di giuliomozzi
Il decalogo, scritto da Bruno Nacci, è qui. Mi pare che ci siano dentro cose assai discutibili. Faccio un esempio.
Il primo punto dice:
1. La scrittura non ha nulla a che vedere con la lettura, così come guidare un off-shore non ha niente a che vedere con il nuoto, anche se entrambe le attività si svolgono in mare.
Credo che qui ci sia semplicemente un paragone sbagliato. Propongo una riformulazione:
La relazione tra la lettura e la scrittura è la stessa che c’è tra il guardare una partita di calcio alla televisone e il giocare in campo da professionisti.
Eventualmente, si paragone si può espandere:
Tutti i giocatori professionisti studiano in televisione le partite delle altre squadre. Ma ciò che li rende dei giocatori professionisti non è la loro capacità di capire e analizzare le partite altrui, bensì la loro capacità di tradurre poi in concrete scelte e azioni nel campo da gioco ciò che hanno capito e analizzato guardando le partite in televisione.
Nella discussione, Nacci aggiunge:
Lo so che sostenere una indipendenza della scrittura dalla lettura (lo dico così approssimativamente) può sembrare paradossale e anche un po’ balzano. Ma se così non fosse dovremmo concludere che chi legge molto scrive anche bene e viceversa. In effetti si tratta di attività molto diverse (qui).
Ebbene, no: se sostenessimo che la scrittura ha qualcosa che vedere con ha lettura, non per questo saremmo costretti a concludere che chi legge molto scrive anche bene. Così come, se sostenessimo che il mangiare ha qualcosa che vedere con il cucinare, non per questo saremmo costretti a concludere che chi mangia molto cucina anche bene. Molto e bene, peraltro, sono avverbi che parlano di cose diverse: uno della quantità, l’altro della qualità.
Il secondo punto del decalogo è questo:
2. A nessuno verrebbe in mente, ignorando il pentagramma e non sapendo suonare alcuno strumento, di mettersi al piano e di eseguire l’Hammerklavier di Beethoven. Molti si siedono al computer o alla macchina da scrivere e iniziano il capolavoro.
Dove il decaloghista paragona un’attività esecutiva (suonare una musica scritta da un altro) a un’attività inventiva (scrivere un testo nuovo): il che è assurdo.
La chiosa al punto 2 (perché questo è un decalogo composto, in effetti, di diciannove punti), pur dicendo di per sé qualcosa di sensato, ha conseguenze bizzarre.
2.1 Imparare a suonare il pianoforte non vuol dire diventare Arturo Benedetti Michelangeli, ma acquisire una tecnica che mette in grado di godere della musica in modo più intenso e consapevole, e si può correre con soddisfazione e profitto anche se non si va alle Olimpiadi.
Se ripieghiamo il punto 2.1 sul 2, potremmo ottenere infatti questo:
Imparare a dattilografare non vuol dire diventare Alessandro Manzoni, ma acquisire una tecnica che mette in grado di godere della letteratura in modo più intenso e consapevole, ecc.
Delle due, l’una: o si ammette che il paragone del punto 2 è assurdo, o si accetta la conseguenza del punto 2.1.
Confido che lettrici e lettori sapranno scovare da soli le altre amenità di questo testo. Il problema è che, oggigiorno, chiunque sia capace di procurarsi due lastre di marmo si sente in diritto di scriverci sopra un decalogo.
Tag: Bruno Nacci, Dio
12 gennaio 2010 alle 06:31
Vedo che la pensi come Lapeperini, che ha scritto: “Decalogo abbastanza ozioso, con ovvietà del tipo: ‘Molti si siedono al computer o alla macchina da scrivere e iniziano il capolavoro’. Ovvio che in tutti i campi ci sono i velleitari e i realmente talentuosi. Questi ultimi lo sono soprattutto in quanto non seguono decaloghi preconfezionati.”
12 gennaio 2010 alle 06:54
P.S. Comunque anche il decalogo di Dio è stato alterato dalla chiesa cattolica rispetto a quello biblico :
http://www.disinformazione.it/diecicomandamenti.htm
12 gennaio 2010 alle 11:30
Sono d’accordo con te, Giulio.
Ho iniziato a leggere il tuo “Corso di scrittura condensato”: per me, è il corso di scrittura condensato ideale.
12 gennaio 2010 alle 12:28
Ho l’impressione che quando si comincia a parlare di “scrittura” sia rischioso scrivere anche titoli oggi come oggi :D.
E come sottolinea Lucio anche quando si è DIO bisogna stare attenti a scrivere decaloghi, che poi sono intepretati da chi li legge, comunque e ovunque, sempre.
Io poi, per quanto riguarda la scrittura, sono persino incline a ricercare il fraintendimento più che il segno definitivo e morto, per così dire.
12 gennaio 2010 alle 13:09
E applicando il nono comandamento del nostro decalogo, dio per cosa scrive? per la gloria no (ché già gli appartiene, e anche del tempo, scusate, se ne impipa). per i soldi? ma vogliamo scherzare? per il piacere di scrivere e di imparare a scrivere? bah!
forse sarebbe meglio chiedersi dio per chi scrive (e infatti ho sempre avuto il sospetto volesse comunicare qualcosa…).
12 gennaio 2010 alle 18:39
Dio scrive per far fare agli uomini quello che vuole lui e, in ultima istanza, per farsi adorare da loro. Secondo alcuni ne avrebbe un gran bisogno. Secondo me no, è solo una nostra pretesa.
13 gennaio 2010 alle 00:26
“Così come, se sostenessimo che il mangiare ha qualcosa che vedere con il cucinare, non per questo saremmo costretti a concludere che chi mangia molto cucina anche bene.”
Però possiamo aggiungere che grandi cuochi filiformi come un giacometti non ne conosciamo…
🙂
13 gennaio 2010 alle 08:30
Lucio, l’autore dell’articoletto in Disinformazione al quale rinvii è decisamente disinformato. Che i dieci comandamenti del catechismo di Pio X non siano pari pari quelli che si trovano nel libro dell’Esodo, lo sanno anche i polli (e d’altra parte, i testi sono lì); che vi sia qualche differenza tra giudaismo e cristianesimo, idem; che colui che è ritenuto dai cristiani il messia, ossia Gesù di Nazareth, abbia introdotto qualche cambiamento nella legge mosaica, idem. E basta non aver dormito a scuola durante le ore di storia per ricordare che ci fu una durissima discussione, a suo tempo, proprio sulla liceità delle immagini.
gm
13 gennaio 2010 alle 09:07
Giulio, non fare come la nonna di “Gesù piange”
http://lucioangelini.splinder.com/post/16744016/GES%C3%99+PIANGE
13 gennaio 2010 alle 09:09
Oooops. Ho sbagliato clamorosamente il link:
http://www.lucioangelini.splinder.com/post/7092645
13 gennaio 2010 alle 10:36
@Lucio
forse è per questo che il salotto delle patrie lettere è così ridotto?…
13 gennaio 2010 alle 10:52
@ Celano. Ma dai, alla tua età credi ancora che esistano i salotti letterari? :- )
13 gennaio 2010 alle 10:55
Il problema dei dacaloghi è che poi c’è gente che crede in quello che dicono.
13 gennaio 2010 alle 19:38
Punto 1) Sono d’accordo con te. Guardare un milione di partite non ci fa grandi giocatori.
Punto 2) Beh… però è anche vero che se non hai suonato uno strumento, difficilmente, sedendoti al piano, potrai comporre la nona…
E perchè ti sei fermato… diventava così interessante!!
14 gennaio 2010 alle 09:21
@Angelini, io no, ma tanti che scrivono ci credono… e contro quei velleitari che tu giustamente citi non c’è decalogo che tenga. Preferiscono rimanere idolatri con tanto di vitello (sia pure di bigiotteria)…
24 gennaio 2010 alle 12:48
Io, del suddetto decaloghetto, ho contestato l’ottimismo nella realizzazione delle intenzioni dello scrittore e il concetto di “rappresentazione” dato come pacifico. – http://eudemonico.altervista.org/wordpress/viva-la-rivoluzione.html