di giuliomozzi
Bene. Dopo i cartelloni in negativo (dei quali si è parlato qui), il Partito democratico butta fuori i cartelloni in positivo (le immagini qui sotto sono dal sito del Partito democratico).
Ogni manifesto definisce una coppia di contrari: così scopriamo che Futuro è il contrario di Berlusconi, Giustizia è il contrario di Povertà, e Lavoro è il contrario di Disoccupazione. Se sull’ultima opposizione c’è poco (ma non nulla) da dire, le prime due mi lasciano perplesso.
Se opponendo Futuro a Berlusconi si vuol dire qualcosa come: “La politica del governo Berlusconi brucia, in favore delle generazioni attuali, risorse che dovrebbero essere messe da parte per le future generazioni”, mi pare che la scorciatura fatta dal manifesto sia un po’ brutale. Ho dovuto pensarci un po’ per arrivarci, e non sono neanche sicuro di averci preso. Se invece si vuol dire: “Non siamo capaci di pensare un futuro senza Berlusconi, ovvero non siamo capaci di pensare il futuro finché c’è Berlusconi in giro”, mi pare più una dichiarazione d’impotenza (intellettuale e della volontà) che una dichiarazione assertiva. A questo secondo significato, confesso, ci sono arrivato di botto: non appena ho visto il manifesto. E’ sicuramente involontario, ma non per questo meno percepibile.
Se opponendo Giustizia a Povertà si vuol dire che la povertà non è generata dalla mancanza di lavoro (che è un dato di fatto, non soggetto a giudizio morale) ma dalla cattiva remunerazione dello stesso, o comunque dalla mancanza di (o dall’ineguatezza delle) politiche di redistribuzione del reddito, o addirittura dall’inettitudine degli imprenditori, allora si generano un po’ di significati interessanti. Tipo: “Se sei povero non è perché non c’è lavoro, ma perché qualcuno è ingiusto con te” (o: “perché qualcuno è incapace”). Il che vuol dire, alla fin fine, che non c’è bisogno di politica ma di moralità. Che non bisogna inventarsi delle politiche che favoriscano lo sviluppo (sostenibile, magari, per assicurare il futuro) ma bisogna costringere i ricchi a cacciare i loro soldi. Che, per carità, si può fare: e si può fare senza fare la rivoluzione, ossia contrastando l’evasione fiscale, regolando bene la progressività delle imposte, graduando la concessione di certi privilegi (gratuità dell’assistenza medica, gratuità della scuola ecc.) secondo il reddito, e così via. Ma (anche qui, quel che conta è la rapidità) il mio primo pensiero alla vista del manifesto è stato: chi non ha chiare politiche in mente si appella alla moralità.
Un’amica, mentre contemplavamo i nuovi manifesti, osservava: “Hai notato che quegli omini e quelle donnine sono tutti bianchi mediterranei? Nessuno che abbia non dico la pelle nera o gialla, ma neanche tratti nordafricani…”. La mia amica, evidentemente, dimenticava che i cittadini di paesi non appartenenti all’Unione europea, anche se residenti da tempo in Italia, non hanno diritto di voto. E tuttavia l’osservazione non era del tutto fuori luogo.

The Village People.
Ho cercato nel sito civico della mia città, e ho trovato precise e semplici istruzioni per gli italiani residenti in altri paesi dell’Unione che vogliano votare per le elezioni europee (con un rinvio anche a una pagina del ministero dell’Interno); ma non ho trovate le istruzioni per l’inverso, cioè per cittadini dell’Unione, non italiani, che vogliano votare in Italia. Il primo link utile che Google mi ha fornito rimanda a un articolo nel sito di Magdi Allam. Il quale, essendo egiziano di nascita e cittadino italiano da un bel pezzo, dovrebbe in teoria essere il meno interessato alla cosa…
3 Maggio 2009 alle 18:39
Ci starebbe un cartello sui divorzi e le seconde nozze?
4 Maggio 2009 alle 10:00
Se sei in tangenziale, cmq se osservi da lontano quel manifesto, se non hai una vista perfetta, percepisci la parola “futuro” e la parola “berlusconi”. E tutto il gioco di “spingere fuori” e “tirar dentro” invece può sfuggirti. Per cui il risultato è: “berlusconi” + “Futuro”, “Berlusconi è il futuro”. Io cambierei agenzia, fossi il PD.