra: per poterci fidare di loro, per poterli votare, esigiamo che si schierino. Chiediamo che tra i primi punti del programma politico dei candidati di sinistra venga inserita una dichiarazione semplice, chiara e forte: io non considero normale che le donne siano trattate come merce di scambio nelle relazioni personali e professionali, nella politica, nella comunicazione. Uno spartiacque fondamentale in questi tempi gelatinosi, in cui l’immagine della donna sembra aver percorso a ritroso sentieri che si credevano ormai superati. Non è più una questione di costume: è una questione di sostanza. Le donne sono oltre la metà dell’elettorato, e hanno diritto di sapere da che parte stanno le persone che aspirano a rappresentarle.
Chi volesse sottoscrivere questo appello può mandare la sua adesione a nonconsideronormale[chiocciola]gmail.com. Per la discussione, c’è il blog Non considero normale. Si può aderire, in FaceBook, al gruppo Io non considero normale.
19 febbraio 2010 alle 11:41
Scusate, magari sarò banale, e in tal caso chiedo scusa all’interessata e a Giulio, dichiarandomi pronto fin da ora a non intervenire più su questo blog, che comunque trovo stimolante come pochi altri. Ecco dunque la mia banalità, per nulla provocatoria: ma perché un appello del genere va rivolto solo ai candidati di sinistra? Forse perché a destra si ritiene che siano (siamo) solo caproni violentatori usurpatori e degni emuli del generale Juin? O magari perché a destra un invito del genere è stato già raccolto? O perché si vuole per forza di cose andare avanti con l’ottusa distinzione destra-sinistra che, solo quando è davvero ottusa, rischia di non porta e da nessuna parte? Che poi c’è il rischio di procedere per ottuse distinzioni anche tra uomo e donna. Vi richiedo scusa, sono solo un povero cronista di provincia, col voto a destra ma col cuore e il cervello senza distinzioni, ma davvero faccio fatica a capire
19 febbraio 2010 alle 13:21
L’elettorato di destra chiederà certe cose ai candidati di destra, l’elettorato di sinistra chiederà certe cose ai candidati di sinistra. Le persone che hanno scritto l’appello fanno parte dell’elettorato di sinistra, e si rivolgono quindi alle persone per le quali voteranno. Se qualcuno nell’elettorato di destra riterrà opportuno chiedere un simile impegno ai candidati di destra, ne sarò felice.
giulio mozzi
19 febbraio 2010 alle 13:59
Un banale essere umano, Igor e Giulio, a chi dovrà rivolgere la richiesta?
19 febbraio 2010 alle 14:12
All’ufficio competente, Mauro.
(Volevo solo chiarire che se chiedo un impegno a un candidato, lo chiedo al candidato che intendo votare, o che sarei disposto a votare a certe condizioni. Non certo al candidato che a nessuna condizione intendo votare: al quale nulla importa di impegnarsi con me).
giulio
19 febbraio 2010 alle 15:21
Non considerare la donna oggetto di scambio risolverebbe il problema? Non dovrebbe essere la donna a non prestarsi quale oggetto di scambio? Ecco rispuntare la pedanteria. O qualcosa di simile.
19 febbraio 2010 alle 19:04
Che una donna si presti, Felice, è una questione d’interesse sociologico.
Che un uomo delle istituzioni proponga lo scambio è un fatto assolutamente politico.
Ciò detto, da cittadina io sono persuasa che assicurarsi la firma di uno o cento candidati sotto questa petizione non sposti la questione di un millimetro: sia perché le promesse possono ben essere disattese; sia perché per ricostruire un minimo di senso e di azione politica credo si debba partire dalle cose minuscole (sempreché si nutra un po’ di fiducia); sia perché – ma è un altro modo per dire la stessa cosa, forse – di fronte a leggi come quella sulla fecondazione assistita, per quanto poi emendata dalla corte costituzionale, o di fronte a questioni come la Ru486 o la disciplina carfagniana (la “i” ci andrà? Credo di sì, appartiene al suffisso) della prostituzione, mi sembra che speranza sul tema proprio non ce ne sia.
Non abbastanza, perlomeno, da poter pensare che una firma – mia e di uno o cento candidati – sposti i termini della faccenda.
19 febbraio 2010 alle 19:35
Donne, disabili, extracomunitari. Troppi slogan da sinistra rivolti a queste tre categorie. Mi dispiace ma non ci casco più. E comunque se noi donne la smettessimo di comportarci come ai tempi di Neanderthal, che dovevamo accaparrarci il capobranco per sopravvivere…guardate, non ce l’ho quasi più neppure con questi uomini che propongono, ma detesto, aborro e odio visceralmente le donne che si prestano. Se tutte dicessimo NO, la vita per noi sarebbe più facile, più paritaria.
19 febbraio 2010 alle 20:16
Be’, Giulio, giusto, però permettimi una provocazione. Se un elettorato deve rivolgersi al candidato di riferimento (o al politico eletto di riferimento) per portare l’attenzione su certe tematiche (il rispetto per la donna, in definitiva, che mi pare parente stretto per quello dovuto al prossimo in generale) allora:
1 – Quell’elettorato immagina che il politico di riferimento, in mancanza di stimoli adeguati (o rispondi a questa istanza o non ti voterò) non avrà interesse a difendere determinati valori e concetti morali o a dichiarare esplicitamente il proprio impegno a farlo;
2 – Un essere umano – è incidentalmente anche politico – che non ritiene utile difendere certi valori e concetti senza una contropartita (il consenso elettorale), o che, quanto meno, ha bisogno di specifiche istanze dell’elettorato per inserire nel proprio programma politico la difesa dell’onestà (sì, scrivo onestà dando alla parola il senso che darebbe una anziana frequentatrice di parrocchie) e del rispetto per il prossimo, mi fa pensare a qualcuno che non si è mai posto il problema.
E siccoma la faccenda è, fondamentalmente, di ordine morale, mi pare che il non essersi mai posti il problema (o non aver mai esplicitato di esserselo, in qualche modo, in qualche tempo, in qualche misura posto) sia una colpa grave.
20 febbraio 2010 alle 06:37
D’accordo, Alessandra. Lavoriamo allora per un “clima” che faciliti il “dire no”.
Mauro: ci sono tempi, forse, nei quali è opportuno che l’implicito diventi esplicito, che l’ovvio diventi materia di discussione.
Federica: nelle prossime settimane andrò a qualche appuntamento elettorale, e al momento delle domande – c’è sempre un momento delle domande – farò pubblicamente al candidato di turno la domanda esplicita: è disposto, signor candidato, a dichiarare apertamente che non considera normale, eccetera; con poi tutte le specificazioni del caso. A qualcosa servirà? Non so. Ma se un candidato si sente fare la domanda pubblicamente tante volte, in tanti appuntamenti, magari arriva a pensare che la questione – o almeno l’esplicitazione della questione – ha una sua importanza.
g.
20 febbraio 2010 alle 12:08
Che l’intervistatore dei candidati ponga la questione mi sembra giornalisticamente sensato.
20 febbraio 2010 alle 15:55
Lavoriamo! Ma non solo a ridosso delle elezioni regionali(o di qualsiasi altro tipo) e non strumentalizzateci più. Grazie.
21 febbraio 2010 alle 10:15
D’accordo con Alessandra.
L’appello è sbagliato se rivolto ad una parte dell’elettorato, anche se il proprio. Il problema è di valore generale e chi tiene a risolverlo deve rivolgersi a tutti. La battaglia sarà più difficile, certo, ma è questa battaglia che si deve fare. Che significherebbe vincerla a metà?
Quando si opera per un cancro, lo si cerca di estirpare alla radice. Nessuno ne toglie una parte sola.
Dicevo a mia moglie l’altro giorno: In tutte le trasmissioni di varietà le donne sono costrette ad apparire quasi nude. Gli uomini vestiti, e le donne seminude.
E questo non da ora, ma da aprima della televisione, a teatro, ad esempio (Macario, eccetera).
Toccherebbe un po’ anche alle donne impegnarsi, e soprattutto (perché sono quelle più cercate, e mi dispiace per le altre) le donne belle.
Le donne belle dovrebbero fare un piccolo esame di coscienza e riflettere quanto il loro svestirsi ne comprometta la dignità.
L’appello della signora Carbone, valido in sé, è parzialmnete indirizzato. Deve riscriverlo, se ci crede veramente, e se non abbia voluto fare della questione una cattiva strumentalizzazione politica.
23 febbraio 2010 alle 00:15
Quando avviene la strumentalizzaione vera? Quando la persona che ne è oggetto non è consapevole di questo.Nel caso specifico le ragazze :veline ,attricette, donne dello “spettacolo”,ragazze immagine che hanno una certa cultura, possiamo davvero definirle così ingenue da farsi strumentalizzare? Io credo di no. Il loro mondo di lavoro è un mondo a volte superficiale, fatto soprattutto di arrivisti, dove a volte si perde il senso delle cose, dove l’apparire è tutto; e se esiste purtroppo una classe politica che mette queste donne nella condizione di avere una opportunità ,queste furbescamente la colgono, sapendo coscientemente di mettersi a disposizione di coloro ai quali hanno dato la loro disponibilità, diventandone allora sì strumento ,ma strumento consapevole.
23 febbraio 2010 alle 19:51
Strumento consapevole, ma se un lavoro dignitoso è difficile da ottenere per una donna e se questa è la realtà ci sono solo tre strade: fare la rivoluzione a livello collettivo, lottare controcorrente in solitudine o adeguarsi. Il clima per una rivoluzione non c’è, lottare in solitudine (da un punto di vista pragmatico) non paga e allora…Smettiamo di condannarci tra donne perché questo sì che non porta da nessuna parte. Se si lotta per costruire alternative valide anche il numero di ragazze che si presterà a questi giochi diminuirà sicuramente. E le alternative sono su tanti fronti: economico, culturale, affettivo, sessuale. Quante ragazze ricevono un’educazione sessuale seria, che le metta in grado di essere consapevoli di quello che vogliono e di esigerlo? Quante difese ci sono contro un modello culturale che presenta le donne come cose a disposizione degli uomini, senza personalità propria, ma soprattutto senza sessualità propria? Molte psicologhe stanno denunciando che l’effetto di questi modelli, a partire dall’infanzia, è l’oggettivazione del proprio corpo, il sentirlo come una cosa. L’azione più rivoluzionaria sarebbe che i genitori cominciassero ad affrontare i propri tabù, che a questo punto non hanno più ragione d’essere, e a parlare apertamente di sessualità con i figli, ma su tutti i fronti, non solo sui metodi anticoncezionali e cose del genere. E questo sì che è difficile.
25 febbraio 2010 alle 19:25
Aderisco all’appello anche se, come ho scritto qui
http://valterbinaghi.wordpress.com/2010/02/25/madri-ditalia-di-valter-binaghi/
il problema non è solo nell'”utilizzazione finale” ma anche nell’origine culturale di certi comportamenti. Credo che il degrado peggiore sia in quel misto di disillusione e complicità che caratterizza la mentalità di molti genitori cinquanta-sessantenni.
Guarda caso, gli stessi che si sono scrollati di dosso il familismo dell’italia contadina e anche quel tanto di ascetico che c’era nel marxismo professato in gioventù per abbracciare il liberismo affettivo osannato dalla società dei consumi.
26 febbraio 2010 alle 15:57
Cara Irene, sono in parte d’accordo con te. Si, la rivoluzione di genere ci vuole. Per quel che mi riguarda agisco su due fronti: privato, a casa, e pubblico, a scuola. Faccio la maestra di scuola materna e in sezione cerco di fare in modo che maschi e femmine giochino tutti a tutto, indipendentemente dal genere di appartenenza. In media comunque, su una classe di 28 bambini 3-6 anni, di cui 16 maschi e 12 femmine, almeno 8-10 maschi trovano ‘strano’ che altri loro compagni giochino alle bambole. Tra le femmine soltanto 1-2 trova strano che un maschio giochi a ‘giochi da bimbe’, mentre tra queste soltanto 3-5 gioca alle macchinine. A correre, ad acchiapparello, a palla, ci giocano tutti indistintamente, come a botte, solo cambia il modo di darsele: graffi, morsi, pizzicotti, le femmine, calci, sputi, pugni, spinte, i maschi. Tra i bambini più disinvolti nel gioco ‘misto’ ci sono quelli i cui padri si occupano di faccende domestiche e che li accudiscono tanto quanto le madri. Più difficile avere questo atteggiamento in bambini provenienti da famiglie dove le madri non lavorano, o da altre culture. C’è da lavorare.
26 febbraio 2010 alle 19:03
Cara Alessandra, lo so! Purtroppo molti genitori non si rendono conto di come sia prima di tutto la quotidianità a fare la differenza. E per prima cosa io butterei la televisione fuori di casa! Sono cresciuta senza e, a parte la voglia di essere “come gli altri”, non ho avuto nessun problema, anzi ci ho guadagnato.
27 febbraio 2010 alle 23:22
Salve a tutti!Vi scrivo con la volontà di non risultare polemica, mossa dalla curiosità nei riguardi dei vostri pensieri. Sono una studentessa, che per fortuna o per sfortuna, ancora estranea al mondo del lavoro, ma questo non significa che ignori alcune realtà. Per caso mi sono trovata a leggere della vostra iniziativa, e sinceramente non so quanto possa essere davvero utile.
Sono d’accordo sul fatto che se un uomo delle istituzioni proponga un “affare” ad una donna questa sia una questione politica, ma allora la ragazza dovebbe denunciare il fatto senza cedere alla proposta. Che io sappia, quanto meno durante questo governo, non è mai accaduto che una donna abbia rifiutato tali presenti senza avere prima una qualche garanzia.
Io penso che poter cedere alla tentazione faccia parte dell’animo umano, ma non per questo giustifico un tale comportamento. Per quanto riguarda la situazione italiana, non credo che rivolgere alla sinistra o alla destra (perchè se viene proposta deve essere proposta a tutti) tale questione porti a qualcosa. Piuttosto ritengo che appoggiare un parlamento pulito possa essere un passo importante per ottenere la considerazione di cui parla la vostra petizione. Credo che eleggere persone incensurate possa essere già di per sè una garanzia d’onestà, quanto meno parlo di onestà intellettuale (o meglio se io politico vengo scoperto come minimo mi dimetto). Anche se con questa petizione un politico dirà “si, anch’io non ritengo normale” io non ho risolto il mio problema, e questo perchè non mi sento più rappresentata da nessuna delle persone al momento eleggibili. Spero che scegliere delle persone che non abbiano nulla a che fare con la malavita possa portare ad un comportamento rispettoso ed intelligente.
Per quanto riguarda la questione dell’immagine della donna, ritengo che nella nostra società non si possa parlare di costrizione, cioè non penso che la velina venga costretta a ballare semi-nuda, piuttosto immagino che l’illusione di una vita più comoda spinga ad accettare questo compromesso, ma tale compromesso esiste perchè a parer mio non c’è un’educazione ed una coscienza forte alle spalle di alcuni. L’educazione è una questione che spetta alla famiglia con l’appoggio delle istituzioni, ma ritengo che Montanelli avesse ragione a dire che l’italiano ha perso memoria delle proprie radici e quindi delle proprie ricchezze, senza una consapevolezza della propria identità non vedo come non si possa cadere nella scelleratezza.
Spero di non aver offeso e/o annoiato nessuno, perchè sicuramente non è il mio intento, piuttosto sarei felice di sapere cosa ne pensate.
4 marzo 2010 alle 10:49
tutto giusto, sottoscrivere l’appello – in sè – non cambia più di tanto la realtà e non offre garanzie di coerenza personale e politica.
Quello che serve è però il dibattito che fa nascere sia sul web, ma soprattutto nella società “reale”. Sarà l’età, ma ritengo fondamentale non esurire il dibattito sulle pagine dei commenti.
Partecipo ad un gruppo di donne che si riconosce nel comitato “usciamo dal silenzio” e vogliamo riportare il dibattito nei luoghi di incontro, primo fra tutti nelle scuole.
Le ragazze e i ragazzi sono come sono, fanno quello che possono e che sanno…..Siamo noi, genitori e insegnanti e intellettuali e politici e adulti con coscienza in genere, che per troppi anni siamo stati zitti, o abbiamo balbettato in modo confuso, o abbiamo pensato che bastasse coltivare il nostro orticello reale o metaforico, SVEGLIA E DIAMOCI DA FARE!
Naturalmente parlo in primis per me….
4 gennaio 2012 alle 11:18
arrivo tardi, tardissimo, come sempre. ma non posso non commentare.
se l’appello ‘io non considero normale’ mi fosse rivolto ora, non metterei la mia firma. certo mi indigno pure io ogni santa volta che vedo e che sento, ma non metterei la mia firma, per protesta alla protesta.
ritengo sia un fatto personale, e non collettivo. ogni donna faccia quello che le pare. moana pozzi vendeva il suo corpo, era una porno diva, ma aveva testa e classe, per quello che so di lei da interviste su giornali o in tv, mai volgare, mai sopra le righe, sapeva esistere OLTRE. Direi unica.
cosa voglio dire? che la mediocrità esiste. vogliono essere popolari? bene, che vadano, se poi riusciranno ad usare la popolarità per dire o fare ogni tanto anche qualcosa che abbia un senso significa che hanno i numeri per farlo. diversamente hanno i numeri per fare solo quello che fanno. eccheppalle!
l’educazione dei figli vada nella direzione che il genitore ritiene debba andare. se la società oggi è questa significa che ‘siamo’ stati educati così. ad ognuno la propria responsabilità.