Trovarobe, 11

by

di giuliomozzi

[Nel giugno del 2005 Gianni Bonina, direttore di Stilos (una bella rivista che oggi non c’è più, per la quale avevo già compilate le 100 puntate del (non) corso di scrittura e narrazione) mi chiese di inventarmi una nuova rubrica. Nacque così Trovarobe, rubrica dedicata (almeno in teoria) all’andar cercando libri. Poiché non mi sembrano poi brutti articoli, li ricupererò qui. Leggi tutti i Trovarobe].

Vi racconto una storia che ho trovata in un libro. Il libro è: La medicina delle passioni, ovvero Le passioni considerate relativamente alle malattie, alle leggi e alla religione. L’autore è Jean Baptiste Félix Descuret, dottore «in Medicina ed in Lettere» dell’Accademia di Parigi. Possiedo la seconda edizione («con correzioni ed aggiunte») della «prima versione italiana», stampata a Firenze da Alcide Parenti nel 1847. Il mio esemplare, cosa che mi piace assai, proviene, come dimostran timbri e bolli, dalla Biblioteca Alberto Cencelli del Manicomio Provinciale di Roma.

Leggendo e spulciando ci ho trovato (preso in mezzo tra la «Mania dell’ordine» e il «Fanatismo artistico») un capitolo dedicato alla «Mania delle collezioni»; nel quale il posto d’onore spetta, né ne avrei dubitato, alla «Bibliomania»: «la più estesa, e la più seducente, e la più lentamente rovinosa» (p. 617), dice il Descuret, di tutte le manie di collezione. E per darne la prova ci racconta una storia.

Viveva in Parigi un notaio, di nome Boulard, «uomo di buon gusto e ben istruito in letteratura», assai stimato per «intelligenza, zelo e virtù». Per tutta la sua vita il Boulard non s’era dedicato che all’attività dello studio, all’affetto della moglie e all’educazione del figlio. Ma quando il figlio, intelligente zelante e virtuoso quanto il padre, gli succedette, il Boulard, «divenuto padrone di sé e del suo tempo non pensò ad altro che a formarsi una collezione di libri rari e curiosi». «Eccolo dunque all’opra», racconta il Descuret: «Passa una parte della giornata presso i librai, un’altra presso i rivenditori di libri vecchi, scartabellando, frugando, misurando e acquistando sempre edizioni rare, edizioni buone […]. I suoi numerosi acquisti eran sempre pagati a denaro contante: talché dopo qualche anno fu considerato per tutta Parigi come la seconda Provvidenza de’ rivenditori di libri usati. Andando le cose di questo passo, gli scaffali che foderavan le mura del suo appartamento furon tosto pieni, e bisognò preparare il posto per gli acquisti futuri. Da donna prudente ed economa la signora Boulard avea sovente consigliato il marito a mettersi un po’ a leggere i libri comprati, prima di prenderne altri; ma tal consiglio, buono al più per un bibliofilo, non andò punto a verso del nostro bibliomane. I nuovi volumi che da qualche tempo venian portati a balle, a tese quadre, furon dunque messi accatastati dinanzi alla libreria, divenuta ormai inaccessibile, e fin nella camera ove dormiva, convertita poi in quattro anditi guarniti di scaffali».

A un certo punto il nostro uomo comincia a stare in giro giorni interi, addirittura a non tornare a casa la notte. La moglie (santa donna!) lo fa pedinare, e si scopre che il Boulard, possedendo degli appartamenti dati in affitto, ne aveva scacciati gli inquilini per accumularvi ancora libri su libri. Di fronte all’ira disperata della moglie, il Boulard cede. Non comprerà più «un sol volume senza il permesso espresso della signora»; e s’impegna a cominciar subito il catalogo di quelli che già possiede. Comincia quindi per il Boulard una vita più regolata: tutto il giorno a catalogare, mettere in ordine, sistemare; poche occhiate, di tanto in tanto, timide e languide, ai banchi delle librerie. S’era impegnato «sulla sua fede di antico notaro», e rispettava l’impegno.

Com’è come non è, a un certo punto il Boulard si ammala. «Perdé a poco a poco l’appetito e le forze, cominciò a smagrire; il suo carattere altrevolte amabile e lieto divenne affatto cupo e malinconico; finalmente roso da una febbre nervosa fu ridotto a non poter più lasciare il letto». Ma il medico, per fortuna del Boulard, era un furbacchione. Convocò un venditore ambulante di libri; lo invitò a rizzare il suo banco proprio sotto le finestre del Boulard. E il Boulard, dal letto, sentiva il brav’uomo invitare i passanti «con voce squillante e sonora». «Se potessi almeno andare a vederli!», disse alla moglie. «Mi pare che l’aria mi farebbe bene».

Detto fatto. Buttata una mantella sopra la camicia da notte, il Boulard scese, guardò, sfogliò, palpò, desiderò, comperò, risalì in casa, e presto risanò. E in questo modo, tra lunghi periodi d’astinenza e malattie risanate a forza di comprar libri, il Boulard, scrive il Descuret, visse ancora a lungo; senonché il 6 maggio 1825 «ebbe il dispiacere di lasciar la vita senza potere seco portarsi i suoi seicento mila volumi». Amen.

[La ripubblicazione di Trovarobe è dedicata ad Alex Fringberger, i cui libri sono così difficili da trovare che abbiamo dovuto inventarceli. gm]

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