di giuliomozzi
E’ morta l’Alda
la vecchia pazza
la pazza santa
che ci riscalda.
E’ morta vecchia
sazia di vita
di vita avuta
solo da vecchia.
La vita sana.
La vita pazza.
La vita santa.
La vita brutta.
Siamo in un pozzo
e questo è tutto.
Il sito ufficiale.
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Tag: Alda Merini
This entry was posted on 2 novembre 2009 at 08:11 and is filed under Archivio giulio mozzi. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed.
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2 novembre 2009 alle 08:38
te la traduco subito male
Murió la Alda
la vieja loca
la loca santa
que nos calienta.
Se ha muerto vieja
harta de vida
de vida habida
solo de vieja.
La vida sana
La vida loca
La vida santa
La vida fea
Esto es un pozo
esto es lo que hay
2 novembre 2009 alle 10:16
Improvvisazione funeraria.
————-
L’Alda morí all’Alba
Era Crema l’Alda
Nuda
Succosa
Di ogni gusto
Senza la cialda
——————–
Potrei azzardare a considerare la Poetessa Alda Merini una “impressionista della vita”.
2 novembre 2009 alle 13:50
mi piace, è bella, grazie giulio
2 novembre 2009 alle 21:33
adesso, che si incazzino gli stessi che hanno storto il nasino in occasione dei funerali di stato concessi a Mike Bongiorno, nè…?
http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/09_novembre_2/funerali-di-stato-alda-merini-1601945606559.shtml
2 novembre 2009 alle 22:21
è bellissima Giulio, di una sensibilità nascosta. In quattordici versi sei riuscito a condensare una vita intensa e unica come quella dell’Alda. E’ morta Alda, viva Alda!
3 novembre 2009 alle 20:51
Non e’ vero che siamo in pozzo. Non lo sappiamo, se siamo in un pozzo o no. Come scrivevo qui:
http://lamaniaperlalfabeto.splinder.com/post/21551456/Cambiare+il+mondo+-+1
5 novembre 2009 alle 08:53
marco ma cosa è per te essere in un pozzo?
5 novembre 2009 alle 21:20
Monica, letteralmente l’espressione “Siamo in un pozzo e questo e’ tutto” di per se’ ha un senso se si riferisca solo e soltanto a un gruppo di persone (“siamo”) che si trovano in un pozzo (in fondo?, a meta’?, all’inizio?, e che levino un canto di lamento alla vita). L’espressione assume un senso figurato invece se pensiamo che quelle persone siamo “noi”, noi lettori, noi tutti, che dopo aver descritto tipologie di vita, concludiamo che cio’ che c’e’ e’ che siamo in un pozzo e questo e’ tutto. Puoi viverla pazza, puoi viverla bella, puoi viverla brutta. Non importa: sei in un pozzo. Ora se io mi trovo in un pozzo (grande? piccolo?) son comunque in un ambiente circoscritto, probabilmente di forma circolare e quindi limitato, dal quale non posso uscire. Sono imprigionato? Forse si’. Del resto “finire in fondo a un pozzo”, un comune pozzo, di quelli di cui si puo’ comunemente osservare, e’ un’esperienza che si puo’ si’, e a ragione, assimilare a quella del finire in una prigione (ossia un ambiente altrettanto circoscritto, limitato, etc). Quindi se siamo in un pozzo siamo imprigionati – “noi”, che ragioniam intorno alla vita. La tracorriamo in una gabbia, in un pozzo. A questo punto, stando cosi’ le cose, si puo’ sensatamente obiettare che potrebbe non essere vero, ossia che questo “non” e’ tutto. Ci potrebbe essere dell’altro oltre la gabbia. Che trascorriamo la vita in una gabbia potrebbe essere, cinicamente, vero: ma potrebbe non essere tutto. Dobbiamo ammettere di non sapere esattamente se esista una continuazione della vita dopo la vita. Se dopo la vita esiste altra vita ecco che allora diventa falso che siamo in un pozzo o in una gabbia: per la semplice, e altrettano cinica ragione, Monica, se vuoi, che ad attenderci ci potrebbe essere una ‘seconda’ gabbia o un ‘secondo’ pozzo. Solo che non lo sappiamo. A tutt’oggi noi non lo sappiamo che cosa ci sia dopo la vita. Aggiungo che forse dovremmo smetterla di almanaccare ipoteticamente e trovare una risposta concreta a questo domandare querulo.
Questa poesia mi sembra una poesia falsa. Esattamente come falsa mi sembra la poesia di Tiziano Scarpa contenuta nel suo libro Batticuore Fuorilegge dove d’un tratto Scarpa scrive che i solchi che si osservano ad occhio nudo sulla luna sono rughe, cicatrici, contusioni prodotte dalle parole dei poeti, dal loro mai stanco cantarla e canzonarla. L’immagine, scritta poi nel modo come Scarpa la scrive e’ molto romantica, ma e’ immediatamente falsa: e’ solo una splendida bolla di sapone dorata. Ovvio che Scarpa lo sa, e Scarpa implicitamente (ma ottenendo abilmente la complicita’ immediata del lettore) e’ come se lo invitasse a giocare con lui a questo gioco chiamato poesia, puro divagare della fantasia, del fantasticare, senza remore, dove posso dirti che la luna e’ un carbone zuccherato o e’ marzapane e io ti chiedo solo di crederci…