In pieno possesso delle mie facoltà,
oggi, 8 febbraio,
io dichiaro:
che se dovesse la mano del destino
spegnere in me barlume di coscienza
mai e poi mai, e lo ripeto ferma,
vorrei che tubi e aghi mi tenessero
in Vita.
Che non sarebbe
Vita
quella di un corpo
senza più pensiero.
Perché Vita non è
se orfana di emozione.
Perché non è Esistenza
non provare né gioia né dolore,
quelli del cuore ma anche della carne.
Non percepire la bellezza di un fiore
e non patire un lutto
e non godere del sapore di un cibo
e non gioire per un gesto d’amore
e non sentire la carezza del sole
e non piangere per un abbandono
e non sorridere per la gioia di un dono
e non capire il fluire del tempo
e non avere memoria del passato.
No, non sarebbe
Vita.
Rivendico il diritto inalienabile
di poter scegliere di liberare un corpo,
che è solo mio,
da una mera esistenza artificiale.
Questo io scrivo, con sicurezza estrema.
E che camici bianchi e la chiesa impietosa
e governanti dai pesanti stivali
non disattendano questo mio testamento.
Bologna, 8 febbraio 2009 alle 13,10
[Testamenti biologici in Il primo amore] [testamenti biologici nel vecchio vibrisse] [testamenti biologici in questo nuovo vibrisse]
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