Questa dichiarazione di Benedetto XVI è ineccepibile. Sempre che, ovviamente, si dimostri che una “legge morale naturale” esiste, e che essa è effettivamente “iscritta nel cuore di ogni uomo”.
Ecco una domanda:
1. Una legge naturale esiste.
2. La natura è in continua evoluzione.
3. La legge naturale è in continua evoluzione.
Oppure:
1. Una legge naturale esiste.
2. La natura è quel che è, che è sempre stata, e che sempre sarà.
3. La legge naturale è quel che è, che è sempre stata, e che sempre sarà.
Ossia:
Se si accetta (come ipotesi) che una legge naturale esista, bisogna comunque domandarsi che cosa è la natura e che cosa è naturale.
Tag: Benedetto XVI
16 gennaio 2010 alle 09:51
La natura non esiste, è una creazione dell’uomo.
Cano
16 gennaio 2010 alle 10:17
Domandarsi cosa è la natura e cosa è naturale DOPO aver accettato come ipotesi che una “legge naturale” esista è del tutto paradossale (o come dicono gli inglesi con espressione qui adattissima: “preposterous”).
Il primo problema invece mi pare proprio lì, nel capire, o stabilire, cosa sia natura, e cosa non lo sia. E il secondo magari, prima di ipotizzare l’esistenza della legge naturale, chiarirsi, rendere manifesto che cosa si intenda nel caso specifico con la parola “legge”, in quanto temo che si tenda a sovrapporre almeno due significati (quello del diritto con quello delle scienze)
16 gennaio 2010 alle 15:04
Mi sembra che un conto sia la natura, altro le leggi di natura.
Siccome le leggi di natura mi sembrano un sottoinsieme dell’insieme più ampio chiamato “natura” allora il sillogismo non funziona, perchè la natura si potrebbe ben evolvere, ma solo nella parte non coincidente con le leggi di natura che potrebbero restare immutabili.
Confesso di non avere ben chiaro cosa sia questa “legge morale naturale” ma sospetto che come al solito la chiesa abbia trasformato la speranza (che in ogni uomo, credete o ateo, sia presente un etica assoluta e orientata al bene) in certezza, per poi chiamarla fede.
16 gennaio 2010 alle 15:11
E’ proprio nel cuore degli uomini che risiede la speranza
16 gennaio 2010 alle 18:22
Volevo solo far notare, Fabio, che la gerarchia della chiesa cattolica parla costantemente di “legge naturale” come se essa (a) esistesse e (b) fosse immutabile, evitando costantemente di mettere in luce il presupposto di tale immutabilità. (E, come giustamente tu fai notare, mantenendo anche una curiosa confusione tra leggi empiriche e leggi prescrittive).
gm
16 gennaio 2010 alle 23:06
Natura nisi parendo vincitur, si diceva un tempo.
Se l’evoluzione è naturale, identifica dei mutamenti che trasformano ma non negano l’identità del soggetto. Aristotelicamente: attualizzano ciò che era comunque in potenza. Ergo, la legge naturale non è altro che naturale. Ma ho l’impressione che nei sillogismi di Giulio (entrambi) si nasconda una “quaternio terminorum”: in una premessa natura significa una cosa, nell’altra premessa un’altra cosa.
Pedanteria aristotelica?
E perchè le categorie di una filosofia spacciata come scienza (il darwinismo) dovrebbero essere preferibili a quelle di una filosofia che si dichiara come tale?
16 gennaio 2010 alle 23:13
Preciso:
Nelle premesse 1 naturale significa riconoscibile con facoltà naturali (la ragione) da ogni uomo in quanto uomo, a prescindere dal contesto storico-culturale e dal diritto positivo vigente.
Nelle premesse 2 natura significa la totalità di tutti i fenomeni accaduti accadenti e futuri, il che è per definizione non-concettualizzabile a priori. Infatti l’evoluzionismo così come il creazionismo sono non due teorie scientifiche ma due filosofie della natura, anzi starei per dire due teologie che presuppongono una fede.
17 gennaio 2010 alle 07:33
Valter, ho offerto i miei sillogismi con le parole: “Ecco una domanda”. Ovvero perché fossero controllati.
Quindi, ulteriori domande. Esiste una legge riconoscibile con facoltà naturali (la ragione) da ogni uomo in quanto uomo, a prescindere dal contesto storico-culturale e dal diritto positivo vigente? E: a questa domanda si deve dare una risposta “scientifica” o d’altra specie?
“Se l’evoluzione è naturale, identifica dei mutamenti che trasformano ma non negano l’identità del soggetto”. Quindi anche la “legge naturale” (posto che esista) potrà avere nel tempo dei mutamenti che non ne negano l’identità?
(Non tirerei in causa, in quanto non c’entrano, sia il “darwinismo”, che è un’incomprensione ottocentesca del lavoro scientifico di Darwin, sia l’ “evoluzionismo”, che è una posizione politica nata solo per opposizione al creazionismo. Il lavoro scientifico di Darwin e dei suoi successori ha prodotto ottimi risultati, mi pare, e creato un sacco di nuovi problemi).
giulio
17 gennaio 2010 alle 10:08
Giulio, secondo me la legge naturale di cui parlarono già i sofisti greci ()Ippia, Antifonte) ben prima dei teologi cristiani è nell’ordine dell’implicito. Più un’intuizione di ciò che è il giusto e il buono, che si esplicita e chiarisce via via misurandosi con le circostanze, ma restando fedele a sè stessa. Ad esempio una comunità di pescatori in cui si è sempre trovato giusto che ognunio peschi secondo le proprie capacità dovrà ridefinire il proprio costume quando arriva un tizio che pesca con le bombe (e quindi di fatto distrugge le possiobilità di approvigionamento degli altri). Ma questa ridefinizione sarà necessarioa proprio per restarte fedeli all’ispirazione originaria. Quindi non è nell’ordine del mutamento che rende obsoleta la fase precedente ma si tratta di una maggiore determinazione del medesimo.
18 gennaio 2010 alle 09:42
“Ad esempio una comunità di pescatori in cui si è sempre trovato giusto che ognuno peschi secondo le proprie capacità dovrà ridefinire il proprio costume quando arriva un tizio che pesca con le bombe (e quindi di fatto distrugge le possiobilità di approvigionamento degli altri)”
tutto sta in quel “SI è sempre trovato giusto”. CHI è il soggetto, qui? Ciò che dice Benedetto XVI è che non solo la legge naturale esiste, ma che essa è “iscritta nel cuore di ogni uomo”. Nel tuo esempio il soggetto è costituito dai pescatori di quella comunità, ed esclude il tizio che vien da fuori per pescare con le bombe. Nella visione di Benedetto, quel “SI” comprende quel tizio.
18 gennaio 2010 alle 13:47
Anche nella mia. Il carattere implicito della legge naturale è una cosa. La corruzione del giudizio umano è un’altra: è ciò per cui riconosciamo l’ingiustizia nel comportamkento altrui, ma più difficilmente nel nostro, per cui troviamo sempre eccezioni e scusanti. Locke, che credeva nello ius naturalis, ritiene che lo Stoto e quindi il diritto positivo nascano per l’esigenza di un arbitrato oggettivo mediante l’uso legittimo della forza.
18 gennaio 2010 alle 15:02
“Il carattere implicito della legge naturale è una cosa. La corruzione del giudizio umano è un’altra”
se il giudizio umano è corrotto( e io credo che lo sia), anche ove esistesse una legge naturale nessun umano potrebbe dimostrare di sapere ove essa sia altrimenti che usando il proprio corrotto, e fallace, giudizio umano. Che vi sia o no legge naturale, è del tutto indifferente ai fini dei comportamenti umani.
18 gennaio 2010 alle 15:19
Non è così semplice. Infatti è in nome dell’etica che le leggi dello Stato vengono spesso contestate. In caso contrario ci sarebbe un assoluto positivismo giuridico, vale a dire che una legge è sempre giusta in quanto promulgata da uno Stato in nome del consenso di una maggioranza. Il riconoscimento dell’obiezione di coscienza, almeno in alcuni casi, implica il riconoscimento di un principio che vincola la coscienza a prescindere dal diritto positivo.
18 gennaio 2010 alle 17:20
Le leggi dello Stato vengono contestate in nome, ciascuno, della visione etica propria, per l’appunto. E quanto all’obiezione di coscienza, mi pare esattamente il riconoscimento che i principi che vincolano le coscienze sono diversi, e che non c’è modo di stabilire quale sia il più vicino a una pretesa “legge naturale”. Ove esistesse un tale modo, se si potesse dire indubitabilmente che QUESTA LEGGE risponde senza dubbio alla “legge naturale”, allora sapremmo per certo che ogni obiezione a tale legge sarebbe, altrettanto senza dubbio, frutto esclusivo della “corruzione del giudizio umano”, e da rigettare senz’altro come errore. E’ quello che fa il Papa, infatti: non mi pare che sia ammessa “obiezione di coscienza” alla legge di Dio.
18 gennaio 2010 alle 17:38
Mi pare che l’etica “propria” significhi “fatta propria” più che prodotto di individuale creatività. In questo caso sarebbe incomunicabile, non potrebbe impegnare nessun’altra coscienza che quella del suo autore. Credo che tutta questa discussione nasca dall’incapacità di distinguere tra ciò che è intuito ma non ancora esplicitato e quindi condivisibile e ciò che è razionalmente evidente e quindi positivamente formulabile.
18 gennaio 2010 alle 18:25
“Credo che tutta questa discussione nasca dall’incapacità di distinguere tra ciò che è intuito ma non ancora esplicitato e quindi condivisibile e ciò che è razionalmente evidente e quindi positivamente formulabile”
Il problema semmai è dimostrare che, tra ciò che è razionalmente evidente, ci possano stare anche i giudizi morali. Ed è un onere tutto a carico di chi sostiene tale posizione.
18 gennaio 2010 alle 19:57
Dai filosofi in poi, praticamente tutti gli estensori di un’etica filosofica, almeno per quanto riguarda i principi. Per quanto riguarda il giudizio nel singolo caso, non basta l’intelligenza del principio ma occorre in più l’intelligenza della circostanza. Questa è la differenza tra quelle che Aristotele chiamava scienze pratiche e le scienze teoretiche.
I principi sono razionalmente evidenti, ma non bastano i principi per giudicare.
19 gennaio 2010 alle 08:56
“tutti gli estensori di un’etica filosofica” hanno sostenuto una tale posizione, senz’altro. Da lì a dire che ne abbiano dimostrato la “verità”, ce ne corre. Lì è il problema reale, mica nello scarto tra i principi e le applicazioni pratiche.
Il principio che per uno è razionalmente evidente, per un altro è una solenne baggianata: dimostrami che l’uno ha ragione e l’altro torto, e io proporrò quell’uno che ha ragione come dittatore unico dell’universo, e avremo trovato la forma di governo perfetta.
19 gennaio 2010 alle 10:02
La “corruzione” del “giudizio umano”, è un evento innaturale? E’ contronatura? Va contro qualche legge naturale o avviene secondo una qualche legge naturale?
(Questo solo per ricordare che, purtroppo, disponiamo di parole così ricche di senso da averne troppo; e il lavoro di spiegarsi è difficile).
Aggiungerei un argomento empirico.
Si può dire che buona parte delle comunità umane hanno trovato una “legge” sostanzialmente condivisa all’interno della comunità stessa; e che buona parte delle comunità umane dotate di una “legge” si è posta seriamente il problema dell’incastro della propria “legge” con la “legge” delle altre comunità umane. Questo vorrà dire qualcosa (ed è un argomento che invita, senza provarne l’esistenza, a pensare che qualcosa come una “legge naturale” esista).
Tuttavia, si può dire che si danno in natura, presso le diverse comunità umane, “leggi” assai diverse e addirittura inconciliabili; e non parlo di comunità piccole, isolate, eccetera; ma di grandi comunità, numerosissime, potenti, illustri per la loro storia e il loro presente, eccetera. Questo ugualmente vorrà dire qualcosa (ed è un argomento che invita, senza provarne l’inesistenza, a pensare che qualcosa come una “legge naturale” non esista).
Ho il sospetto che la gerarchia della chiesa cattolica (italiana soprattuto) abbia la tendenza a fare essa stessa un po’ di confusione tra, come bene dice Valter, “ciò che è intuito ma non ancora esplicitato e quindi condivisibile e ciò che è razionalmente evidente e quindi positivamente formulabile”. Ovvero, ho l’impressione che “ciò che è intuito ma non ancora esplicitato e quindi condivisibile” venga spesso presentato come se fosse “razionalmente evidente e quindi positivamente formulabile”. (E i giornali, per i quali parlare di qualcosa che “è intuito ma non ancora esplicitato e quindi condivisibile” è semplicemente impossibile, e tutto deve essere presentato come se fosse “razionalmente evidente e quindi positivamente formulabile”, aiutano).
g,
19 gennaio 2010 alle 10:52
Non sono solo i giornali, purtroppo, a non accontentarsi dell’ “Intuìto Condivisibile” e a cercare a tutti i costi il “Razionalmente Evidente”.
Il punto è esattamente questo: che l’Intuìto Condivisibile(o Condiviso) E’ SUFFICIENTE a fondare una Morale condivisa (più o meno largamente), a fare da punto di incontro tra le etiche individuali per realizzare quella che, Giulio, chiami “una legge sostanzialmente condivisa all’interno della comunità”. In più, io sostengo che è necessario fondare tale morale condivisa sull’Intuìto condiviso in quanto non ci è dato accedere al Razionalmente Evidente, data la natura imperfetta del giudizio di ogni singolo essere umano, data cioè la sua “corruzione” come fatto non accidentale ma insito nella definizione di “uomo”; ma questa mia posizione non mi impedisce di dialogare con chi sostiene che al Razionalmente Evidente si possa effettivamente accedere (anche perché se è Razionalmente Evidente, lo dovrà essere necessariamente anche per me in quanto essere umano che condivide con te la Ragione Umana così ipostatizzata, quindi sono tranquillo che se non sono d’accordo con te, io posso sbagliare nel merito della questione ma te sbagli di sicuro nel sostenere l’Evidenza Razionale di quanto affermi :-)).