Trovarobe, 7

by

di giuliomozzi

[Nel giugno del 2005 Gianni Bonina, direttore di Stilos (una bella rivista che oggi non c’è più, per la quale avevo già compilate le 100 puntate del (non) corso di scrittura e narrazione) mi chiese di inventarmi una nuova rubrica. Nacque così Trovarobe, rubrica dedicata (almeno in teoria) all’andar cercando libri. Poiché non mi sembrano poi brutti articoli, li ricupererò qui. Leggi tutti i Trovarobe].

Devo fare in fretta, ho poco tempo. Ho sempre poco tempo. Salto da un treno all’altro, da un autobus all’altro, da una metropolitana all’altra. Ho lo zaino sempre pieno di libri. I più bizzarri. Mentre giro per le città, continuamente compero libri. Nelle edicole, nelle librerie, nelle bancarelle. Parto, vado a Milano, a Roma, a Venezia, a Torino; porto con me un libro, due libri da leggere, il numero delle pagine calcolato sulle ore di treno che affronterò; e poi mentre sono in viaggio i libri diventano tre, quattro, cinque, talvolta dieci, undici. Sono una specie di calamita. Attraggo i libri: mi si appiccicano addosso.

Che cosa te ne fai, dice la donna della mia vita quando torno a casa. Apro lo zaino, tiro fuori camcie magliette mutande calzini da lavare o non da lavare, la busta con lo spazzolino il dentifricio il pettine, e i libri. Tutto va sistemato rapidamente: camicie magliette mutande calzini da lavare nel cesto (colore di qua, bianco di là), non da lavare nell’armadio; busta di spazzolino dentifricio pettine in bagno, nel cestino che sta sopra la lavatrice; libri al loro posto. In studio, quelli che probabilmente leggerò o mi troverò a consultare spesso. In garage, quelli che probabilmente non leggerò o difficilmente mi capiterà di consultare. Ho tempo un’ora, non di più. Se lascio passare più tempo dal mio rientro in casa, poi le cose si perdono, i libri finiscono nel posto sbagliato, la biancheria sporca resta a imputridire nello zaino.

I miei viaggi sono fatti così: settimana prossima (oggi che sto scrivendo è venerdì 25 novembre) parto (da Padova, mia città) mercoledì, vado a Milano per lavorare in casa editrice; giovedì pomeriggio vado a Torino per l’inaugurazione di uno “spazio” aperto da una cooperativa sociale (e che cosa c’entri io con questa cooperativa sociale, è lunga da spiegare); venerdì vado a Forlì, dove dovrò parlare del “mio lavoro” (e cioè “la scrittura”, mi hanno detto; ma non so: a me mi pare di fare il commesso viaggiatore della letteratura) a un pubblico di filosofi (alcuni dei quali assai temibili); sabato mattina rientrerò a casa, la troverò deserta (anche la donna della mia vita è assai mobile), disferò lo zaino, rifarò lo zaino, e per le sei di sera sarò ad Amsterdam: dove, con mia somma gioia, resterò fino a martedì 6 dicembre (che cosa ci faccio ad Amsterdam? Ad Amsterdam abita uno scrittore, peraltro ligure, che prossimamente l’editore per il quale lavoro pubblicherà; e dobbiamo fare un po’ di balletti attorno al suo romanzo). La sera del 6 dicembre, salvo inconvenienti, potrò guardare negli occhi la donna della mia vita. Il 7 sarò a Reggio Emilia (nel pomeriggio) e a Firenze (la sera): ma non da solo, grazialcielo. La sera del 9, a Roma: dove starò, un po’ solo e un po’ no, fino a domenica 11. La sera dell’11 sarò sicuramente solo. Lunedì 12 sarò a Perugia. Il 12 sera a casa, a Padova: e di nuovo ci si guarderà negli occhi.

Che c’entrano i libri in tutto questo? C’entrano. A Milano mi sono ripromesso un salto al Libraccio di via Corsico (laterale di via Vigevano). A Torino c’è la Bussola di via Po, della quale vi ho già parlato. A Forlì non avrò tempo, mi auguro, di ficcare il naso in librerie. A Firenze c’è la libreria Chiari, vicino alla chiesa di Santa Croce. Tre giorni a Roma saranno un’abbuffata: in quei giorni c’è, all’Eur, al Palazzo dei congressi, la Fiera della piccola editoria. A Perugia no, non comprerò libri: solo cioccolata.

Ma che cosa te ne fai, lo so, dirà la donna della mia vita, vedendomi arrivare con lo zaino in spalla, lo zaino che alla partenza era così leggero e vuoto (porto solo l’essenziale, il massimo dei lussi è l’ombrello pieghevole, di scarpe di ricambio non si parla neanche – a meno che non nevichi), diventato cubico e pesantissimo. Non lo so, le dico. Non lo so. Dovrei saperlo?, dico. Secondo me sì, dice lei. Davvero non lo so, dico. Tutto quello che posso dire è che mi sembra, così ogni tanto, di essere un salvatore. Chi ti credi di essere?, dice la donna della mia vita ridendo. Ma no, dài, dico, prendimi sul serio, cioè, non troppo sul serio. Dimmi chi li salvava, le dico, dimmi chi li salvava, questi libri, dico tirandoli fuori uno a uno, magnificandone le qualità, dimmi chi li salvava, insisto, se non li salvavo io. Non lo so, dice lei. Bisognerebbe vedere se meritavano di essere salvati. Giusto, dico io. Giusto. Eppure, tuttavia, sai: io, li salverei tutti.

[La ripubblicazione di Trovarobe è dedicata ad Alex Fringberger, i cui libri sono così difficili da trovare che abbiamo dovuto inventarceli. gm]

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