di giuliomozzi
[Nel giugno del 2005 Gianni Bonina, direttore di Stilos (una bella rivista che oggi non c’è più, per la quale avevo già compilate le 100 puntate del (non) corso di scrittura e narrazione) mi chiese di inventarmi una nuova rubrica. Nacque così Trovarobe, rubrica dedicata (almeno in teoria) all’andar cercando libri. Poiché non mi sembrano poi brutti articoli, li ricupererò qui. Leggi tutti i Trovarobe].
Sto finendo di leggere in questi giorni un romanzo di Don DeLillo, Libra. È un romanzo assai bello. Basandosi sul «Rapporto Warren» – il rapporto ufficiale sull’assassinio del presidente degli Stati uniti d’America John Kennedy – DeLillo racconta, in capitoli alternati, la vita di Lee H. Oswald e la costruzione dell’ambiguo complotto che fece di Oswald l’assassino di Kennedy. Ma non è di Libra che volevo parlarvi, bensì del mio particolare rapporto con i libri di Don DeLillo.
Il primo libro di DeLillo che lessi, fu Underworld. Era un SuperCorallo Einaudi da trentottomila lire. Non lo comperai. Underworld era appena uscito, mi trovavo un giorno negli uffici dell’Einaudi, ce n’era una copia lì, e senza esitazioni la trafugai. Lo lessi, come sempre, in treno: dovevo fare alcune lezioni all’Università di Bari, partivo da Padova, mia città, alle sette del mattino, arrivavo a Bari alle quattro del pomeriggio, facevo lezione dalle cinque alle otto, alle nove e mezza di sera riprendevo il treno, e sbarcavo a Padova di nuovo alle sette del mattino. In un paio di viaggi lessi questo tomone di 885 pagine, trovandolo splendido.
Un po’ di senso di colpa, peraltro, ce l’avevo. Così decisi di rimediare comperando almeno un altro libro di DeLillo pubblicato da Einaudi. Scelsi Rumore bianco: perché tutti dicevano che era uno dei suoi libri più belli, e perché ce n’era un’edizione economica. Comperai Rumore bianco. Arrivato circa a metà, mi accorsi che mancavano due interi sedicesimi: sessantaquattro pagine. Mi feci cambiare il libro. Ripresi a leggere da dove l’avevo interrotto. Qualche pagina dopo mi accorsi che c’era un sedicesimo ripetuto. Passai oltre. Il sedicesimo si ripeteva ancora. In sostanza, da un certo punto in poi il libro era costituito da una serie di sedicesimi ripetuti.
Decisi che se il destino parla così esplicitamente, bisogna starlo a sentire. Così mi tenni la copia con i sedicesimi ripetuti, e rinunciai a finir di leggere Rumore bianco.
Proprio in quei giorni un conoscente mi chiese se potevo vendergli un certo libro, assai difficile da trovare. Io risposi: non te lo vendo, mandami un altro libro in cambio. Il conoscente mi spedì un libro di DeLillo: Mao II. Non nell’edizione Einaudi, ma in quella di Tullio Pironti Editore. Lo lessi senza alcun problema.
Avevo voglia però di leggere anche Libra. Perciò lo acquistai, a Firenze: di nuovo, un tascabile Einaudi. Sul treno da Firenze a Pisa mi addormentai. Mentre dormivo mi rubarono la borsa. Persi così spazzolino, dentifricio, ricambio di mutande e calzini, e Libra, del quale avevo letto forse tre pagine.
Qualche settimana fa, a Modena, vidi su un banco due libri di DeLillo: Libra, appunto, e I nomi. Entrambi nell’edizione Pironti. Li comperai al volo. Lessi prima I nomi – che, confesso, non mi è piaciuto tanto – e ora sto finendo, appunto, Libra.
Qual è la morale di questa storia? Mi pare evidente. Tutte le volte che ho cercato di dare dei soldi all’editore Einaudi, non sono riuscito a leggere il libro di DeLillo. Tutte le volte che mi sono procurato il libro in altro modo (scroccandolo, o comperandolo usato nelle edizioni Pironti), sono riuscito a leggere il libro. Dev’esserci, da qualche parte, qualcuno che ha stabilito questo: Giulio Mozzi, se vuole leggere DeLillo, può farlo; a condizione che Einaudi non ci guadagni nulla.
Naturalmente io non ho nulla contro Einaudi, e non scrivo questo articolo per danneggiare Einaudi. Ma se, non si sa mai, qualche altro lettore fosse vittima di questa stessa maledizione (che non è un caso isolato: so di una persona, per dire, che per tre volte smarrì Il giardino dei Finzi-Contini di Giorgio Bassani, ricomprandolo le prime due volte, e poi decidendo che se Qualcuno così voleva, così doveva essere; e so di un’altra persona che, avendo ordinata per posta un’opera in tre volumi, si vide consegnare tre volumi primi; ne rispedì indietro due, con fiera protesta, e ottenne un solo volume terzo; riscrisse, protestando ancor più fieramente, e ricevette con mille scuse un’altra opera, di tutt’altro argomento, in quattro volumi: dopodiché si rassegnò) posso dire che nelle edizioni Pironti esistono, e sono in commercio, di DeLillo, non solo Libra e I nomi, ma anche Giocatori, Rumore bianco e Cane che corre. E se non avete mai sentito nominare l’editore Pironi, leggetevi la sua spassosissima autobiografia: Libri e cazzotti (Pironti editore, ovvio).
[La ripubblicazione di Trovarobe è dedicata ad Alex Fringberger, i cui libri sono così difficili da trovare che abbiamo dovuto inventarceli. gm]
Tag: Don DeLillo, Einaudi, Stilos, Tullio Pironti
7 Maggio 2009 alle 20:28
Anche la mia copia Einaudi di “Rumore bianco” ha il sedicesimo mancante.
7 Maggio 2009 alle 22:05
A me “I nomi” è piaciuto, e ne ho scritto qui: http://www.lankelot.eu/index.php/2008/06/02/delillo-don-i-nomi/
oddio, rileggendola, sarebbe da correggere un po’. vabbè.
Poi ho letto “Running dog”, e mi è piaciuto meno, anche se in certi personaggi anticipa quelli de “I nomi”. E niente.
Per Pironti sono usciti: I nomi, Running dog, I giocatori, Lybra…ce ne sono di sicuro altri ma non ricordo.
ciao.
8 Maggio 2009 alle 12:43
Federico, ma allora è un complotto! g.